Martedì 19 dicembre 2023 il ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato il prossimo invio della fregata Virginio Fasan nel Mar Rosso. L’adesione dell’Italia all’operazione a guida americana “Prosperity Guardian”, contro i continui e reiterati attacchi dei ribelli filo-iraniani Houthi dello Yemen, avrebbe lo scopo di garantire la protezione dalle minacce aeree del traffico mercantile nell’area. Ma, come sempre accade con la partecipazione italiana a missioni militari, c’è una grande incognita: le regole d’ingaggio.
Una missione difensiva
L’impegno multinazionale a guida americana ha lo scopo di garantire copertura alle navi che transitano dallo stretto di Bab-el-Mandeb (tra Yemen e Eritrea), da e per il canale di Suez. In sostanza va creato uno scudo contro gli attacchi dal cielo. I ribelli Houthi utilizzano una vasta gamma di missili e droni e, dopo l’annuncio dell’avvio dell’operazione, minacciano di colpire una nave legata ai partesi partecipanti ogni 12 ore.
Esclusa, al momento, la prospettiva di interventi diretti a danno delle milizie. L’Arabia Saudita, che contro gli Houthi ha combattuto una lunga guerra, ha raggiunto da pochi mesi un importante e delicatissimo accordo di cessate il fuoco. Un atto necessario, dopo anni di conflitto che hanno causato centinaia di migliaia di vittime civili e oltre un milione di sfollati. Riad non vuole che le tensioni tra ribelli e Occidente si esasperino. Per adesso, quindi, la coalizione si limiterà a proteggere il traffico. E così farà anche nave Fasan.
Regole d’ingaggio
In realtà la situazione è decisamente più complessa. Ogni operazione militare ha le sue regole d’ingaggio, ovvero “le direttive rivolte alle forze che definiscono le circostanze, le condizioni, il grado e il modo in cui la forza possa essere impiegata”. Allo stato attuale non è stato definito un accordo tra i membri della coalizione su quali siano i confini operativi delle navi impiegate. Dunque, almeno per ora, valgono le regolari disposizioni standard.
E cosa prevedono? La Marina Militare Italiana prevede che un’unità possa esclusivamente rispondere al fuoco ostile. Non solo. Tali azioni aggressive devono essere rivolte direttamente al naviglio militare in questione. Si capisce, dunque, che l’opzione “scudo diffuso” al traffico mercantile non è applicabile. E se un comandante, nello specifico quello di nave Fasan, decidesse di intercettare bersagli alla sua portata ma diretti verso altri obiettivi? Commetterebbe un reato colposo, in quanto ignorerebbe le regole d’ingaggio ritenendo erroneamente che il caso specifico rientri in quelli contemplati nelle direttive. Il risultato, per lui, sarebbe un processo davanti a un tribunale militare e una condanna commisurata agli effetti della sua azione.
I precedenti
Fermo restando che le regole d’ingaggio dell’operazione “Prosperity Guardian” sono ancora da definire, la soluzione italiana potrebbe essere replicare esperienze passate. In particolare quelle delle missioni “Golfo 1” (1987-88) e “Golfo 2” (1990-91). In quelle occasioni, rispettivamente la guerra tra Iran e Iraq e la Guerra del Golfo, la Marina Militare Italiana intervenne dispiegando dei gruppi navali nell’area circostante la penisola arabica. Per garantire la sicurezza della navigazione civile, le unità italiane scortavano ogni singola imbarcazione loro assegnata. In questo modo ogni minaccia rivolta ai mercantili diventava, per prossimità e profilo di missione, un pericolo anche per l’unità militare. Che era quindi autorizzata a rispondere.
Questa opzione, però, ha un grosso problema. Se il compito di nave Fasan fosse di scortare altri vascelli, questo la obbligherebbe ad allontanarsi costantemente dall’area operativa di Bab-el-Mandeb. Gli Houthi dispongono infatti di armi a lungo raggio in grado di colpire i bersagli anche in prossimità del canale di Suez. Per garantire la sicurezza dei mercantili, quindi, l’Italia sarebbe obbligata a separarsi dal grosso delle forze alleate, disperdendone gli sforzi. Diverso sarebbe se ci fossero più unità della nostra Marina. In quel caso l’idea di scortare altre navi sarebbe anche più positiva, garantendo protezione per tutto il transito in Mar Rosso. Ma al momento Roma non intende mandare altri mezzi. Nella speranza che la situazione non precipiti.