
Una crisi politica bussa alle porte della Spagna. A far traballare il governo è stato Santos Cerdán, ex numero tre del Partito socialista operaio spagnolo e braccio destro del premier Pedro Sánchez, ritenuto responsabile di criminalità organizzata, corruzione e traffico di influenze.
La carriera di Cerdán
Cerdán è definito l’«architetto» dietro al Psoe. Nato nel 1969 in provincia di Navarra, cominciò la sua ascesa politica a 30 anni dopo aver lavorato come tecnico di manutenzione nelle aziende agroalimentari spagnole. Iniziando come vicesindaco in un piccolo paese di 3 mila abitanti, arrivò al Parlamento di Navarra e successivamente diventò deputato regionale. Ed è proprio grazie alle sue capacità di negoziatore e di politico che Sánchez è diventato il premier spagnolo. Nel 2017, infatti, Cerdàn aiutò la corsa del socialista contro la candidata Susana Díaz e nel 2018 permise il trasferimento di Sánchez a La Moncloa. Per questa dedizione nel 2023 Cerdán ebbe il compito di dialogare con Carles Puigdemont, leader indipendentista catalano, per l’investitura del presidente socialista.
Il caso
Il declino di Cerdán inizia il 12 giugno con le sue dimissioni come segretario dell’organizzazione del Psoe e deputato. E continua lo scorso lunedì (30 giugno) con l’interrogatorio e la notte passata al carcere a Soto del Real. Cerdán è accusato della gestione di un giro di tangenti di circa 620 mila euro e del pagamento di 6mila euro per il 45% della società Servinabar per appalti pubblici, oltre che di irregolarità durante la vittoria di Sánchez nelle elezioni primarie del 2014. Nell’ora e mezzo di interrogatorio, Cerdán si è dichiarato innocente e ha negato qualsiasi acquisto, tangente o irregolarità. Nonostante ciò il giudice istruttorio della Corte Suprema, Leopoldo Puente, ne ha disposto la custodia cautelare in carcere senza condizionale.

Il caso Koldo
La circostanza è nota come «Caso Koldo» e coinvolge, oltre Cerdán, l’ex ministro dei Trasporti, José Luis Abalos, e il suo ex consigliere, Koldo García. Sono infatti emerse registrazioni audio tra i tre, cruciali come prova per le presunte tangenti. Ma se Cerdán è in custodia cautelare, Abalos e Koldo sono in libertà. La scelta è stata presa di fronte a tre motivazioni: possibilità di fuga, rischio di reiterare il delitto e coercizione dei testimoni. Ma soprattutto il maggior dubbio di Puente era la possibile distruzione delle prove, dato che per Cerdán non è stata ancora ordinata la perquisizione domiciliare.
Le reazioni
La notizia è arrivata al premier Sánchez durante la Quarta Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sui Finanziamenti allo Sviluppo a Siviglia. «Abbiamo agito con fermezza e ora è la giustizia che deve accertare le responsabilità che possa avere Santos Cerdán». Dal Partito Popolare invece si spinge per tornare alle urne: «Il sanchismo va in prigione, è ora di dare la parola agli spagnoli, di sciogliere il Parlamento e di indire le elezioni». Mentre la presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso ha commentato: «La corruzione mantiene Sánchez al potere». Il governo Sánchez, quindi, è sottoposto ora a un periodo di difficoltà, a cui si aggiungono sia le inchieste sulla moglie del premier e il fratello sia la pressione del Partito Popolare e dell’estrema destra di Vox. E il quadro genera interrogativi anche nella stessa coalizione di governo, che riflette sui prossimi passi.

L’intervento dello scrittore Cercas
Non solo l’opposizione chiede un cambiamento. Sul quotidiano spagnolo, El Pais, lo scrittore Xavier Cercas ha rivolto un duro attacco al premier: «Il presidente Sánchez dovrebbe dimettersi? Senza giri di parole: sì…» e «afferma che non si dimette perché consegnare il governo alla destra e all’estrema destra sarebbe “una tremenda irresponsabilità”. La frase comporta il riconoscimento che sta governando senza l’appoggio della maggioranza sociale. Preferiamo che governino i nostri, anche se sono in minoranza?». Terminando: «Cosa è più importante: la sinistra o la democrazia?».