Da novembre centinaia di studentesse sono state avvelenate in Iran nelle scuole di diverse città del Paese. L’ultimo episodio riguarda 35 ragazze della scuola superiore Khayyam di Pardis, una città vicina a Teheran. Le vittime sono state portate in ospedale dopo aver inalato gas tossico nell’istituto. Secondo l’organizzazione Centre for Human Rights in Iran, una studentessa è morta a causa degli attacchi. Suo padre, che lavora per alcuni ufficiali statali, si è rifiutato di confermare il collegamento alla vicenda.
I numeri
I casi sono aumentati in maniera sistematica dallo scorso novembre, circa due mesi dopo l’inizio delle proteste per Mahsa Amini. La ragazza curda fu uccisa dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo. I numeri sono altissimi: circa 400 ragazze sono rimaste intossicate a Qom, città a sud di Teheran, mentre altre 135 sono state portate in ospedale dopo aver inalato gas tossico in altre tre diverse scuole. Le studentesse hanno sofferto di problemi respiratori, nausea, vertigini e debolezza. Un problema, dunque, che supera i confini della capitale colpendo tutto il Paese.
I possibili responsabili
Il viceministro della Salute Youness Panahi ha implicitamente confermato che «l’avvelenamento è stato intenzionale», ha scritto l’Agenzia di Stampa Irna. Secondo il docente di Qom Mohammadtaghi Fazel-Meibodi, il responsabile potrebbe essere un gruppo religioso estremista chiamato Hazarehgera. Sui social media, invece, gli utenti puntano il dito contro il governo. Ali Khamenei si starebbe vendicando delle proteste avvenute dopo la morte di Mahsa Amini, divenuta simbolo della violenza contro le donne.
Le reazioni del governo
Un ufficiale del governo iraniano ritiene che gli attacchi siano un «deliberato tentativo» di forzare la chiusura delle scuole alle ragazze. Anche il Viceministro della Salute iraniano Younes Panahi crede che il movente sia il boicottaggio dell’educazione femminile. I genitori delle studentesse si sono riuniti davanti al Palazzo del Governatorato di Qom «per chiedere spiegazioni». Il portavoce del governo Ali Bahadori Jahromi ha dichiarato che sono iniziate delle indagini per stabilire quali siano le cause degli avvelenamenti. Altre autorità dello Stato, come il parlamentare Ahmad Amiri Farahani, hanno condannato gli episodi sostenendo l’educazione delle ragazze.
Istruzione in Iran: il paradosso di tradizione e modernità
Dopo la Rivoluzione del 1979, l’Iran divenne una repubblica islamica. A partire da quel momento, nel sistema dell’istruzione furono introdotte una serie di riforme con lo scopo di ridurre il gap di genere, e incoraggiare le donne all’approccio allo studio. «Noi non siamo i guardiani delle donne e non diamo o togliamo loro qualcosa con la forza – disse a tal proposito, nel 1997, l’allora Presidente Seyyed Mohammad Khatami – Noi stiamo solo preparando il terreno affinché si riconoscano i loro diritti e siano loro stesse consapevoli dei loro meriti».
Nonostante queste aperture, Golnar Mehran, scrittore e Professore di Educazione all’Università di Alzahra, parla di «paradosso della tradizione e della modernità». Secondo il docente, la contraddizione riguarda sostanzialmente l’operato del governo di Teheran, che da un lato porta avanti politiche volte ad incoraggiare l’emancipazione femminile, ma dall’altro impone alle donne precise regole da rispettare. Tra queste la cosiddetta «islamizzazione» dei programmi e l’imposizione del velo.
La crescente «internazionalizzazione» del modello d’istruzione iraniano ha fatto sì che sempre più donne scegliessero di intraprendere un percorso di studi. Un sondaggio del Center for Strategic Research and Related Departments ha analizzato la percentuale di donne iscritte al sistema universitario della capitale tra il 1996 e il 2006. Lo studio è stato condotto su un campione di 614 persone, e ha confermato come il numero delle studentesse abbia gradualmente superato quello degli uomini, arrivando al 63.47% nel 2006. Tra le cause di questo incremento le maggiori opportunità lavorative, l’importanza della laurea per acquisire uno status sociale più elevato, e il desiderio di indipendenza economica.
I sistemi che boicottano l’educazione femminile
Nel corso degli anni passati erano già avvenuti episodi di avvelenamento nelle scuole, non in Iran, ma nella vicina Afghanistan. Stessa religione e stesso regime restrittivo, in particolare contro le donne. A dicembre il governo afghano aveva annunciato il divieto alle donne di frequentare le università. Già mesi prima aveva impedito loro l’accesso alle scuole secondarie o di iscriversi ad alcune facoltà. Il Ministro dell’Istruzione afghano Nida Mohammad Nadim ha da sempre espresso la sua opposizione all’istruzione femminile, poiché non conforme ai valori religiosi islamici.