
Federica Zille è la quinta ospite di Tomalet, la newsletter di MasterX. Classe 1990, Federica è stata allieva del Master in Giornalismo IULM nel biennio 2014-2016. Durante lo stage a Sport Mediaset, il suo responsabile la indirizza a MilanTv, dove supera con successo il provino e diventa conduttrice e inviata. Dopo due anni nel canale rossonero, Federica viene chiamata nella neonata DAZN come bordocampista. Nonostante i traguardi già raggiunti, la giornalista continua a sognare: «nel futuro mi piacerebbe diventare direttrice di una testata».
Quando hai capito che volevi fare la giornalista?
Dopo la maturità, mio padre spingeva perché facessi ingegneria civile: lui era geometra e pensava fosse un lavoro più sicuro. Io l’ho assecondato e mi sono iscritta, ma ho capito subito che non era per niente quello che mi piaceva. Passavo gli esami, ma mi sentivo spenta, triste. Così mia madre ha preso in mano la situazione e mi ha detto: «Ti piace scrivere, ti piacciono le lingue straniere, ti piace lo sport… Vai a fare comunicazione». Da Pordenone mi sono trasferita a Milano e mi sono iscritta alla Cattolica.
E, alla fine, cos’hai studiato?
Ho conseguito la laurea triennale in Linguaggi dei Media. Ricordo ancora il primo giorno, quando il prof. di sociologia disse davanti a un’aula piena: «Chi vuole fare il giornalista alzi la mano». L’abbiamo alzata quasi tutti. «Cercherò di farvi cambiare idea, perché non ce la farete». Non è stato incoraggiante, ma in realtà mi ha spinta a non mollare. Durante la triennale ho fatto uno stage al sito di Tgcom24: lì ho capito che potevo davvero fare questo lavoro.
Qual è la cosa più utile che hai imparato al Master?
Più di tutto, l’importanza del contatto diretto con le aziende. Il Master ti dà la possibilità di entrare subito nel mondo del lavoro. Per me è stato fondamentale: a Sport Mediaset mi hanno fatto seguire la Serie B e ho capito davvero come funziona questo mestiere. È stata un’esperienza che mi ha dato sicurezza. Un valore aggiunto del Master è anche il suo carattere multimediale: non si limita alla carta stampata, ma copre tutte le forme di comunicazione. Ciò mi ha permesso di imparare a usare strumenti tecnici fondamentali, come Premiere, che ancora utilizzo nel mio lavoro. Il Master mi ha insegnato a usare una reflex, una telecamera e, soprattutto, a essere autonoma.
Qual è stato il corso più formativo?
Quello sulla presenza in video, durante il quale abbiamo anche fatto prove di “stand-up”. Non avrei mai pensato che mi sarebbe tornato utile e invece mi ha aiutata prima nei provini per Milan TV e poi come bordocampista.
Come si è sviluppato il tuo percorso lavorativo dopo il Master?
Ho iniziato a lavorare già durante il master, grazie allo stage a Sport Mediaset. Il mio responsabile mi disse che non poteva assumermi, ma mi segnalò un’opportunità a Milan TV, dove stavano rifacendo tutta la redazione. All’inizio ero titubante: io volevo scrivere, non fare televisione. Invece mi sono trovata catapultata in uno studio, con il microfono addosso, a fare una prova di diretta post-partita. Nonostante la paura, ce l’ho fatta e mi hanno presa mentre stavo ancora completando gli esami. Ho capito che potevo farcela anche lì, davanti alla telecamera, grazie a tutto quello che avevo imparato al Master. È stato come essere buttata in acqua da bambina: o impari a nuotare o affoghi. Io ho nuotato.
Qual è stato, se c’è stato, il momento più difficile della tua carriera? E quale il punto di svolta?
Il momento più difficile è stato sicuramente l’inizio, quando mi sentivo fuori posto, sopraffatta e credevo di non farcela. La svolta, invece, è arrivata proprio grazie a quelle prime esperienze in redazione: quando ho capito che potevo stare al passo, anche se ero ancora inesperta. Un altro punto di svolta è stato il passaggio a DAZN, nel 2018. Dopo due anni al Milan, sentivo il bisogno di uscire da quella “bolla” e mettermi alla prova con tutto il calcio, non solo con una squadra.
Ti ricordi la tua prima volta da bordocampista? Che emozioni hai provato e com’è andata?
Era Sassuolo–Inter a Reggio Emilia. DAZN era appena arrivata in Italia e, nel giro di tre settimane, aveva dovuto strutturarsi. Io sono stata assunta il 16 agosto e due settimane dopo ero già in campo. Nessuno mi aveva insegnato come si fa la bordocampista, ho dovuto improvvisare. Per fortuna avevo visto migliaia di partite nella mia vita, quindi sapevo come si muovevano i professionisti. E li ho imitati. La prima volta più romantica, invece, è stata la prima partita scudetto che ho seguito. Era Sassuolo–Milan del 2022, sullo stesso campo del mio primo match da bordocampista. Un cerchio che si chiude.
Quanto è importante la presenza sui social media per un giornalista sportivo?
È fondamentale. Oggi non basta più lavorare per un’azienda e firmarsi con il nome di quella testata. Devi farti riconoscere come professionista, con il tuo nome e il tuo volto. I social sono una vetrina potentissima, soprattutto se sei freelance o se collabori con più realtà. Gestisco la mia presenza online cercando di essere coerente e di produrre contenuti che parlino del mio lavoro e del mio stile. Non è solo una questione di vanità: è parte del mestiere.
Quali consigli daresti a chi aspira a intraprendere una carriera nel giornalismo sportivo?
Per me sono tre cose fondamentali. In primis, è importante scegliere con attenzione il proprio percorso di studi, cercando realtà che abbiano contatti concreti con il mondo del lavoro: aziende, redazioni, progetti sul campo. Le opportunità vere nascono spesso da lì. A questo si collega il conoscere bene le lingue straniere, perché fa una differenza enorme. Nel calcio l’inglese è ormai una base necessaria, ma anche lo spagnolo può aprire tante porte. Parlare più lingue significa poter raccontare di più, meglio, e arrivare dove altri si fermano. Allo stesso tempo, non si possono trascurare i social, che vanno curati con intelligenza e coerenza. E soprattutto, conta iniziare presto. Fare esperienza, provare, sbagliare, ricominciare. Che sia uno stage, una collaborazione o un progetto personale, ogni occasione pratica aiuta a capire come funziona davvero questo lavoro. Ed è lì che si impara più di tutto.
Hai un sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe molto crescere professionalmente e diventare direttrice di una testata. Il lavoro di bordocampista è bellissimo, ma è un mestiere giovane: non penso lo farò per tutta la vita. Mi vedo più anche dall’altra parte, a coordinare una redazione, a dare spazio ai giovani e — cosa per me molto importante — trasmettere quello che ho imparato. Vorrei un ruolo che vada oltre la telecamera, più organizzativo o editoriale. Mi piacerebbe crescere, diventare un punto di riferimento, e anche insegnare il mestiere. Spesso ho trovato giornalisti molto gelosi del proprio sapere. Io, invece, voglio essere diversa: condividere, dare spazio, non avere paura che qualcuno “mi rubi la sedia”. Credo che sia così che si costruisce un bel percorso, duraturo e umano.
Che cosa diresti alla Federica allieva del Master?
Di viverla con più leggerezza. Io avevo il terrore di sprecare tempo e soldi dei miei genitori, mi sentivo sotto pressione. Ma guardando indietro, mi dico che avrei dovuto divertirmi di più, vivere con meno ansia anche i momenti formativi. Perché alla fine ce l’ho fatta, e magari avrei potuto farlo godendomi di più il viaggio.