Viola Francini: «Alle elementari volevo diventare caporedattrice di Vanity Fair»

Viola Francini è la quarta ospite di Tomalet, la newsletter di MasterX. Toscana d’origine e milanese d’adozione, Viola è stata allieva del Master in Giornalismo IULM nel biennio 2020-2022.  Dopo aver svolto il primo stage nella redazione di Tgcom24, la sua caparbietà la porta a iniziare a lavorare part-time per Vanity Fair durante il secondo anno del master, dove poi rimarrà per il secondo stage, e non solo. Oggi Viola è infatti associate social media manager per il periodico targato Condé Nast e «per i prossimi dieci anni non ho intenzione di lasciarlo».

Raccontaci un progetto significativo realizzato nel periodo del master.

«Durante il master mi sono interessata spesso a temi sociali e per l’esame finale del corso di ripresa e montaggio di Davide Preti ci era stato richiesto di realizzare un reportage, così mi sono ricordata dei City Angels. Io e altre due mie colleghe abbiamo deciso di raccontare una notte a Milano dal punto di vista di un senza tetto. E per farlo siamo state tutta la notte a Rogoredo, nella periferia sud di Milano insieme ai volontari dell’associazione».

E cosa hai imparato da questa esperienza?

«È stato bellissimo il lavoro sul campo. Mi ha sempre affascinata l’idea di poter essere gli occhi di qualcun altro, lo strumento per raccontare delle storie così dirette, toccanti e profonde. È lì che ho pensato “questo è il lavoro che voglio fare”».

Qual è la cosa più utile che hai imparato al master?

«Mi viene da dire la sfacciataggine, ma non voglio dare al termine un sentore negativo. Parlo proprio dell’intraprendenza. Io mi vergognavo anche a chiamare il ristorante per ordinare la pizza, poi a un certo punto mi sono ritrovata a dover avere una conversazione professionale, prendere appuntamenti e fare domande a sconosciuti».

Hai imparato a essere intraprendente.

«Ho capito che mi sarebbe servita la forza, la motivazione per affrontare le persone, adattare il linguaggio e scegliere il registro più consono. È sicuramente l’insegnamento più grande che mi porto dietro e per questo lavoro è fondamentale».

Cosa diresti alla Viola del passato?

«Le direi una cosa che forse dico anche alla me del presente: di avere meno smania per il futuro. Sono sempre stata molto determinata, molto ambiziosa e ho sempre guardato avanti piuttosto che vivere il momento. E anche il Master l’ho vissuto come una corsa contro il tempo per trovare il mio posto nel mondo del lavoro, per capire cosa volessi fare, chi volevo essere e dove volevo esserlo. Quindi, ecco, se potessi parlare con lei le direi, “prendila con calma, goditi questo momento”».

Qual è stato il momento più difficile della tua carriera?

«Forse proprio questo. Oggi mi trovo a dover trovare un equilibrio tra il senso di responsabilità, la necessità di fare questo lavoro e la mia vita privata. Questo è un mondo che tende a risucchiarti e adesso devo capire qual è l’equilibrio giusto per essere me anche al di fuori di questo lavoro che rimane comunque parte fondamentale della mia vita».

Sogni nel cassetto?

«Da piccolina mi piaceva creare dei giornali con i ritagli delle riviste e quando alle elementari mi chiesero cosa volessi fare da grande, risposi che volevo diventare caporedattrice di Vanity Fair. Mio papà me lo ricorda sempre, è stata la prima cosa che mi ha detto quando sono stata assunta. E quindi continuo a vederlo come l’obiettivo finale».

Go hard or go home.

«Sto realizzando tantissimi sogni e quando mi trovo nei momenti di difficoltà mi ricordo che vale ancora la pena fare questo sacrificio, mi sento ancora nel posto giusto, mi concentro ancora su quell’obiettivo. Per ora tengo aperto quel cassetto, poi magari col tempo potrà cambiare».

Tra dieci anni ti vedi sempre a Vanity Fair?

«Tra dieci direi di sì. Adesso ho proprio voglia di mettermi in gioco, ma tra vent’anni non lo so. Mi piace pensare a questo lavoro come una cosa che fai quando puoi dare tutto a te stesso. Se le priorità dovessero cambiare potrei scegliere di fare un’altra vita».

Sempre a Milano?

«Ho un legame molto stretto col mio territorio, la Toscana, quindi mi piacerebbe tornare alle origini. Voglio prendere tutto il bello di questo lavoro e se questo bello dovesse svanire potrei tornare a fare qualcosa che mi faccia concentrare più su di me».

Tu a Vanity lavori nei social, dal tuo punto di vista, come sarà il futuro del giornalismo?

«È difficilissimo dare una risposta perché io mi accorgo che questo mestiere cambia tutti i giorni. Dicono sempre tutti che internet cambia continuamente, ed è vero. Questo rende questo lavoro incredibilmente stimolante perché devi essere sempre sul pezzo, ma allo stesso tempo è difficilissimo fare previsioni perché le tendenze e le piattaforme cambiano molto velocemente».

Il giornalismo dovrà trovare un nuovo spazio sulle piattaforme.

«Stiamo già vedendo che, anche se il giornalismo passa da una piattaforma all’altra, si ritrova. È un lavoro che le persone non smettono mai di cercare e che non ha ancora perso il suo fascino, quindi penso che riuscirà a adattarsi nel tempo. Il futuro del giornalismo, secondo me, sta nella credibilità».

Cosa intendi?

«Credo che piuttosto che cercare di fare la rivoluzione, l’importante sia mantenere la credibilità. È tutto sondato, tutto valutato e già sperimentato. A livello creativo, per me la grossa difficoltà è trovare l’idea nuova, originale. A volte ho l’impressione che non esista».

Cosa diresti ai ragazzi che si vogliono iscrivere al Master e che vogliono fare i giornalisti?

«Questo è un lavoro che purtroppo e per fortuna si fa solo con passione. Non è un lavoro che puoi fare scendendo a patti: o lo fai perché davvero ti piace, oppure diventa difficile conciliarlo con tutte le altre cose che vorresti fare. Devi essere sempre guidato da questa forza che hai dentro, questa passione. È un po’ un all-in».

Elena Betti

Classe 2001, Laureata in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione all'Università di Pisa

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