«Prima si cambiava lavoro per migliorare la propria condizione e per un avanzamento di carriera. Oggi si fa molta attenzione a tre cose: l’equilibrio vita-lavoro la flessibilità e la salute mentale». Monica Lasaponara è la prima e unica escape coach italiana e dal 2014 aiuta chi vuole cambiare vita a crearsi un piano B che possa corrispondere meglio alle sue esigenze e ai suoi bisogni.
Dopo quindici anni di carriera nel settore del marketing televisivo, ha lasciato l’azienda, dove aveva uno stipendio buono con tutti i benefici annessi, e si è reinventata da “persona libera”: «Non ero soddisfatta, non trovavo il senso del lavoro che facevo». L’alternativa che Monica offre ormai non ha più i tratti esotici di una fuga, ma piuttosto quelli di un cambiamento ben programmato e studiato, che può richiedere anche qualche anno, ma che al contempo sia accessibile a tutti. «Davanti alle storie di chi molla tutto e cambia vita, molti pensano che quella persona l’abbia fatto perché ha i soldi: è chiaro che aprire un bar ai Caraibi non è un’attività a costo zero. Questo blocca chi vuole fare un cambiamento, che – sostiene Lasaponara – al contrario, non va fatto in un’ottica di stacco, ma in un’ottica di percorso di transizione. Devo fare in modo di dar vita al mio piano B, mentre ho ancora il piano A. Arrivata a una possibile monetizzazione concreta del Piano B, posso mollare il mio lavoro precedente senza fare colpi di testa e non ci sono più paure».
L’impatto del covid sul mondo del lavoro
La pandemia ha rimescolato il nostro mondo interiore e le nostre priorità: tutto il tempo che abbiamo trascorso chiusi in casa ci ha fatto riflettere sul nostro futuro, sul senso della vita, sulla nostra felicità. Il fenomeno culturale stesso della Great Resignation, made in USA, è stato messo in moto dall’isolamento per il coronavirus. «Mentre in era pre-pandemica a contattarmi erano più le persone sui 35-40 anni, ora la soglia dell’età si è abbassata, arrivando ai giovani neolaureati», racconta Lasaponara. Un’indagine dell’Associazione per la Direzione del Personale (AiDP) su un campione di 600 aziende conferma questa tendenza. L’analisi evidenzia come quella di voler cambiare lavoro sia una tendenza giovanile concentrata soprattutto tra chi svolge mansioni impiegatizie (82%) e tra i residenti nelle regioni del nord Italia (79%).
Il ritorno in azienda dopo la pandemia e il lockdown che ne è conseguito ha reso più pesante un malessere già latente nelle persone. Nel 2019 infatti il burnout da lavoro viene inserito nella lista dei disturbi medici dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La sua definizione associa una condizione di stress persistente e logorante a un contesto lavorativo che non riesce a essere gestito. La stessa Lasaponara sottolinea come spesso sia proprio il corpo che dice “basta”, attraverso l’insorgere di disturbi psicologici, attacchi di panico, dolori cervicali causati dallo stress, a far scattare la molla del cambiamento.
Lombardia: in controtendenza rispetto alla Great Resignation all’italiana
Da gennaio a settembre 2022, in Lombardia, più di 1 milione di persone hanno deciso di interrompere il proprio contratto di lavoro, che per circa 317 mila di queste era a tempo indeterminato. Un aumento del 22% rispetto allo stesso periodo del 2021. In ogni caso, l’occupazione è continuata a crescere grazie ai settori trainanti delle costruzioni, dell’industria e a quello di commercio, alberghi e ristoranti. Queste tendenze hanno determinato che la mobilità all’interno del mondo del lavoro abbia riguardato soprattutto gli uomini, in genere più presenti in questi comparti economici. Come tipologie di lavoratori, nel terzo trimestre del 2022, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, aumentano i dipendenti (+61mila, pari a +1,7%), mentre calano gli indipendenti (-9mila, -1,1%). Cresce anche il numero dei contratti a tempo indeterminato (+66 mila rispetto allo stesso trimestre del 2021) rispetto a quelli a tempo determinato (+26mila). Questi dati di Unioncamere Lombardia descrivono una regione che in parte segue le tendenze presenti a livello nazionale in quanto ai lavoratori che decidono di cambiare vita, in parte è in forte controtendenza.
Le grandi dimissioni dal punto di vista dell’escape coach
Monica Lasaponara ha individuato infatti due direttive tra le persone che si rivolgono a lei: «da una parte si sta sviluppando la figura del nomade digitale, che vuole lavorare in giro per il mondo, senza un ufficio dove andare la mattina; dall’altra c’è chi intende rimanere nel luogo in cui vive e intraprendere attività autonome». I lavoratori fuggono soprattutto da grandi aziende multinazionali strutturate, ma anche da piccole aziende padronali dove c’è un controllo eccessivo e di rado si può fare smart working.
Inoltre, per l’escape coach la maggior parte delle persone che cambiano vita sono donne «sia per la maternità, in quanto se una donna vuol fare carriera e guadagnare bene deve magari lavorare fino a tarda sera, e non riesce a dedicare tempo alla famiglia; sia per un atteggiamento mentale che le rende più predisposte al cambiamento». Secondo una ricerca della piattaforma Parentsmile, nel 2020 circa 33mila lavoratrici madri in Italia hanno chiesto le dimissioni per la loro difficoltà a conciliare casa e lavoro.
Mollare tutto e cambiare vita oggi non è più quindi solo abbandonare il lavoro. È collocarsi in una situazione dove riuscire trovare nuove motivazioni e nuovo slancio. Una mobilità continua che genera nuove opportunità sul mercato, perché, a volte, il lavoro da dipendente con uno stipendio fisso e un contratto a tempo indeterminato si può trasformare in una gabbia dorata da cui non si vede l’ora di uscire.