Addio al segreto salariale, dal 2026 trasparenza sugli stipendi dei colleghi

dipendenti potranno avere informazioni sui dati retributivi medi della propria categoria all’interno dell’azienda

Svolta nel mondo degli stipendi in Italia. Dal giugno del prossimo anno dovrà essere recepita la Direttiva 2023/270, un provvedimento che, tra le altre cose, introduce alcuni obblighi per aumentare la trasparenza salariale e rafforzare il principio della parità retributiva tra uomini e donne per un lavoro di pari valore.

Tu lo sai quanto guadagna il tuo collega?

Lo strumento europeo intende garantire equità ed evitare discriminazioni. E permette a un candidato di sapere quanto potrebbe guadagnare quando legge un annuncio e va a fare un colloquio. Sono molteplici infatti i casi di colloqui in cui il potenziale lavoratore non conosce la retribuzione in palio.

Questa poca trasparenza è un problema per chi si approccia al mondo del lavoro. Secondo l’ultimo censimento di Indeed, l’Italia è agli ultimi posti in Europa per tasso di pubblicizzazione dei salari negli annunci. Nel 2024, eravamo al 19,3 per cento, contro il 69,7 per cento del Regno Unito, il 50,7 per cento della Francia e il 45,3 per cento dei Paesi Bassi. Peggio di noi fa solo la Germania con il 15,8 per cento.

Il paradosso maggiore è che più un lavoro è ben retribuito, più il compenso viene tenuto nascosto. Ad esempio, meno del dieci per cento degli annunci in settori come ingegneria industriale, sviluppo software, information design e ricerca, gestione di progetti e legge indica il salario previsto.

Un problema culturale

In Italia la direttiva ha generato malumori, dal momento che parlare dei redditi resta ancora un tabù. Da un’indagine svolta da Indeed su oltre cinquecento datori di lavoro, solo il 43 per cento dichiara di adottare una politica di trasparenza sulle retribuzioni.

Nel tempo, questa riservatezza culturale ha però alimentato grandi dislivelli nelle imprese, penalizzando chi ha meno potere negoziale. A fare le spese di questa situazione, in particolare, sono state le donne, il cui guadagno è mediamente inferiore a quello degli uomini.

Gender pay gap

Secondo gli ultimi dati diffusi da Eurostat, relativi al 2023, il gap retributivo tra uomini e donne nell’Unione europea si attesta ancora al dodici per cento. Nonostante un lieve miglioramento rispetto agli anni passati, la differenza resta significativa.

In Paesi come la Lettonia raggiunge addirittura il 19 per cento, ma valori elevati si registrano anche in Austria (diciotto per cento), Germania (diciassette per cento) e Repubblica Ceca (diciotto per cento), mentre l’Italia si ferma al 2,2 per cento di divario, uno dei dati più bassi del blocco.

Aria di cambiamento

Per questo motivo, la direttiva europea potrebbe rappresentare una svolta importante. Di fatto, oltre a dover informare il candidato sulla retribuzione prima dell’assunzione, il datore di lavoro non potrà chiedere il salario percepito in passato, né potrà inserire clausole contrattuali che limitano la facoltà del lavoratore di rendere note informazioni sulla propria retribuzione. Inoltre, se un lavoratore vorrà parlare del suo pacchetto retributivo potrà farlo liberamente.

Non solo: l’azienda potrà continuare a pagare in maniera diversa i lavoratori ma dovrà mettere in chiaro i criteri in base ai quali esistono differenze. Infine, i dipendenti potranno avere informazioni sui dati retributivi medi della propria categoria all’interno dell’azienda e scoprire così se il loro compenso è in linea con quello della maggioranza dei colleghi.

 

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

No Comments Yet

Leave a Reply