Nel gennaio del 1963 il presidente francese, Charles De Gaulle, definì il Regno Unito il cavallo di Troia degli americani in Europa. De Gaulle temeva che l’adesione inglese alla Comunità europea avrebbe frenato le ambizioni del progetto di unificazione progressiva dei Paesi proprio a causa della relazione di dipendenza tra Gran Bretagna e Stati Uniti. La questione fu archiviata dai successivi presidenti francesi e il Regno Unito aderì alla Comunità europea con l’approvazione dei cittadini al referendum del 1975.
Il Trattato di Maastricht
Le polemiche si riaccesero dopo che a Maastricht i politici britannici decisero di ratificare il trattato che istituiva l’Unione europea senza porre un quesito referendario ai cittadini. Si innescò così il dubbio di legittimità che ha alimentato fin da allora quello scetticismo di cui la Brexit può essere considerata l’inevitabile epilogo.
A corroborare apparentemente la tesi di De Gaulle, la richiesta che la Gran Bretagna avanzò durante le trattative del 1992 di introdurre l’opting-out, ossia un sistema che permise al Regno Unito di non adottare l’euro e che dà la possibilità ai 27 di rinunciare a partecipare alle strutture comuni in un determinato campo. Da lì nacque l’idea di un’Europa a più velocità in cui alcuni Paesi spingono per l’integrazione, mentre altri continuano a frenare.
Perché la Gran Bretagna ha preferito rimanere fuori dall’eurozona?
Alcune spiegazioni sul perché gli inglesi abbiano deciso di rimanere fuori dall’eurozona sono arrivate negli anni successivi anche dall’allora presidente del Regno Unito John Major. Fu proprio lui a negoziare un’opt-out dalla moneta unica principalmente per il timore che la Germania unita avrebbe accresciuto troppo il proprio potere creando un disequilibrio e schiacciando i Paesi aderenti.
La seconda ragione era la convinzione diffusa che avere un’unificazione della politica monetaria senza quella della politica fiscale avrebbe portato a una situazione fuori controllo, con deficit sempre più alti. Per questo avevano proposto che nessuno Stato avesse un deficit fiscale superiore al 3% del PIL, ma il limite non è stato rispettato.
Il dibattito intorno all’Euro
L’opinione che ha avuto la meglio nel dibattito pubblico in Gran Bretagna anche negli anni a seguire, è che la moneta unica europea, come un’unione sempre più stretta tra i Paesi, non è intrinsecamente sbagliata, ma per funzionare richiederebbe un grado di coesione e integrazione sociale e politica molto più stretto di quello che l’Europa può raggiungere.
La Brexit e le nuove sfide per l’Europa
Da quando la Gran Bretagna è uscita definitivamente dall’UE, sono nate nuove sfide diplomatiche tra i Paesi del vecchio continente sia per quanto riguarda le migrazioni che per il flusso delle merci. Basti pensare alle tensioni con la Francia nel canale della Manica, sia per gli attraversamenti clandestini che per le regole sulla pesca, ma anche alla nuova sfida per il Made in Italy. Le esportazioni verso il Regno Unito sono crollate del 5% e la Coldiretti ultimamente è tornata a definire il Paese come il cavallo di Troia in Europa per l’arrivo sulle tavole britanniche di prodotti contraffatti in patria.
Se davvero la Gran Bretagna fosse entrata nella UE per minarla dall’interno, allora dovremmo vedere la Brexit come una resa o il passaggio a un piano B. La verità è che l’uscita dall’Unione ha sfidato molto di più la stabilità britannica di quanto non abbia fatto con gli altri Paesi europei. Per fare un esempio, secondo il Sole24ore sono già 500 i miliardi trasferiti da Londra al Lussemburgo, che è diventato la meta privilegiata per i capitali privi di passaporto finanziario.