Referendum dell’8 e 9 giugno. Ecco per cosa si vota

Tra un mese i cittadini sono chiamati a votare. L’8 e il 9 giugno si sceglierà per cinque referendum abrogativi, significa che la popolazione potrà chiedere di eliminare totalmente o parzialmente una norma vigente. Cinque quesiti, quindi, quattro riguardano il lavoro e uno inerente alla cittadinanza. Verranno votati singolarmente su schede diverse. Al fine che la votazione sia valida è necessario che si presentino alle urne almeno la metà degli aventi diritto. I seggi saranno aperti dalle ore 7 alle ore 23 di domenica 8 e dalle ore 7 alle ore 15 di lunedì 9. Si è data la possibilità anche ai fuorisede di votare, a chi non abita nel proprio comune di residenza, la domanda andava compilata entro lunedì 5 maggio.

Chi ha proposto i quesiti?

Gli attori sono alcuni partiti politici dell’opposizione e le sigle sindacali. Il quesito sulla cittadinanza è stato proposto da Riccardo Magi, deputato di +Europa, all’inizio di settembre. A lui si sono aggiunti alcuni sindacati e altre associazioni. Con un’importante mobilitazione online in poco tempo sono state raccolte circa 637mila firme.

I quattro quesiti sul lavoro tendono ad abrogare il Jobs Act, legge promossa dal governo di Matteo Renzi nel 2015. Ma riguardano anche i licenziamenti illegittimi, il limite dell’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese, i contratti a termine e le responsabilità dell’imprenditore committente in caso di infortuni. Sono stati proposti dalla sigla CGIL e sostenuti da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra.

La cittadinanza

La modifica riguarderebbe 2,3 milioni di italiani. Tende a cambiare l’articolo 9 della legge 91 del 1992, dove si è deciso di aumentare il soggiorno in Italia per potere presentare la domanda di cittadinanza. Con il referendum si passerebbe da 10 a 5 anni per richiedere la cittadinanza e, inoltre, questa potrebbe essere passata anche ai figli minori.

Non cambierebbero le altre prerogative. Conoscere l’italiano, non avere commesso reati e avere un reddito stabile sono comunque prerequisiti necessari per ottenere la cittadinanza. Inoltre, va evidenziato che gli anni non sono realmente dieci, visto che ci sono di mezzo anche questioni burocratiche.

Licenziamenti illegittimi

Si ha l’obiettivo di abrogare la disciplina del contratto a tutele crescenti istituito dal Jobs Act. Per il quale i lavoratori assunti dopo il 2015 e licenziato in modo illegittimo non può essere reintegrato nel posto di lavoro. Ovviamente solo se un giudice stabilisce che il licenziamento è avvenuto senza una motivazione valida.

Se venisse approvato si tornerebbe alla legge Fornero del 2012, proposta proprio dall’allora ministro del Lavoro Elsa Fornero. Sarebbe possibile il reintegro del lavoratore licenziato, oltre che alla totale retribuzione dei danni.

Indennità per i licenziamenti

Si vuole tutelare i lavoratori che esercitano in aziende con meno di 16 dipendenti. Si richiede, quindi, di eliminare il limite all’indennità per coloro che vengono licenziati nelle piccole aziende senza una valida giustificazione. Il referendum permetterebbe a questi lavoratori di avere un’indennità superiore ai sei mesi.

Ora il massimo che il lavoratore può ottenere è un risarcimento sullo stipendio di solo metà anno. L’indennità verrà stabilità da un giudice che dovrà considerare la situazione individuale di ogni singolo lavoratore licenziato.

Contratti a termine

Si vuole eliminare alcune norme sui contratti a tempo determinato introdotte dal Jobs Act. Oggi i contratti a termine possono durare anche fino a un anno, 12 mesi, senza che il datore di lavoro ne spieghi le motivazioni. Non solo si vuole che il datore indichi una causale in cui spieghi perché si ricorre a questo contratto, ma si richiede anche di ridurre questo tipo di contratti.

Oggi le scelte delle aziende sono insindacabili, anche se mandate a giudizio.

Responsabilità dell’imprenditore sugli infortuni

È l’ultimo quesito. Si attribuirebbe al datore una maggiore responsabilità in caso di infortuni o malattie. La responsabilità non coinvolgerebbe più anche l’appaltatore o il subappaltatore ma direttamente l’imprenditore, che si dovrebbe fare carico di risarcimenti.

Francesca Neri

Laurea triennale in Storia Contemporanea all'Università di Bologna. Laurea Magistrale in Scienze Storiche e Orientalistiche all'Università di Bologna, con Master di I Livello in African Studies all'Università Dalarna.

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