Martino Libero ha appena 50 giorni. È nato negli Stati Uniti, ma ora risiede in un appartamento arredato in stile bohémienne nel nord-est di Milano. La sua casa è ordinata e accogliente. Una pila di libri posti al centro del salottino invita gli ospiti a sedersi sul divano, davanti al caminetto. E a perdersi in racconti di storie dimenticate.
Come tutti i bimbi della sua età, Martino Libero necessita continuamente di affetto e attenzioni. Ogni genitore alle prime armi impara col tempo a comprendere i bisogni del proprio figlio: quando deve essere cambiato, sfamato, abbracciato. Il bambino però non viene riconosciuto dalla legge italiana come tutti gli altri neonati. Il motivo? Ha due padri.
I due Davide
Davide Fassi e Davide Chiappa – «abbiamo lo stesso nome, sarà un problema per Martino quando ci dovrà chiamare», ironizzano – sono i due genitori del bimbo. Insieme da 14 anni, sono sposati da quattro, «o meglio: uniti civilmente», grazie al DDL Cirinnà. Ma già nel 2009 sognavano di costruirsi una famiglia nel nostro Paese. Qui c’è un tessuto sociale di enorme supporto. Ma in Italia una coppia omogenitoriale non può avere un figlio ed è costretta a ricorrere a soluzioni alternative. Come la Gestazione per altri (Gpa), pratica adottata dagli stessi Fassi e Chiappa.
Stop alle registrazioni dei figli
Il destino, a volte, gioca brutti scherzi. E sembra frapporsi tra il nostro presente e il nostro futuro. Davide F. e Davide C. non sono riusciti a registrare loro figlio all’anagrafe del Comune di Milano. Questione di tempismo. O forse di «politica, ideologia, pregiudizio». Secondo la legge del nostro Paese, Martino Libero non è un cittadino italiano. «Ad oggi è a tutti gli effetti un immigrato perché ha il passaporto americano», ricordano i due. Lo Stato non riconosce Chiappa e Fassi come genitori di Martino. E tecnicamente il bimbo «non ha nessuno dei diritti civili attribuiti a un cittadino italiano». Davide F. e Davide C. non hanno riscontrato problemi nell’ottenere il codice fiscale o nell’iscrivere Martino Libero alla scuola dell’infanzia. Ma ciò potrebbe avere anche dei risvolti tragici, soprattutto se dovesse capitare qualcosa al bambino o a uno dei due padri.
Milano città accogliente
Gli svantaggi del mancato riconoscimento giuridico sono in qualche modo controbilanciati dalla solidarietà dei milanesi. La Milano di Giuseppe Sala rimane «una città accogliente». Sono sempre più sporadici gli episodi di discriminazione nei confronti di coppie omogenitoriali. «Non abbiamo mai ricevuto occhiatacce quando passeggiamo per strada. Forse un po’ di curiosità, ma questo non ci infastidisce», confessano Davide F. e Davide C. Ancora una volta, la società civile dimostra di essere un passo avanti alla politica.
Il limbo giuridico
Secondo Davide C., non tutte le colpe sono da attribuirsi alla maggioranza di governo: «La destra non ha governato in tutti gli ultimi 50 anni. È stata tutta la politica italiana a non varare una legge che regoli questa fattispecie». Entrambi sanno bene che difficilmente accadrà in questa legislatura. Soprattutto per l’ostruzionismo di Eugenia Maria Roccella, ministra per le pari opportunità e la famiglia del governo Meloni. La speranza è che si riapra «un dibattito serio sui diritti dei bambini» e che si trovi una scappatoia da questo «limbo giuridico». Ad oggi a intervenire sul tema è solo la magistratura: «Tutte le decisioni, compresa le circolari del ministro degli Interni inviate ai prefetti, vengono prese partendo da una sentenza del Tribunale».
Ancora tanta ignoranza sul tema
Davide F. e Davide C. hanno partecipato insieme a Martino Libero all’evento di Piazza della Scala di Sabato 18 marzo organizzato dalle associazioni a difesa delle coppie omogenitoriali. Parlando con i manifestanti hanno concordato su un punto cruciale: c’è troppa ignoranza sul tema. Soprattutto quando se ne parla in televisione. Molti li ritengono egoisti e si domandano perché non adottino. Ma secondo la legge italiana, le coppie dello stesso sesso non possono farlo. «L’egoismo – spiega Davide C. – muove anche le coppie eterosessuali. L’essere genitori è comunque un atto altruistico per il 50% ed egoistico per la restante parte. Non siamo diversi neanche in questo».