Vladimir Putin cambia la dottrina nucleare in risposta al presidente uscente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha concesso l’utilizzo dei missili a lunga gittata in territorio Russo. Infatti, Kiev non ha aspettato a usufruire delle armi americane. Sei Atacms sono stati lanciati nel sudest della Russia questa notte. Ma il Cremlino alza il tiro e ufficializza, con la firma di un decreto, la nuova dottrina atomica, tornando a minacciare l’Europa.
La minaccia russa
Il fatto che la Russia sollevi i discorsi intorno al nucleare non è una novità. È dall’inizio della guerra con l’Ucraina, nel 2022, che Putin avverte di potere utilizzare l’atomica. Il Cremlino vede nell’utilizzo delle armi americane un affronto imperdonabile e, a seguito dell’attacco di questa notte, Mosca dice che risponderà con il nucleare anche ad attacchi convenzionali. Cosa cambia quindi? Da adesso qualsiasi attacco considerato contro la sicurezza nazionale della Russia potrà essere punito con le armi nucleari, anche se il paese che ha attaccato non lo possiede perché basta che sia alleato con qualche potenza munita. In sostanza si abbassano i parametri per l’utilizzo.
Evidentemente le conseguenze dell’attacco di Kiev sono state sentite. Sembra che i razzi americani sparati non fossero indirizzati sulla regione di Kursk, come si era concordato. Questo aspetto ha fatto alzare drasticamente i toni ed è il motivo che ha scatenato gli ultimi risvolti. È intervenuto anche Sergej Lavrov, il ministro degli Esteri russo, dicendo che «Il ricorso agli Atacms è il segnale chiaro che il fronte Nato vuole l’escalation», come riportato dal Corriere della Sera.
In realtà non c’è un resoconto chiaro dei danni riportati dai russi dopo l’attacco di Zelensky. Il problema è che ci sono anche 11mila soldati nordcoreani sul territorio russo, mandati spontaneamente da Kim Jong-Un. Non è sottovalutabile questo aspetto perché il leader Putin potrebbe aver colto la palla al balzo, cambiando la dottrina nucleare e spaventando nuovamente l’occidente.
Le posizioni degli alleati
Eppure, l’ultima mossa di Biden non trova l’appoggio degli alleati europei. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, reduce dal G20 di Rio De Janeiro, spiega: «Capiamo i motivi della scelta dell’amministrazione Biden, che però non è quella italiana», come ha riportato il Corriere della Sera. E ribadisce il sostegno a Kiev per tutta la durata della guerra, garantendo il rinnovo nel 2025 del decreto-legge che prescrive l’invio di aiuti militari. Le posizioni che arrivano da Berlino non si discostano da quelle di Roma. Il ministro della difesa Pistorius considera inalterata la decisione della Germania di non inviare i missili a lunga gittata Taurus all’Ucraina.
Diversa l’aria che tira a Londra, dove invece il governo sembra pronto a emulare la mossa di Biden. L’ultimo aggiornamento riguarda la chiusura delle ambasciate americana e italiana a Kiev a causa di rischio di attacco aereo.
Cresce il rischio nucleare
Il pericolo atomico si fa sempre più tangibile. Stando agli ultimi documenti ufficiali delle tre potenze nucleari occidentali (USA, Inghilterra e Francia), intorno al globo risultano operative oltre 4.000 testate nucleari. Gli Stati Uniti, in primis, contano 3.708 testate all’attivo, di cui quasi duemila pronte al lancio. La Francia, di atomiche ne ha 290, delle quali 280 già dispiegate. Il Regno Unito dispone di 225 ordigni, 120 pronti all’uso.
I dati emergono dall’ultimo rapporto del Sipri (Stockholm international peace research institute) la cui pubblicazione risale al 24 settembre 2024. Oltre ai Paesi sopracitati, nella lista del centro studi di Stoccolma figurano anche Russia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele. Per un ammontare complessivo di testate nucleari uguale a 9.585, di cui 3.904 “operative”. Il dato che più preoccupa riguarda l’aumento del numero di armamenti “pronti” all’uso, cresciuto di 100 unità rispetto al 2023.