Professore di sociologia della criminalità organizzata, Nando Dalla Chiesa presiede il Comitato Antimafia di Milano ed è presidente onorario di Libera, l’associazione contro le mafie fondata da don Luigi Ciotti. Da sempre impegnato anche in politica, è stato parlamentare della Repubblica e ha avuto l’incarico di sottosegretario di Stato al ministero dell’Università e della Ricerca durante il governo Prodi. Tra gli incarichi più importanti, la sua partecipazione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata e ad alcune iniziative, che hanno cambiato per sempre la lotta alla mafia, come quelle relative al 41-bis. Dalla Chiesa, figlio del generale dell’Arma dei Carabinieri Carlo Alberto, assassinato da Cosa nostra, ha scritto numerosi libri nei quali, oltre a ricostruire la vicenda del padre, ha raccontato la mafia in tutte le sue sfaccettature.
Com’è Cosa nostra oggi?
Cosa nostra era una delle più grandi organizzazioni al mondo. Adesso è ancora temibile, ma è stata superata dalla ‘Ndrangheta per capacità espansiva e forza economica. Ha subito un declino importante per effetto delle tante batoste da parte dello Stato. Questo vuol dire che le teste dell’organizzazione sono state colpite.
Cosa cambia con l’arresto di Matteo Messina Denaro?
Nulla, se non dal punto di vista psicologico e simbolico. Lui non era il capo di Cosa nostra, ma solo della mafia trapanese. Da questa esperienza impariamo che se lo Stato fa lo Stato nessuno si salva. Le istituzioni ormai hanno acquisito le capacità che prima non avevano.
Quali sono i clan più presenti al nord e su cosa si rivolgono principalmente i loro affari?
In Lombardia, il mercato della droga è molto ampio. Non c’è un’organizzazione capace di soddisfare tutta la domanda di Milano. La ‘Ndrangheta è su un livello più alto nella gestione dei traffici di droga, ma non dobbiamo pensare che le altre organizzazioni, comprese quelle straniere, lavorino solo a livelli più piccoli, di strada. I clan operano in diversi territori, non si fanno concorrenza tra loro. A Buccinasco, per esempio, dominano le famiglie calabresi di Platì, nella provincia di Como i Mazzaferro, mentre al sud della regione sono molto presenti la cosca Grande Aracri di Cutro e gli Arena di Isola Capo Rizzuto. Come ha spiegato di recente il comandante dei Ros dei Carabinieri, tra Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra ci sono scambi di informazioni. È possibile che ci siano anche delle forme di cooperazione nell’operatività quotidiana, ma un clan non si apre facilmente agli esterni. Le locali della ‘Ndrangheta sono le più presenti e cercano di operare in settori legali, per esempio nei lavori pubblici. Me l’ha insegnato Giovanni Falcone che c’è una componente formalmente legale nel loro fatturato. Oltre alla droga, oggi hanno la capacità di entrare in quasi tutte le attività legali. La mafia si interessa di edilizia, sanità, ristorazione, industria del turismo, smaltimento dei rifiuti, gioco d’azzardo e persino di sport dilettantistico.
Cosa ci racconta la cattura di Messina Denaro in relazione a quelle di Riina e Provenzano?
Che si può escludere una trattativa Stato-mafia. I carabinieri ovviamente sono stati informati: raccogliere tracce è il loro lavoro. Tutti e tre hanno tenuto in scacco lo Stato a lungo, ma questo ha avuto la capacità di sconfiggere la parte peggiore di sé.
Il fatto che sia avvenuta in una clinica medica che interrogativi apre?
La mafia spesso prova ad avere rapporti con la sanità. A Bagheria, per esempio, c’era la clinica di Provenzano, che per anni fu l’unica ad avere strumenti diagnostici in tutta la Sicilia. Nel 2005, invece, venne ucciso Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, perché sbarrava la conquista della sanità alla ‘Ndrangheta. Per la Lombardia, possiamo ricordare l’arresto di un latitante della famiglia Pelle di San Luca, Francesco, preso nel 2008 mentre era ricoverato in una clinica di Pavia.
In questi giorni stanno interrogando le amanti di Messina Denaro. Pensa che porterà a qualcosa?
Non lo so, ma per il codice della mafia, l’uomo deve essere fedele alla moglie proprio per impedire che nei momenti in cui è fuori controllo si vanti con le donne che frequenta. Quello della mafia non è moralismo, ma sempre protezione di sé stessa.