Per alcuni milanesi il progetto di riapertura dei Navigli può suonare come una semplice promessa da campagna elettorale. Ma per Roberto Biscardini, urbanista del Politecnico di Milano, si tratta della «più grande opera ecologica che Milano non ha mai avuto».
Nel corso della prima metà del Novecento, infatti, gran parte del sistema di navigazione interno milanese è stato interrato. Ad oggi rimangono soltanto una tratta del Naviglio Martesana, dove è stata realizzata una pista ciclabile, e pochi chilometri dei Navigli Grande e Pavese, che in zona Darsena sono diventati uno dei luoghi simbolo della vita notturna.
Nel 2011 i milanesi furono chiamati ad esprimersi sulla riapertura dei Navigli in un referendum consultivo: oltre il 95% dei votanti si dichiarò a favore. A dieci anni di distanza, però, il progetto sembra essersi arenato e il Comune continua a scontrarsi con la difficoltà di recuperare i fondi necessari: 150 milioni nella versione “soft”, 400 per la riapertura totale dei canali.
Per una città più globale
La riapertura dei Navigli è un’operazione tanto ambiziosa quanto complessa da realizzare, che – se portata a termine – cambierebbe radicalmente il volto di Milano. Il progetto, inoltre, permetterebbe di far dialogare in modo naturale le esigenze del capoluogo lombardo – in primis, la riduzione del traffico di automobili – con un tema di portata globale, come la lotta ai cambiamenti climatici.
Non solo. Per una città come Milano, spesso definita la più internazionale delle città italiane, questo progetto permetterebbe di mettersi alla pari di altre grandi metropoli europee, che già possono contare su un ricco sistema di canali di navigazione, come Amsterdam e Parigi.
Il dibattito sulla riapertura
La prima fase del progetto prevede la riapertura di cinque tratti dei Navigli, per un totale di 2 km, mentre la riapertura completa avrebbe un’estensione di 7,7 chilometri. Il progetto però non va inteso come una semplice opera idraulica, ma come una vera e propria operazione di urbanistica, capace di ridisegnare il volto della città. Un progetto imponente, che porterebbe grandi benefici ambientali e turistici, ma che costringerebbe a ripensare da zero la mobilità di interi quartieri. Ed è probabilmente anche per questo motivo che il progetto, ormai lontano dall’idea originale, continua a non convincere un’ampia fetta di città.
«La riapertura dei Navigli non è un’operazione nostalgica o antiquaria – precisa Biscardini, che è anche presidente dell’associazione Riaprire i Navigli –. Di sicuro si tratta di un progetto che cambierebbe il volto della città, riportando l’attenzione della politica alla quota zero, cioè alla quota delle persone e di chi cammina. Un’idea un po’ in contrapposizione con la Milano dei grattacieli che abbiamo visto negli ultimi anni».