Fino a qualche anno fa, il caporalato in agricoltura veniva considerato un fenomeno esclusivo del Mezzogiorno. Oggi non è più così. Secondo i dati del report “Cibo e sfruttamento – Made in Lombardia”, sono 405 le aree in cui viene commesso questo reato di sfruttamento del lavoro. Circa un terzo di queste si trovano nel Nord Italia.
L’evoluzione dello sfruttamento
La Lombardia, con una produzione agro-industriale da oltre 14 miliardi di euro, è la prima regione nell’agro-alimentare. Ma è anche una delle regioni più colpite da procedimenti giudiziari per caporalato: su un totale di 81, 40 riguardano il Nord. Qui lo sfruttamento si è evoluto in forme sempre più ricercate che riescono a sfuggire ai controlli. Società e agenzie, che sembrano lavorare in un quadro di legalità, somministrano manodopera senza rispettare gli appalti e i contratti collettivi nazionali. Il cosiddetto “lavoro grigio” si basa su un tacito, spesso obbligato, accordo tra il lavoratore e l’impresario agricolo. L’imprenditore si assicura un lavoro continuativo tutto l’anno, ma non registra più di 180 giornate, il numero necessario ad accedere alla disoccupazione agricola. Per le giornate che eccedono, il lavoratore sarà pagato in modo informale, cioè in nero.
Il secolo dei meloni
Dopo la Sicilia, la Lombardia è la seconda produttrice di meloni in Italia. Solo a Mantova se ne coltivano 90 mila tonnellate, in una superficie di 2.587 ettari. Da maggio a ottobre, in serra o a cielo aperto, i terreni sono coltivati da lavoratori moldavi e dell’est Europa. Più forti fisicamente, ma anche più ricattabili, stanno sostituendo i lavoratori marocchini, ormai stanziali da vent’anni.
In questi territori l’intermediazione è svolta da cooperative spesso fittizie, con sede anche in Emilia Romagna o in Veneto. Queste agiscono in autonomia rispetto all’azienda oppure in connivenza con essa, elargendo paghe da fame ai lavoratori. Nel 2022, l’Ispettorato nazionale di Mantova ha controllato 19 attività agricole produttrici di melone. Otto di queste sono risultate anomale: su 110 braccianti individuati, 44 non avevano un contratto e 15 erano senza documenti.
La fabbrica di insalate
Agglomerati di serre e arterie stradali percorsi da grossi camion. Bergamo e Brescia sono le città dell’insalata in busta, dirette agli scaffali dei supermercati italiani ed europei. Il 31% della produzione di settore è in Lombardia, mentre il 30% nella Piana del Sele, in Campania. Ogni impresa applica un contratto diverso per i lavoratori e le lavoratrici, nonostante il comparto produttivo sia lo stesso. «Sai quando entri ma non sai quando esci», commenta Milena, una lavoratrice italiana per una realtà bresciana.
La terra dei suini
Sempre la provincia di Brescia raccoglie il 50% dei capi suini presenti sull’intero territorio nazionale. Sono oltre quattro milioni stipati in 6.747 allevamenti. La filiera suinicola è considerata un’eccellenza del Made in Italy, in particolare la produzione di prosciutti. La frammentazione in tante imprese (allevatori, macellatori, trasformatori) si riversa sulla fase di commercializzazione, dove prevale sempre la Grande distribuzione organizzata (GDO). Questa detta i prezzi.