
Quanta Italia, in questa edizione degli Internazionali. Sara Errani e Jasmine Paolini si prendono un’altra finale in doppio, battendo — di nuovo — le russe Mirra Andreeva e Diana Shnaider; Lorenzo Musetti sfida Carlos Alcaraz a viso aperto in una semifinale intensa e vibrante, cedendo solo al tie-break del secondo set; e Jannik Sinner si regala la sua prima finale a Roma, la settima consecutiva (Cincinnati, US Open, Pechino, Shanghai, ATP Finals, Australian Open). Il primo a riuscirci da Ivan Lendl, nel 1982. A due giorni dal gran finale, su quattro titoli in palio, l’Italia ne contenderà tre. Un’edizione così non si era mai vista.
Errani-Paolini vs Andreeva-Shnaider
Vincere è difficile. Riconfermarsi, ancora di più. Un anno dopo la gioia della vittoria in doppio al Foro Italico, Sara Errani e Jasmine Paolini ci sono di nuovo. È ancora finale. È ancora Roma. Davanti al loro pubblico, nella loro casa, hanno un’occasione preziosa: riscrivere la storia. Ancora insieme. Una chance conquistata superando la coppia Andreeva-Shnaider, teste di serie numero 6. Le stesse affrontate nella finale olimpica — vinta dalle azzurre — battute di recente a Doha, ma anche capaci di eliminarle agli Australian Open. Una sfida tutt’altro che semplice.
E infatti non lo è. Ma Errani e Paolini la chiudono con autorità: doppio 6-4, a conferma di una sintonia che continua a fare la differenza. La loro intesa — vera arma segreta della coppia — manda fuori giri anche chi, come le russe, colpisce più forte. Nel primo parziale le italiane partono bene ma sprecano quattro palle break. Serve pazienza. Il break arriva dopo 17 minuti di gioco, al quinto game, e da lì le azzurre non mollano più il vantaggio. A chiudere il set, una Errani chirurgica al servizio durante la prima frazione di gioco: 89% di prime.
Nel secondo parziale alzano il ritmo: trovano subito il break, ma il contro-break delle russe è immediato. Si gioca punto a punto fino al sesto game, quando Andreeva e Shnaider scappano sul 4-2. Il match sembra complicarsi. Sembra. Perché Paolini si accende, sale di livello, e le azzurre infilano quattro game consecutivi che ribaltano tutto.
Finisce ancora 6-4. Parità nei vincenti, 18 a testa, ma a fare la differenza sono gli errori gratuiti: 34 per le russe, 25 per le italiane. Pratica archiviata in un’ora e 23. Ottava finale nel circuito per la coppia azzurra, che domenica sfiderà Kudermetova-Mertens. Ma prima, sabato, tocca di nuovo a Paolini: c’è la finale del singolare, contro Coco Gauff. Insomma, weekend pieno. Meglio cancellare gli impegni, ma come ha detto Errani a fine match: «Che bello essere italiani».
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Musetti-Alcaraz
A detta di molti, sono tra i tennisti che esprimono il tennis più bello. Due che sulla terra si esaltano, due dai colpi da artista. La semifinale tra Lorenzo Musetti e Carlos Alcaraz prometteva spettacolo — e al Centrale, gremito in ogni ordine di posto, lo spettacolo è servito. I precedenti raccontano di un confronto quasi a senso unico: quattro vittorie per Alcaraz, una sola per Musetti. Ma l’ultimo incrocio, la finale di Montecarlo, lascia ben sperare. Ha vinto lo spagnolo, sì, ma Musetti ha tenuto testa, si è preso un set e ha ceduto solo alla distanza, anche complice un fastidio fisico. Quel margine, tra il numero 3 al mondo e il numero 9, sembra essersi fatto più sottile. Soprattutto se si guarda allo stato di grande forma dell’azzurro.
Queste le premesse. Poi, però, c’è il campo — e lì, come sempre, conta tutto il resto.
In un pomeriggio ventoso, Musetti parte contratto, nervoso. La tensione si fa sentire. E il servizio lo perde subito. Anche Alcaraz, però, si mostra incerto e concede a Musetti tre palle per il contro-break che Musetti non concretizza. L’importanza del match si legge anche negli errori, troppi, commessi dal carrarino che solo a tratti riesce a tenere testa a Alcaraz. Il primo set va allo spagnolo, 6-3, più lucido e meritatamente avanti.
Musetti però non si arrende. Inizia il secondo set con un break che suona come un segnale: non è ancora finita. Ma la battaglia è spietata. Alcaraz lo riacciuffa subito. Musetti allora rilancia, ci riprova, allunga di nuovo. Con una veronica meravigliosa incanta il Centrale, e anche un po’ il rivale, che sembra accusare il colpo. L’azzurro vola sul 4-2. Lo spagnolo soffre, fatica al servizio, ma lo tiene. Poi alza il ritmo, spinge con il dritto e il piano funziona.
Musetti torna a sbagliare, si innervosisce, e la frustrazione esplode: spacca una racchetta. Ma il cuore c’è. Sul 6-5, Musetti annulla un match point dopo una lunghissima serie di vantaggi. Si va al tie-break. Il Centrale trattiene il fiato. Ma lì, Alcaraz non perdona: 7-4. Finisce così il sogno di Musetti agli Internazionali d’Italia. Con l’abbraccio del pubblico, tutto in piedi per lui, e una sentenza che pesa: «Il miglior Alcaraz sulla terra è più forte di tutti. Anche di Sinner.» Domenica 18 maggio, sarà il campo a dirlo.
Lorenzo Musetti wins one of the POINTS OF THE TOURNAMENT against Carlos Alcaraz in Rome.
That jumping backhand smash was art.
No words needed.
Just ridiculous. 🇮🇹😮💨
— The Tennis Letter (@TheTennisLetter) May 16, 2025
Sinner-Paul
E sì, perché contro Paul Sinner vince. Non sembra nemmeno una sorpresa clamorosa — in fondo, sotto sotto, era quello che tutti si aspettavano. Ma resta un risultato straordinario, considerando che il numero 1 al mondo perde il primo set 6-1. Il Centrale è ammutolito da un inizio shock, che sembra il remake al contrario dei quarti contro Ruud della sera prima. Ma stavolta è Sinner a soffrire un Tommy Paul praticamente perfetto.
Tante imprecisioni, a partire dal servizio, con una percentuale di prime palle giocabili decisamente sotto gli standard. Ma non solo: anche dritto e rovescio tradiscono, con una serie di errori netti e fuori misura. In totale, 13 gratuiti. Le smorfie, lo sguardo spiazzato che sembra chiedere a Vagnozzi e Cahill che cosa fare. Non capita spesso di vederlo così, spento, spaesato. Ma chi lo conosce lo sa: quello non è il vero Sinner. E infatti, prima o poi, qualcosa nella sua testa scatta. Sempre.
Inizia il secondo set: pagina bianca. Si riparte da zero. È un’altra partita riassumibile con una parola, quella che un tifoso urla a Sinner dagli spalti: «Fenomeno». In questo parziale si rivede l’azzurro vero. Quello che spazza via le ombre a colpi di rovescio fulminante, che ritrova fiducia scambio dopo scambio, punto dopo punto. Paul non ci capisce più nulla. Non vede la palla e, quando la vede, sbaglia — anche complice la pressione che Sinner gli mette addosso con ogni colpo. Le nubi si diradano. Il Centrale – e il pubblico da casa, torna a respirare.
Nel terzo e decisivo set, Sinner riparte da dove aveva lasciato: tiene il servizio e strappa subito il break, inanellando otto game consecutivi, poi il nono. Il Centrale esplode. Ma proprio sul 3-0, quando sembra in controllo totale, l’altoatesino lascia di nuovo tutti col fiato sospeso. Si tocca la coscia, i flessori, tornano le smorfie.
Da 3-0 si passa a 3-2. Il calo fisico preoccupa, ma più ancora quel volto tirato, cupo, perso nei pensieri. Eppure, stavolta, il numero 1 reagisce. Tiene il servizio, torna a martellare con freddezza. Sembra di nuovo implacabile, anche se, quando conta, spreca due match point. Poco male. Serve per il match, chiude. 1-6, 6-0, 6-3. Una rimonta folle, in quello che è stato probabilmente il match più strano e imprevedibile di tutto il torneo. Sinner è in finale a Roma. Per la prima volta. Quarantasette anni dopo Panatta, un altro italiano si giocherà il titolo agli Internazionali. E quell’italiano è Jannik Sinner che, a margine del match sembra quasi rispondere a Musetti: «Contro Alcaraz? Io non ho paura».
Jannik Sinner diventa il terzo italiano in grado di raggiungere la finale degli Internazionali d’Italia nel tabellone maschile singolare: non avevamo un azzurro in finale a Roma da 47 anni! 💎 pic.twitter.com/MtXBM4CsT9
— Quindici Zero 🎾 (@quindicizero) May 16, 2025