
Ritratti di donne e uomini sconosciuti, tutti in bianco e nero. Sguardi, arti, parti di persone raffigurate in scene diverse. Con righe e righe di testo incise sui volti, vergate a mano sulle stampe. Parole a inchiostro nero sulle labbra dei soggetti. Sulle guance, sulla fronte ma anche intorno all’iride. La lingua degli scritti è indecifrabile per le persone occidentali. Ma quei segni calligrafici, che si estendono sulle membra come ricami o tatuaggi, sono brani tratti da testi di scrittrici iraniane.
È la mostra Body of Evidence, dell’artista persiana naturalizzata statunitense Shirin Neshat. L’esposizione al PAC di Via Palestro – che sarà aperta fino all’8 giugno – è uno dei battesimi della prossima Art Week milanese. Dall’1 al 6 aprile.

LA MOSTRA
«Mi sembra di rivedere tutta la mia vita ed il mio viaggio cominciato in Iran» dice Shirin Neshat – nata a Qazvin nel 1957 – durante la presentazione dell’ampia personale al Padiglione d’Arte Contemporanea. Il suo ultimo lavoro ripercorre infatti oltre trent’anni di carriera, attraverso quasi duecento opere fotografiche e una decina di video-installazioni. Entrate a far parte delle maggiori collezioni museali al mondo. Come quelle del Whitney Museum, del MoMA, del Guggenheim di New York e della Tate Modern.

La lente con cui Neshat interpreta la storia è lo sguardo delle donne. Dagli esordi nei primi anni Novanta con la serie fotografica Women of Allah, ai corpi femminili istoriati con calligrafie poetiche. Fino a The Fury, video-installazione che anticipa il movimento “Woman, Life, Freedom”. La ricerca di Neshat supera il tema di genere e indaga le tensioni tra appartenenza ed esilio, salute e disagio mentale, sogno e realtà.
E mette in discussione questioni di potere, religione, razza e relazioni tra passato e presente. Oriente e Occidente. Individuo e collettività. «Una delle delle cose su cui mi sono interrogata nel mio lavoro è stata sicuramente la religione. Perché mi sono chiesta come la religione può avere un potere così forte da essere quasi lavaggio del cervello. Come può portarci ad accettare la violenza? la crudeltà e anche la morte?»

L’invito di Neshat è quindi a trascurare le differenze etniche tra le persone nelle varie regioni del mondo. Per scegliere di considerare le storie di tutti, che sono simili e accomunate dalle attuali situazioni globali dal punto di vista sociopolitico. «Non dobbiamo distinguere gli artisti sulla base del loro paese di origine o nemmeno della religione. Il ruolo dell’artista è quello di dare voce alle persone, e non di trasmettere slogan incomprensibili. Ma comunque l’arte deve riportare la storia e deve saper comunicare. Non voglio essere vista come un’artista iraniana, né come un’artista musulmana».
LA 9ª EDIZIONE DELLA MILANO ART WEEK
L’inaugurazione di Body Of Evidence fa da anteprima alla nona edizione della Milano Art Week. La settimana dedicata all’arte promossa dal Comune di Milano e coordinata dall’Associazione Arte Totale e in collaborazione con le principali istituzioni culturali milanesi.

Nelle edizioni precedenti – grazie a centinaia di mostre, performance, installazioni, talk, proiezioni, affissioni diffuse in tutta la città – Milano Art Week ha confermato e sottolineato la vitalità artistica di Milano, consolidando la sua posizione come centro culturale internazionale.
Anche quest’anno, l’obiettivo sarà l’esplorazione del mondo che ci circonda – come succede in Body Of Evidence – per stimolare interrogativi sia sul nostro presente sia sul futuro.