Expo 2015 è stato un punto di svolta per la città di Milano. Migliaia di visitatori si sono riversati nel capoluogo lombardo per visitare l’Esposizione Universale che aveva come tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Per ospitare l’evento, il quartiere milanese Rho ha cambiato aspetto, diventando il palcoscenico di decine di padiglioni dei Paesi partecipanti. Su di essi svettava l’Albero della Vita, il simbolo dell’evento che con i suoi spettacoli di luce aveva colpito tutti.
A 10 anni di distanza che fine hanno fatto? Numerosi padiglioni sono stati smantellati, ma alcuni hanno avuto una seconda possibilità che gli ha permesso di resistere allo scorrere del tempo.
L’ALBERO DELLA VITA SPENTO DA 10 ANNI
L’hanno visto, fotografato e ammirato tutti. L’Albero della Vita è stato uno dei grandi protagonisti dell’edizione milanese dell’Expo. Ideato da Marco Balich e progettato da Giò Forma, costituiva il simbolo del Padiglione Italia nella Lake arena. L’opera, costata 3 milioni di euro e realizzata in poco più di 4 mesi, rappresentava la natura primogenita con l’intreccio di rami che dal terreno si diramano fino a 37 metri di altezza. Ha fatto parlare di sé per via degli spettacoli che regalava ogni giorno ai visitatori, rendendo l’esperienza ancora più memorabile tra giochi di luci, proiezioni, fontane, musica ed effetti speciali. Proprio per questo l’installazione si è guadagnata un posto d’onore tra gli altri padiglioni, evitando di andare incontro allo smantellamento una volta terminata l’esposizione. Ma il suo destino sembra ancora poco chiaro.

Inizialmente si pensava di spostarlo in Piazzale Loreto, alla Darsena o in centro a Rho. In realtà, l’Albero della Vita non si è mai mosso, restando bloccato lì dove splendeva nel 2015. Adesso, però, è spento da 10 anni. La precedente area Expo è circondata da cantieri per la realizzazione del Mind District e per il nuovo Campus dell’Università Statale di Milano che dovrebbe essere pronto nel 2027. Una volta terminati i lavori, l’installazione dovrebbe diventare un punto di ritrovo, con feste e musica per i ragazzi. Torneranno i giochi di luce e di acqua, ma prima di iniziare il suo nuovo “compito”, sarà rigenerato perché 10 anni di fermo hanno impattato sulla struttura, nonostante la manutenzione costante.
IL PADIGLIONE DELL’URUGUAY DIVENTA UN RISTORANTE
Ha avuto una sorte unica il padiglione dell’Uruguay. Subito dopo la fine dell’esposizione Federico Terraneo, amministratore delegato di Neologistica, ha acquistato il padiglione e lo ha trasferito a Origgio, in provincia di Varese, diventando “El Primero”, il primo ristorante di cucina uruguaiana in Italia. «L’idea è stata quella di conservare qualcosa di Expo – afferma Terraneo – sembrava che tutto dovesse andare distrutto dopo la fine di Expo tranne il Padiglione Italia. Quindi ho chiesto se si poteva comprare e la società che l’aveva progettato e costruito per conto dell’Uruguay doveva demolirlo». Terraneo spiega poi che la vendita è stata vantaggiosa: «Ho trovato un accordo con questa società per comprarlo. Inoltre, non c’erano diritti d’autore, non c’erano altre cose che si sono interposte. L’ho acquistato ad un prezzo abbastanza interessante, proprio perché era destinato a essere rottamato. È stata una situazione vincente per tutte e due le parti».
Sebbene ormai ben lontano dal quartiere milanese Rho, Terraneo ha rimontato il padiglione in provincia di Varese, a Origgio «com’era esattamente all’Expo». Infatti, sebbene il piano terra del Padiglione dell’Uruguay era già in precedenza un ristorante, è stato necessario ristrutturare per esempio il bancone, il soffitto e la cucina, oltre ad applicare le normative e i regolamenti richiesti dall’ASL e dall’ATS per essere un ristorante in regola. «La nostra specialità sono i tagli di carne alla brace. La carne è di provenienza uruguaiana. Cerchiamo di proporre nel menù un’offerta completa anche con gli antipasti e i dolci tipici» ha poi concluso Terraneo.
IL PADIGLIONE COCA COLA
Anche il Padiglione della Coca Cola, progettato dall’architetto Giampiero Peia e concepito fin dal principio per trasformarsi in un campo da basket al termine di Expo 2015, ha avuto una nuova vita. Giunti al termine dell’esposizione i portali e le coperture in legno lamellare sono stati smontati e portati nel Parco La Spezia, nel quartiere Famagosta a Sud di Milano, dove sono stati utilizzati per coprire uno dei campi da basket esistenti, rimesso a nuovo dopo il trasferimento della copertura.

La struttura portante dell’edificio ha vinto il premio Towards a sustainable Expo per le sue capacità di termoregolazione passiva che permette di riparare dal sole lo spazio da gioco garantendone la libera ventilazione e la fruibilità anche in caso di neve e pioggia. Inoltre al suo interno è stato installato un sistema di illuminazione sincronizzato al sistema pubblico presente nel parco, permettendo a tutti di giocare nel campetto a tutte le ore del giorno e in tutte le stagioni.
“THE HIVE” TORNA NEL REGNO UNITO
Nuova vita anche per The Hive, il celebre alveare ideato dall’artista Wolfgang Buttress e focalizzato sull’essenziale ruolo svolto dalle api nel nutrire il pianeta, con cui il Regno Unito ha preso parte a Expo 2015. Forte del successo che ne ha accompagnato l’esordio nell’affollatissima kermesse internazionale il padiglione è stato riportato in madre patria ai Royal Botanic Gardens, meglio noti come Kew Gardens, a Londra. The Hive ha continuato e continuerà a proporre a quanti vorranno un’intensa esperienza multisensoriale. All’interno dell’alveare risuonano le musiche dei Sigur Ròs, capaci di evocare i veri suoni orchestrali che popolano un alveare.

LA FAMOSA RETE DEL BRASILE
Il Padiglione del Brasile, invece, è dovuto finire lontano per essere riutilizzato. Uno dei più popolari a Expo, con la sua rete di corde su cui si poteva camminare attraverso le tipiche coltivazioni brasiliane, il padiglione verdeoro è stato venduto all’asta al Foof, il cosiddetto “Museo del cane” di Mondragone, in provincia di Caserta, per 100 mila euro. Doveva diventare un’attrazione per bambini e cani. In assenza però dei permessi del Comune la rete è finita all’Ecoparco del Mediterraneo, uno spazio naturale di quasi 500.000 metri quadri a Castel Volturno. Tra resort, laghetti e sport acquatici poteva sicuramente andare peggio.
LA VALLE ALL’INTERNO DELL’EXPO
Ancora presenti nella zona della Fiera verso la Collina mediterranea sono i Cluster dei “Cereali e Tuberi”, i padiglioni dei Paesi più poveri. Bolivia, Haiti, Mozambico, Togo, Congo e Zimbabwe hanno scelto nel 2015 di raccontare la propria economia agricola realizzando una sorta di valle all’interno di Expo dedicata a un itinerario tra cereali, riso, cacao e tuberi del mondo. Ma ci resteranno per poco: col prosieguo dei lavori per il nuovo campus Mind della Statale di Milano presto scompariranno, lasciando il loro posto a spazi e strutture per la ricerca.
Non tutto di Expo è andato perduto, sicuramente non la sua eredità. La volontà di riqualificare alcune strutture e i padiglioni è coerente con lo spirito dell’evento improntato sul riciclo e il riutilizzo. Questo, anche se sono passati 10 anni, non è stato cancellato.