Il 21 novembre 1973 allo Stadio Nacional di Santiago la Nazionale di calcio del Cile ospita quella dell’Urss in un match di spareggio per l’accesso ai campionati del mondo dell’anno successivo in Germania Ovest. Due mesi prima con un colpo di stato il generale Augusto Pinochet aveva preso il potere, destituendo il governo democraticamente di Salvador Allende. E lo Stadio Nacional era stato trasformato in una prigione per i dissidenti alla neocostituita dittatura.
Il golpe di Pinochet
L’11 settembre 1973 le forze armate cilene rovesciano il presidente socialista Allende e consegnano il controllo del Paese al generale Augusto Pinochet, in quella che è passata alla storia come “Operazione Condor”. Siamo in piena Guerra Fredda e gli Stati Uniti – come dimostrato in seguito – hanno un ruolo nel cambio al vertice. Il Cile diventa a tutti gli effetti una dittatura di destra, con buona pace di diritti umani e istituzioni democratiche.
Gli anni del regime di Pinochet sono molto duri per il Cile e la giunta militare fa largo ricorso alla violenza fisica nei confronti dei suoi oppositori. Lo Stadio Nacional è tra le strutture usate dalla giunta al potere per interrogare e torturare migliaia di persone dissidenti: almeno quarantuno di loro vengono uccise all’interno dell’edificio sportivo.
Lo stadio, tuttavia, non è solo un luogo del regime, ma mantiene la sua funzione di impianto da gioco. Il 21 novembre allo Stadio Nacional è in programma la partita di ritorno tra la Nazionale cilena e quella sovietica, valida per l’accesso al Mondiale di Germania 1974. Il match d’andata a Mosca termina 0 a 0 e la partita a Santiago risulta decisiva.
La partita farsa
L’Urss chiede alla FIFA di non disputare la partita, perché quello stadio era un «luogo di sangue». Oltretutto, le relazioni tra regime sovietico e cileno non sono affatto buoni. La FIFA manda così degli ispettori per accertarsi della situazione. Molti prigionieri dello Stadio Nacional vengono spostati nei seminterrato e costretti a rimanere in silenzio. Altri restano sulle tribune, ma non vengono “notati” dagli ispettori.
La FIFA non trova nulla da obiettare e dichiara che l’incontro si può fare regolarmente: «La tranquillità è totale», dice un suo portavoce. Quel rapporto della FIFA è il lasciapassare per una delle più grandi farse della storia del calcio.
A quel punto, la Nazionale dell’Urss si rifiuta a giocare. La partita si disputa comunque: un undici contro zero surreale. C’è pure un arbitro, chiaramente “di parte”, il cileno Rafael Hormazábal. Sugli spalti ci sono circa quindicimila oppositori del regime controllati dai militari. La partita viene vinta dal Cile per 1 a 0 dal Cile, un risultato sufficiente per l’accesso ai Mondiali. Il match, per l’assenza della Nazionale sovietica in campo, viene ricordato come la “partita fantasma” e passa alla storia come una della più grandi farse della storia del calcio.