Morte Raisi, Washington e Tel Aviv puntano a raffreddare la situazione

Per l’Occidente è essenziale evitare che la morte di Raisi  provochi una crisi internazionale in grado di scatenare una nuova escalation in Medioriente. Ecco allora che le risposte di Washington, Tel Aviv e Bruxelles sembrano essere coordinate in attesa di chiarire le dinamiche dell’incidente.

Lo spettro di un sabotaggio

Il viaggio di Raisi è stato uno dei rarissimi esempi in cui il presidente ha lasciato il suolo iraniano. E l’Azerbaijan è un prezioso alleato di Israele. La vicinanza tra i due paesi affonda le radici nel 1991, quando lo Stato Ebraico fu uno dei primi Stati a riconoscere l’indipendenza di Baku dall’URSS. Da quel momento in poi, i due attori hanno avviato  una collaborazione economica e militare intensa, nonostante la maggioranza sciita. Vicinanza emersa anche durante la guerra nel Nagorno-Karabakh quando Tel Aviv inviò una grande quantità di droni in territorio azero.

La teoria del sabotaggio, per ora al limite del complottismo, è stata raccontata da Pejman Abdolmohammadi, professore di Relazioni Internazionali del Medio Oriente dell’Università di Trento,  nel corso del programma televisivo L’Aria che tira su La7.

«In Azerbaigian oltre agli Stati Uniti sono presenti i servizi di sicurezza israeliana, con il Paese utilizzato come base di contrattacco alla Repubblica islamica, che utilizza invece il Sud del Libano. Raisi fa questo colloquio in Azerbaigian e al rientro cade. Possiamo benissimo pensare ad un guasto, alla questione meteorologica. Ma non è sbagliato, a livello di ipotesi, dato che Israele e l’Iran sono in guerra, che ci sia la terza ipotesi di un sabotaggio, non è sbagliato dirlo. Chiaramente è un’ipotesi sul piatto, ancora non si può fare un’analisi precisa».

La posizione di Washington

Mentre l’elicottero di Ebrahim Raisi scompariva nella nebbia iraniana, il presidente USA Joe Biden stava volando da Atlanta a Detroit. Colto di sorpresa, il leader ha convocato una riunione d’urgenza e chiesto di essere tenuto in costante aggiornamento. In seguito,  ha affidato al dipartimento di Stato una comunicazione di completa dissociazione dall’incidente.

L’obiettivo primario era di fugare qualsiasi sospetto di un coinvolgimento americano nell’incidente. Soprattutto, alla luce degli ultimi contatti tra USA e Iran. I due Stati stavano dialogando in Oman, concentrati sulla crisi mediorientale, grazie a una escamotage in cui i messaggi erano portati da una camera all’altra per evitare l’incontro dei delegati. Infatti, Il dialogo era partito nonostante tra i due Paesi le relazioni diplomatiche si siano interrotte nel 1979. Quell’anno, l’ambasciata di Teheran fu assaltata e vennero presi in ostaggio i diplomatici americani. Corollario del ben più importante trattato sul nucleare, il programma largamente regolato con l’amministrazione Obama nel 2015 e poi abbandonato da Donald Trump durante il suo mandato.

«Negoziati del genere non sono i primi e non saranno gli ultimi», aveva confermato Saeed Iravani, ambasciatore di Teheran alle Nazioni Unite. Secondo il sito di notizie Axios gli Stati Uniti erano rappresentanti da Brett McGurk, consigliere per il Medio Oriente di Biden, e dall’inviato ad interim degli Usa per l’Iran Abram Paley.

La reazione Israeliana ed Europea

Diverso il discorso che riguarda Tel Aviv. Alle prese con le minacce di Benny Gantz di far cadere il governo senza un piano adeguato per il futuro di Gaza, Benjamin Netanyahu non ha esplicitamente negato la partecipazione di Israele. Come per gli Usa, la smentita è arrivata da funzionari anonimi che hanno negato qualsiasi partecipazione dello Stato Ebraico e sottolineato il ruolo del maltempo e della scarsa visibilità.

L’Unione Europea ha, invece, collaborato con Teheran. Bruxelles ha messo a disposizione il sistema di risposta rapida Copernicus, il programma di osservazione satellitare della Terra dell’UE, gestito dall’Agenzia spaziale europea. Il regime degli Ayatollah ne aveva richiesto l’utilizzo per facilitare le operazioni di ricerca e di salvataggio.

Giorgia Meloni, intanto, ha convocato per la mattina del 20 maggio una riunione straordinaria. Con lei,  il vice premier e ministro degli esteri Antonio Tajani, il ministro della Difesa Guido Crosetto, il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano e l’intelligence.

 

 

 

Ettore Saladini

Laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza alla LUISS di Roma con un semestre in Israele alla Reichman University (Tel Aviv). Mi interesso di politica internazionale, terrorismo, politica interna e cultura. Nel mio Gotha ci sono gli Strokes, Calcutta, Martin Eden, Tondelli, Moshe Dayan, Jung e Wes Anderson. In futuro mi vedo come giornalista televisivo.

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