La storia riemerge ancora una volta dalle sabbie del Sahara. L’équipe archeologica del Museo Egizio di Torino, guidata dal direttore Christian Greco, ha annunciato la scoperta di una nuova tomba nella necropoli di Saqqara, 30km a sud della capitale egiziana.
Panehsy, responsabile del tempio di Amon
La tomba ritrovata apparteneva a un uomo di nome Panehsy, sacerdote del dio Amon e direttore del suo tempio. La divinità, a capo del pantheon egizio, era patrona di Tebe, capitale spirituale del Paese.
Panehsy visse attorno al 1250 a.C., nel primo periodo Ramesside. Il suo nome significa «il Nubiano», ma non rimanda necessariamente alla provenienza dall’attuale Sudan: semplicemente, era molto in voga all’epoca. Per rimarcare la sua reale appartenenza geografica, il sacerdote aggiungeva sempre «da Menfi», segnalando il forte legame con la capitale economica dell’Egitto, edificata sul delta del Nilo dal primo faraone della I dinastia, Menes (storicamente identificato con un sovrano di nome Narmer), attorno al 3000 a.C.
La tomba ritrovata
Il sepolcro di Panehsy richiama la sua professione di responsabile di un edificio religioso. Ha infatti la forma di un tempio, con un ingresso monumentale e una corte con portico colonnato. Al centro del complesso c’è un pozzo, da cui si accede alle camere sotterranee.
Le dimensioni sono importanti, 13,4 per 8,2 metri, segnalando il prestigio del proprietario. La struttura fuori terra era realizzata in mattoni crudi, ancora in piedi fino a un metro e mezzo di altezza. Si sono conservate alcune decorazioni dai motivi vegetali, oltre a diverse lastre di rivestimento in pietra calcarea con rilievi colorati. In questi si distinguono lo stesso Panehsy e sua moglie Baia, cantante di Amon, insieme diversi sacerdoti e portatori di offerte. La rappresentazione più bella? Il proprietario della tomba impegnato ad adorare la dea Hathor, raffigurata nella sua tipica iconografia di mucca che esce da una montagna.
«Ricostruire la biografia degli oggetti»
La scoperta della spedizione del Museo Egizio di Torino, in collaborazione con il Ministero delle Antichità Egiziane e il Museo Nazionale di Antichità di Leida (Paesi Bassi), rientra nell’ambito di una campagna archeologica iniziata a Saqqara già nel 1975. «Lo scavo – spiega Christian Greco, direttore del museo torinese – è finalizzato alla ricontestualizzazione archeologica di monumenti, rilievi e statue giunti nelle collezioni europee nel XIX secolo».
Moltissimi reperti, infatti, sono arrivati in Europa in ordine sparso nel corso dell’800, senza che fosse chiaro il contesto di provenienza. Se da un lato, quindi, gli scavi portano nuove scoperte (lo stesso Panehsy finora non era noto agli egittologi), dall’altro aiutano a comprendere meglio il valore e i significati di reperti già noti. Un esempio è la piccola tomba di Yuyu, una delle quattro sepolture minori rinvenute a est di quella di Panehsy. La cappella misura solo 1 metro per 1,15 e non era mai stata individuata prima. Eppure «gli stipiti di porta provenienti da questo monumento sono conservati oggi al Musée de Picardie ad Amiens (Francia)», aggiunge il direttore Greco. Un altro dei tanti reperti che possono essere finalmente compresi e contestualizzati.