Mirella Serattini: «Una vita segnata da due punture. Doveva essere acido ialuronico, ma mi hanno iniettato silicone»

All’inizio doveva essere una cosa semplice. Due punturine di acido ialuronico, per attenuare i segni nasolabiali. Niente bisturi, niente sala operatoria. Nessun rischio, dicevano. Mirella si era informata all’Ordine dei Medici, aveva ottenuto garanzie che quel medico fosse un chirurgo plastico e che non avesse nulla a suo carico. L’aspetto, rassicurante. Il resto l’ha fatto la consueta fiducia che si ripone in un camice bianco. E che, in questo caso, è costata una vita intera. 

Mirella Serattini prima di recarsi da Stracciari
Mirella Serattini prima di recarsi da Stracciari

Nel 2006, Mirella entra nello studio di Stefano Stracciari, medico bolognese. Chiede un trattamento leggero, impercettibile. Lui propone di intervenire anche su fronte, zigomi e mento, per armonizzare il viso. «Dice che usa da vent’anni un prodotto a base di acido ialuronico. Ti fidi. E sfido chiunque a non farlo». Dopo le prime iniezioni, iniziano i problemi. Mirella nota dei granellini sottopelle: «Sembravano chicchi di riso. Stracciari diceva che era tutto normale: mancavo di vitamine, ma c’era un antidoto».

Il medico lo somministra. Al posto dei granelli compaiono piccole depressioni. E ancora, giù di antidoto. Poi una massa enorme si forma sotto la guancia: «Era grande quanto un mandarino. Vado da altri chirurghi plastici, tutti alzano le mani e mi rimandano da lui. Stracciari mi urla contro. Poi cambia tono: “Adesso risolviamo”. Ma non risolve niente. Mi dice di andare al mare senza protezione solare. Mi vengono infezioni, problemi ovunque». Il nome del prodotto viene fuori dopo molte insistenze: Artecoll. E solo più tardi si scoprirà che l’antidoto somministrato era cortisone. Mirella contatta la casa produttrice: «Non è nostro cliente. Ma se è uno dei nostri prodotti, paghiamo tutto. Basta il lotto». Mirella manda un fax, ma Stracciari risponde che non può fornirlo. Sta mentendo. La casa conferma: «Ogni siringa ha un lotto. Il medico doveva scriverlo nella cartella clinica. Lo denunci».

Mirella a seguito delle iniezioni di silicone e cortisone
Mirella Serattini a seguito del laser ilt Eufoton, al centro danni da filler Policlinico di Modena

Mirella lo denuncia dopo aver scoperto che aveva già danneggiato con il silicone altre pazienti negli anni precedenti. Inizia il suo calvario giudiziario e sanitario. «Nessuno mi aiutava. Mi somministravano solo cortisone. Dopo pochi giorni, vomito, lingua spaccata, dolori ovunque. Sembravo una maschera di marmo. Pensavo: “Se devo vivere così, mi ammazzo”». Nel 2007, un chirurgo plastico la visita: «Ma quanto gliene ha messo? È stata da Stracciari, vero? Ho curato altre donne. Non così gravi, ma altre. Non posso operarla. Rischia malattie autoimmuni». Aveva ragione: Mirella, a causa del silicone, ne sviluppa tre. Le cure la devastano. Il processo penale arriva solo nel 2010. «Il pubblico ministero leggeva il giornale. Il mio avvocato mandava un’assistente che ne sapeva meno di me. Quando porto la dichiarazione di un’altra danneggiata, il pm si oppone». Nel 2011, la sentenza: 14 mesi con la condizionale. «Io rovinata, lui condannato meno di chi ruba una bici. Vengo querelata dalla dottoressa che era da Stracciari a “imparare”, avevo criticato la sua testimonianza omissiva. Il mio avvocato non segue la vicenda ma cambiando legale vinco in primo grado e in appello. Pagare per difendermi da chi mi ha vista soffrire e ha taciuto non rispettando le norme è il colmo».

Negli anni successivi, Mirella cerca altre cure. «Il Policlinico di Modena pubblicizzava un laser chiamato ILT EUFOTON, “risolutivo per granulomi”, pagato dalla Regione Emilia Romagna. Come non fidarsi di un centro dedicato ai danni da filler e in una struttura pubblica? Ma c’era una lista d’attesa lunghissima, a meno che non procedessi privatamente. Accettai. Invece mi hanno tagliato, infilato cannule sottopelle, e il silicone è migrato alle gambe». Ma per arrivare fin lì, significa che è passato anche dal cuore. Un chirurgo disposto a operarla rinuncia: troppi rischi cardiaci. Dopo anni di ricerche, un chirurgo plastico tra i migliori al mondo accetta di aiutarla. «Mi ha spiegato che si poteva fare poco, l’obiettivo era ridurre la massa più visibile, ma che non tornerò mai come prima perché il laser con il calore ha incollato i tessuti, creato piastroni duri come il marmo. Oggi posso aprire la bocca solo fino a un certo punto. Il laser mi ha impedito di ritrovare il sorriso e non ho mimica facciale».

Dopo vent’anni, Stracciari è stato arrestato. L’avvocato censurato. La dottoressa assistente del reo ha pagato. Ma nulla restituirà a Mirella la vita che aveva prima. «Ho dato lavoro a trenta persone, impoverendo me stessa. Sono stata rovinata da tre medici iscritti a tutte le associazioni di categoria. E oggi, con tutti i dolori, la vita rovinata e il denaro speso, non posso neppure sorridere». Per dare un senso a quel dolore, Mirella ha creato ed è presidente dell’associazione di solidarietà Valere e del progetto Valere insieme con l’obiettivo di sostenere le vittime di danni alla salute, non solo di trattamenti estetici avversi, e di promuovere in particolare la medicina di genere perché la ricerca e le cure siano declinate anche sulle differenze del corpo femminile.

No Comments Yet

Leave a Reply