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In questa seconda puntata si parla dell’impatto che l’embargo del carbone russo avrà sull’Unione europea e in particolare sull’Italia.
Nuove sanzioni per la Russia
Questa settimana i 27 Paesi membri dell’Unione europea, hanno concordato il divieto di esportazione a diversi prodotti russi. Le ultime sanzioni approvate includono, tra gli altri, il graduale embargo all’import di carbone russo: quindi il divieto di acquistarlo e trasferirlo nell’Unione. Il Consiglio ha però specificato che l’embargo totale partirà solo ad agosto, mentre invece scatta da subito il divieto di stipulare nuovi contratti.
La Commissione ha calcolato che questo stop al carbone dovrebbe causare alla Russia “una perdita di entrate di circa 8 miliardi di euro all’anno”.
Ma quali saranno le conseguenze per l’Europa e in particolare per l’Italia? Dalla Russia arriva circa il 46 per cento del carbone importato dall’Unione europea e la dipendenza energetica dell’Italia è fra le più alte in Europa. La Russia è il primo Paese da cui l’Italia dipende per soddisfare il proprio consumo di fonti fossili e insieme agli Stati Uniti ha fornito quasi tre quarti del carbone che abbiamo consumato nel 2021.
Il carbone in Italia
L’impatto del blocco dovrebbe comunque essere lieve per il nostro Paese, dato che negli ultimi anni il consumo e la produzione di carbone sono diminuiti, in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione. La scelta europea di bloccare gli acquisti di carbone, e non di gas, è stata motivata proprio dal minore impatto che questo avrà sulla produzione di energia, anche se in alcuni Paesi, come per esempio la Germania, la dipendenza è ancora forte.
In Italia, invece, la produzione di energia dal carbone è scesa intorno al 4%. Attualmente abbiamo 7 centrali a carbone, di cui 6 attive. Entro il 2025 dovrebbero essere fermate o riconvertite per utilizzare fonti di minore impatto ambientale.
I rischi legati all’embargo
Tuttavia, l’embargo avrà delle conseguenze anche per noi. Se da una parte i 27 Paesi membri hanno tagliato la produzione, dall’altra hanno raddoppiato l’import del carbone. Un po’ come per il gas, Mosca ha svolto un ruolo importante nel colmare il divario tra il consumo e la produzione interna. Basti pensare che in 30 anni, dal 1990 al 2020, le importazioni dell’Unione europea dalla Russia sono passate da 8 milioni di tonnellate di carbone a 43 milioni.
È importante, poi, distinguere tra carbone termico, utilizzato per generare elettricità, e carbone metallurgico, utilizzato nella produzione di ferro e acciaio. Infatti, il carbone non viene utilizzato solo come combustibile, ma anche come materia prima delle acciaierie e il blocco dell’import potrebbe avere un impatto negativo sui mercati. I paesi europei probabilmente andranno a recuperare il carbone in posti più lontani della Russia e questo potrebbe comportare un costo maggiore per i trasporti e per la produzione.
Sostituire il carbone russo non sarà difficile
Al netto di questi rischi, è pur vero che la Russia è soltanto il terzo fornitore di carbone al mondo dopo Australia e Indonesia e che non dovrebbe essere tanto difficile per i 27 aumentare l’importazione dagli altri Paesi, tra cui anche il Sudafrica e la Colombia. Inoltre, in caso di emergenza, si potrebbe aumentare anche la produzione interna europea, andando, però, contro i piani di decarbonizzazione di cui accennavo prima.
Tutto sommato l’embargo del carbone non avrà un impatto forte, come quello che avrebbe invece il blocco del gas e del petrolio, ma si tratta comunque di una misura simbolicamente importante, perché per la prima volta le sanzioni europee hanno toccato il settore energetico, cioè il più rilevante nei rapporti commerciali con la Russia.
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