Sanchez di nuovo premier in Spagna, regge l’accordo con i catalani

Il socialista Pedro Sanchez è stato riconfermato premier in Spagna

Giovedì 16 novembre 2023 il parlamento spagnolo ha accordato la fiducia al premier uscente, il socialista Pedro Sanchez, con una maggioranza di 179 deputati, solo tre più del necessario. Un voto segnato dalle polemiche delle nuove opposizioni, che partivano vincitrici “morali” delle elezioni dello scorso 23 luglio, e dal compromesso tra le forze della sinistra parlamentare e i movimenti indipendentisti.

Un parlamento e un paese spaccati

Il voto di luglio aveva sancito l’estrema frammentazione del mondo politico spagnolo. Dopo lo scioglimento delle Camere da parte del governo a guida PSOE (Partido Socialista Operaio de España), a seguito della batosta subita dal partito alle consultazioni locali, le urne avevano restituito un parlamento spaccato. Prima forza politica era risultato il PP (Partido Popular) di Alberto Nuñez Fejóo, con il 33,06%. Un risultato al di sotto delle aspettative, considerata una parallela ripresa del PSOE al 31,68%.

Il leader del Partido Popular, Alberto Nuñez Fejóo, ha provato a formare un governo insieme all'estrema destra di Vox. La loro chiusura totale ai movimenti indipendentisti ha stroncato l'esecutivo sul nascere.
Il leader del Partido Popular, Alberto Nuñez Fejóo, ha provato a formare un governo insieme all’estrema destra di Vox. La loro chiusura totale ai movimenti indipendentisti ha stroncato l’esecutivo sul nascere.

Era chiaro, all’indomani del voto, che i movimenti minori sarebbero stati fondamentali per qualunque maggioranza. Ma se il PP poteva contare sull’appoggio dell’estrema destra di Vox (terzo partito, al 12,38%), i socialisti avevano dalla loro la sinistra di Sumar (12,33%). In ambo i casi non era possibile giungere a una maggioranza solida. Almeno, non senza i sette gruppi regionali, autonomisti e indipendentisti.

Il tentativo fallito di Fejóo e il ritorno di Sanchez

Come leader del partito vincitore, il popolare Fejóo ha ricevuto dal re di Spagna, Felipe VI, l’incarico di formare un governo. Era il 22 agosto. Ma la maggiore spalla del PP, Vox, si è rivelata anche il suo punto debole. Animato da spiriti ultranazionalisti e conservatori, il movimento dell’estrema destra non era disposto a compromessi con i gruppi autonomisti e indipendentisti, fondamentali per qualunque maggioranza. E così, presentatosi alle Cortes il 29 settembre per il voto di fiducia, il governo di centrodestra è andato sotto di quattro voti. Il tentativo era fallito.

Il premier riconfermato, Pedro Sanchez, ha avuto successo dove Fejóo ha fallito: è riuscito a riunire molti dei movimenti autonomisti in un'unica alleanza governativa.
Il premier riconfermato, Pedro Sanchez, ha avuto successo dove Fejóo ha fallito: è riuscito a riunire molti dei movimenti autonomisti in un’unica alleanza governativa.

Il 3 ottobre è stato ancora il turno del re, che ha convocato il premier uscente (e in quel momento leader dell’opposizione “apparente”) per incaricarlo di formare un esecutivo, questa volta di centrosinistra. Un colloquio lungo, quello tra i due. Molto più del solito. Felipe VI deve aver sottolineato la necessità di un esecutivo solido, in un momento di tensioni internazionali ed economiche. Anche a costo di compromessi altrimenti “inaccettabili”.

Concessioni

Le consultazioni di Sanchez hanno subito siglato l’accordo con Sumar, guidato dalla vicepremier uscente Yolanda Diaz. Un dato scontato, ma importante. Il movimento, o meglio la coalizione di piccoli partiti della sinistra, ha forti legami locali con i gruppi autonomisti. L’ago della bilancia.

Il premier Sanchez durante le consultazioni con i nazionalisti baschi di Bildu, una delle formazioni che, con il loro appoggio, gli hanno permesso di formare il governo.
Il premier Sanchez durante le consultazioni con i nazionalisti baschi di Bildu, una delle formazioni che, con il loro appoggio, gli hanno permesso di formare il governo.

Concessioni. Questa la parola chiave per assicurarsi l’appoggio degli autonomisti baschi del PNV e di Bildu, come di quelli galiziani di BNG e della Coalición Canaria. Maggiore indipendenza governativa locale, maggiore riconoscimento delle culture e delle necessità locali. Promesse, certo. Ma promesse da mantenere, visto il peso di questi gruppi nella nuova maggioranza.

Il problema catalano e le polemiche della destra

Ma il vero problema restavano i catalani. La Catalogna è la regione spagnola dove l’indipendentismo è più acceso negli ultimi anni. È ancora vivo il ricordo del referendum illegale del 2017, come ancora effettive sono le condanne e i mandati di cattura contro i leader catalani. In primis l’autoproclamato presidente Carles Puidgemont.

Una delle grandi manifestazioni indipendentiste in Catalogna nel 2017, a ridosso del referendum illegale che rischiò di spessare l'unità nazionale spagnola.
Una delle grandi manifestazioni indipendentiste in Catalogna nel 2017, a ridosso del referendum illegale che rischiò di spessare l’unità nazionale spagnola.

E proprio sul destino dei leader si sarebbe giocata la partita della fiducia concessa a Sanchez dai partiti catalani ERC e Junts. In una parola: amnistia. Il prezzo da pagare, di cui il neo confermato premier deve aver parlato anche con il re: “perdonare” coloro che hanno tentato di spezzare lo Stato non è un peso solo per chi, in parlamento, li condannò, ma anche per chi indossava una corona che si sarebbe spezzata.

Chi non ha perdonato sono gli esponenti dell’estrema destra di Vox. Per loro l’amnistia non è accettabile. «Un tradimento della patria», così lo definiscono. L’ennesimo, da parte di quel PSOE visto da loro come un partito degenere. Tanto che, proprio nella mattinata del voto di fiducia, cinque deputati socialisti sono stati colpiti dal lancio di uova in un bar vicino alla Congresso. Insomma, se la maggioranza politica spagnola ha trovato una forma di unità, il popolo e l’opinione pubblica restano ancora divisi e in conflitto. Frenarlo sarà la sfida più grande di questo nuovo governo Sanchez.

Umberto Cascone

Nasco a Savona in un rovente mattino di agosto del 2000. Sin da bambino mi interesso di tematiche militari, passione che porto avanti ancora adesso. Negli anni nuovi argomenti iniziano a affollarmi la mente: dalla politica estera a quella interna, passando per una dose abbondante di storia. L'università mi regala l'amore per la radio, che mi spinge a entrare in RadioIULM e a prendere le redini prima del reparto podcast (marzo 2022-ottobre 2023) e poi dell'intera emittente (settembre 2022-gennaio 2023). Ho tanta voglia di fare, di raccontare il nostro tempo, fatto anche di argomenti spesso trascurati, eppure importantissimi. Ci riuscirò? Sarebbe bello dire, alla Manzoni, che lo giudicheranno i posteri. Ma l'unica risposta sincera è: lo spero.

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