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Opposizione in Russia, un anno fa la morte di Navalny

Domenica 16 febbraio, a Mosca, centinaia di persone si sono riunite presso la tomba del dissidente politico Alexei Navalny, a un anno di distanza dalla sua morte, avvenuta in circostanze poco chiare in un carcere in Siberia.

La visita al cimitero

L’afflusso di gente è iniziato poco dopo l’apertura dei cancelli, alle 9, senza l’opposizione della polizia. Tra coloro che hanno preso parte all’iniziativa, ci sono stati ambasciatori e diplomatici di ambasciate europee (anche quella italiana), che hanno lasciato mazzi di fiori. Il momento emotivamente più impattante del pellegrinaggio al cimitero di Borisov si è avuto a metà giornata, quando è arrivata la madre di Navalny, Lyudmila, accompagnata dal marito Anatoly e dalla madre di Yulia Navalnaya, Alla Vladimirovna.

«Sappiamo perché stiamo combattendo: una Russia futura libera, pacifica e bella», ha detto la vedova Navalny, Yulia Navalnaya, in un video di quasi sei minuti pubblicato sui suoi profili social. Quella Russia «sognata da Alexei è possibile, fate di tutto per realizzare il suo sogno», ha esortato. «Ovunque voi siate, in Russia o all’estero, speriamo davvero che il 16 febbraio incontriate persone che la pensano allo stesso modo», ha detto Leonid Vokov, ex collaboratore di Navalny. Esiliati in vari Paesi, gli esponenti del movimento anti-Putin stanno cercando di rilanciare la lotta contro il leader del Cremlino, sfidando le autorità russe pronte a colpire severamente le critiche.

L’eredità di Navalny

Nell’ultimo anno l’eredità di Navalny si è frammentata in mille pezzi. Il 17 gennaio 2021 il dissidente russo aveva invitato i compagni oppositori a non disgregarsi. «Questa è casa mia…esorto tutti voi a non temere nulla, restando uniti», aveva detto. Furono le sue ultime parole. Pochi minuti dopo venne fermato, arrestato e condannato con pene sempre più severe per reati inventati.

All’indomani della morte di Navalny, il 16 febbraio 2024, il centro demoscopico Levada-Center ha svolto un sondaggio per capire la reazione dei russi. Al quesito su come si sentivano dopo la morte del dissidente, il 69 per cento delle persone «non provavano sentimenti particolari» e solo il 17 per cento parlava in modo generico di «tristezza e rammarico».

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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