Mentre gli occhi di mezzo mondo sono puntati sul G7 di Borgo Egnazia, la situazione politica francese non da cenno di raffreddarsi. Se la sinistra sembra aver trovato una quadra in vista delle elezioni anticipate del 30 giugno, la droite naviga ancora in altissimo mare. Candidati e leader si succedono dalle 7 di mattina su tutte le televisioni nazionali e in qualunque edizione di tg. Mentre Renaissance attende il ritorno del presidente Emmanuel Macron per concludere la sua campagna elettorale.
Una destra senza collanti
Sono ore di conflitto interno nel partito repubblicano neogollista. Venerdì 14 giugno un secondo ufficio politico – dopo quello di mercoledì 12 – ha riaffermato l’esclusione di Eric Ciotti dalla presidenza dei Républicains. Dei 103 votanti, solamente due non si sono espressi a favore. Il tutto poche ore prima che il Tribunale di Parigi esamini la legittimità della decisione. Una rivolta che è stata minimizzata dallo stesso Ciotti: «Sta diventando tutto una farsa», ha dichiarato. «La mia nuova esclusione è tanto illegale quanto la precedente».
Torna a parlare di fronte ai microfoni anche Marine Le Pen. La leader del Rassamblement National, primo partito francese, ha denunciato il doppiogiochismo dei repubblicani che si sarebbero già alleati in vari distretti con i centristi. Ha poi attaccato il presidente francese Macron: «Viola lo spirito e la lettera della Costituzione. Sta danneggiando tremendamente la democrazia: è il presidente solo del suo campo, non di tutti i francesi».
Le Pen non si è limitata solo a sferzare gli avversari. In pieno tono da campagna elettorale, ha promesso di istituire una commissione per verificare i conti della nazione. Questo – ovviamente – solo se il Rassamblement vincerà la doppia tornata a cavallo tra giugno e luglio. «Costruiremo un governo di unità nazionale», ha promesso la 55enne senza soffermarsi su quali parti andranno a costituire l’alleanza di destra. Nel frattempo, il suo candidato primo ministro Jordan Bardella ha assicurato che in almeno 70 collegi il partito collaborerà con i repubblicani.
La sinistra unita e l’escluso
I primi a trovare un assetto più o meno stabile sono i progressisti. Il Front Populaire – grande alleanza che include socialisti, ecologisti, comunisti e ribelli ‘insoumisti’ – ha già presentato un ampio programma composto da circa 150 misure. Tra queste l’abrogazione della riforma pensionistica, che aveva alzato l’età dai 60 ai 64 anni, e l’indicizzazione degli stipendi all’inflazione. Sarà affermato anche il sostegno «incrollabile» all’Ucraina e la condanna delle atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre.
Rimane da definire il nome del candidato. L’indipendente Raphaël Glucksmann, che sosterrà la coalizione dall’esterno, ha chiarito che a rappresentare la gauche francese non sarà Jean-Luc Mélenchon. Il segretario di La France Insoumise è percepito come troppo estremista: «Abbiamo bisogno di una persona che crei consenso interno».
E proprio dal candidato di punta per le ultime elezioni europee arrivano durissime sferzate contro Macron. «Ha aperto la strada al potere nel nostro Paese per l’estrema destra», è la denuncia di Glucksmann. «Il presidente ha una colpa immensa: aver gettato la Francia nel caos. Sta giocano con le istituzioni come se stesse giocando a poker».