Speleologa intrappolata, la lenta risalita dalla grotta

Prosegue la lenta ascesa dagli inferi di Bueno Fonteno di Ottavia Piana, la speleologa bresciana del Cai di Lovere che sabato 14 dicembre, intorno alle 22.30, è rimasta incastrata nelle viscere del Monte Torrezzo. Stando agli aggiornamenti di martedì mattina, sono meno di quattro i chilometri (più o meno due terzi del totale) che dividono il punto dell’incidente dall’uscita dei cunicoli: ci vorranno dunque tra le trentasei e le quarantotto ore per liberare Piana. La risalita, per mezzo di una barella trasportata da soccorritori, procede a circa cinquanta metri all’ora.

La donna, trentadue anni, aveva raggiunto la grotta – fino a quel momento inesplorata – per una mappatura a fini di studio. Nella discesa era però rimasta intrappolata nel dedalo di budelli e anfratti sotterranei, e nelle ore seguenti sono stati attivati dei soccorsi per il suo salvataggio.

La risalita

«Stazionaria, umore ottimo, tutto sta procedendo bene», assicura Corrado Camerini, medico e delegato del Soccorso alpino e speleo per la Lombardia. Nelle operazioni di soccorso, c’è chi porta la barella, chi mette i chiodi, chi martella la roccia, chi inserisce microcariche esplosive.

Un medico e un infermiere seguono la speleologa da vicino, fermando il gruppo nei «punti caldi» dove piazzano una tenda, aprono l’involucro dove lei è avvolta e controllano lo stato di salute. Nella caduta, Piana ha riportato fratture alle ossa del viso e del delle gambe.

Le comunicazioni tra l’esterno e l’interno della grotta sono garantite da un cavo telefonico che è stato posizionato lungo tutto il percorso. «Parla molto poco, ma dice che non entrerà più in una grotta», ha detto il dottor Rino Bregani, medico del Soccorso alpino, che l’ha visitata. La donna ha spiegato di voler «abbandonare la speleologia per sempre».

Il caso

Quello di questi giorni non è il primo incidente per la speleologa. Un anno e mezzo fa, infatti, era rimasta incastrata per oltre due giorni in una grotta del medesimo sistema carsico. Un situazione fotocopia a quella del 2023, dunque, che ha alzato un polverone mediatico sul web. In poche ore in Rete sono comparsi commenti come «Se le va a cercare» e «Quanto ci costa salvare questa sciroccata?»

Nel tentativo di arginare questo fiume in piena, Sergio Orsini, presidente della Società speleologica italiana, ha commentato: «Le ricerche che lei e il suo gruppo stanno conducendo non sono solo un’impresa sportiva ma rappresentano un contributo fondamentale alla mappatura del sottosuolo e all’analisi di risorse vitali come l’acqua che beviamo».

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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