Nell’industria dell’automobile e dell’automotive la fibra di carbonio è una presenza obbligata, rappresenta eleganza e aggressività allo stesso tempo. Il materiale si è imposto nell’immaginario degli appassionati grazie alla sua presenza di spicco sulle monoposto di Formula 1 e per i dettagli sulle auto sportive di marchi come Ferrari, Lamborghini, Porsche e BMW. Ora l’industria europea dell’automobile è a un punto di svolta. Una proposta dell’Unione Europea prevede il possibile divieto dell’utilizzo della fibra di carbonio per le auto a partire dal 2029 in tutti i Paesi dell’Unione.
La proposta
Stando a quanto riportato da Nikkei Asia, l’Unione Europea avrebbe inserito nella bozza della direttiva “End-of-Life Vehicles” una revisione legata alla pericolosità delle microfibre di carbonio, in quanto, se rilasciate nell’aria, potrebbero essere dannose a contatto con la pelle. La proposta punta quindi a inserire la fibra di carbonio nella lista dei materiali pericolosi, nella quale figurano già piombo, mercurio e cadmio.
Non si parla solo di aerodinamica o alleggerimento per la pista. Negli ultimi anni, la fibra di carbonio è diventata parte integrante del design anche nei modelli stradali. Cruscotti, sedili, specchietti, cerchi e persino piccoli dettagli di finitura vengono realizzati in questo materiale per dare un tocco racing alle auto più grintose.
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Trattandosi di una bozza, prima che il divieto diventi legge, la proposta dovrà attraversare un iter legislativo complesso. È probabile che i costruttori automobilistici facciano sentire la propria voce per cercare modifiche, deroghe o una proroga dei tempi. Quel che è certo è che, se il bando dovesse essere approvato, il mondo delle auto sportive, elettriche e leggere dovrà reinventarsi profondamente. La domanda che comunque resta è: perché la fibra di carbonio è stata inserita nella “black list” dell’Unione Europea?
Gli scenari possibili
Con la possibilità di una messa al bando entro quattro anni, i produttori dovranno accelerare la ricerca di materiali alternativi. Si parla di compositi a base di alluminio, magnesio o fibre naturali, ma nessuno di questi è ancora in grado di offrire lo stesso equilibrio tra leggerezza, resistenza e appeal visivo della fibra di carbonio. Le aziende fornitrici, e in particolare i brand di Germania e Italia, rischiano di subire contraccolpi economici significativi. Non è escluso che alcune realtà industriali decidano di trasferire parte della produzione fuori dall’UE per mantenere l’uso della fibra nei mercati extra-europei, soprattutto quei marchi che fanno della produzione di macchine ad alte performance il loro core business.
Il debutto nel mondo del motorsport
Meglio conosciuta come CFRP (Carbon Fiber Reinforced Polymer), la fibra di carbonio è un materiale sintetico rinforzato composto di filamenti che in genere si sviluppano intorno a una resina, che li mantiene in posa e li protegge, e con la quale si crea quello che definiamo un materiale composito resistente e leggero. Grazie alle sue caratteristiche di leggerezza e resistenza, la fibra di carbonio è diventata il materiale d’eccellenza per la realizzazione di imbarcazioni sportive, per impianti dell’industria eolica e soprattutto nel settore dell’aerospazio.

L’introduzione di materiali compositi in fibra di carbonio nei telai rivoluzionò il design delle auto, rendendole significativamente più leggere, forti e rigide. Questo sviluppo rivoluzionario trasformò il modo in cui i team sviluppavano il design delle auto e permise loro di spingere le prestazioni al limite. I compositi in fibra di carbonio furono effettivamente utilizzati per la prima volta nel motorsport alla fine degli anni ’70. Il loro uso si diffuse negli anni ’80, e la prima fu la McLaren nel 1981. Il team di Woking presentò una monoscocca in fibra di carbonio per la sua nuova monoposto, la MP4/1, che debuttò nel Mondiale di Formula 1 al Gran Premio d’Argentina il 12 aprile 1981.
Questione di identità
Il materiale è indubbiamente il simbolo delle hypercar, auto sportive di lusso ad alte prestazioni, caratterizzate anche dalla produzione in serie limitata e dall’elevatissimo prezzo. Uno dei primi a comprendere l’attrattiva della fibra di carbonio fu Horacio Pagani, che nel 1998 diede vita a Pagani Automobili a San Cesario sul Panaro, in provincia di Modena. Con la sua casa automobilistica Pagani voleva realizzare il proprio sogno: produrre un modello completamente in fibra di carbonio esposta. La prima auto debutterà al Salone di Ginevra del 1999: la Zonda, modello che montava un motore V12 Mercedes 6.0 litri da 450 CV aspirato. Il materiale diventerà presto il tratto distintivo del marchio Pagani, che produce all’anno solo 40 vetture, un limite che Horacio Pagani ritiene necessario per poter curare nei minimi dettagli auto che sono vere opere d’arte.

Da lì in poi tutti i produttori di hypercar europei, Koenigsegg (Svezia) e Bugatti (Francia) su tutti, hanno fatto della fibra di carbonio la propria ragion d’essere. Per la casa svedese l’apice è stata la produzione della Jesko Attack Odin. La macchina è realizzata completamente in fibra di carbonio esposta con finiture d’oro sulla carrozzeria. Il materiale è presente in ogni angolo della vettura, anche nei braccetti delle portiere diedrali. Si tratta di un’apertura studiata specificamente per la Jesko, che consiste nel far avanzare le portiere per poi ruotare di 90°.
A partire dagli anni 2000, l’azienda di Christian Von Koenigsegg è entrata in forte competizione con Bugatti. Koenigsegg è in lotta aperta per il record di velocità per un’auto stradale, detenuto attualmente dalla Koenigsegg Jesko Absolut. Si presume che Bugatti riuscirà a strappare il record per la velocità di punta con la Bugatti Bolide. L’auto è omologata solo per la pista, quindi il primato della Jesko Absolut è (per ora) al sicuro.