In Italia oltre due immigrati su tre fanno lavori al di sotto della loro preparazione

L’Italia è il peggior Paese in Europa per quanto riguarda la sovraqualificazione dei lavoratori immigrati laureati. Come mostra un’indagine pubblicata il 18 aprile da Lighthouse Report, in collaborazione con Financial Times e El Pais, nel Belpaese il 67,3 per cento degli immigrati con istruzione universitaria ricopre mansioni professionali inferiori al proprio livello di abilità. L’analisi, elaborata su dati relativi al periodo 2017-2022, non riguarda solo noi. Il cosiddetto “spreco di cervelli” (o brain waste), infatti, è un fenomeno che interessa decine di Paesi nel Vecchio Continente, incapaci di sfruttare al meglio le potenzialità dei nuovi arrivati. E che nuoce, oltre che ai migranti in arrivo, alle casse dei Paesi che li ospitano.

Un triste primato

Per valutare l’entità del brain waste in ogni Paese, lo studio di Lighthouse Report mette a confronto la presenza nel mercato del lavoro di professionisti sovraqualificati “Nativi” e “Immigrati”. Guardando ai dati relativi alla media europea, si nota che il 47,5% degli immigrati con istruzione universitaria è sovraqualificato per il proprio lavoro, rispetto al 32,9% dei nativi. Per quanto riguarda l’Italia, invece, gli immigrati laureati che svolgono mansioni al di sotto della loro preparazione sono il 67,3 per cento, mentre la corrispettiva quota dei nativi si ferma al 41,3 per cento.

Il grafico mostra le percentuali di lavoratori sovraqualificati, distinguendo tra nativi e migranti e mostrando poi il divario tra le due quote

La differenza tra questi due gruppi, pari a 26,1 punti percentuali, risulta la più alta a livello europeo. Generalmente, però, il divario lavorativo tra migranti e nativi è presente in tutta Europa. Oltre al Belpaese, si registrano gap notevoli anche in Grecia (22,7 per cento), Norvegia (22,5 per cento) e in Islanda (22,5 per cento).

Per quanto riguarda gli immigrati senza titolo universitario, invece, il gap tra i due gruppi di lavoratori è più contenuto. A detenere il primato in questa seconda classifica è il Portogallo, con un divario tra migranti e nativi pari 12,93 punti percentuali.

La provenienza e il genere

Come riportato da Lighthouse Report, non tutti i Paesi sono colpiti in uguale misura dal brain waste. Un primo parametro per misurare la differenza tra le situazioni nei vari Paesi è quello della provenienza del migrante. A riguardo, la ricerca mostra che, nella maggior parte dei casi, gli immigrati del Sud del mondo (Sud America, Africa, Asia) sono più colpiti dallo “spreco di cervelli” rispetto agli immigrati del Nord del mondo (Nord America, Europa, Oceania). Prendendo l’Italia, ad esempio, si nota che i lavoratori sovraqualificati provenienti dal Sud globale con laurea rappresentano il 71,5 per cento, mentre la stessa categoria ma originaria di un Paese del Nord globale si attesta attorno al 65,4 per cento. Il Paese dove la differenza tra queste due popolazioni è maggiore è Cipro, con un divario di 23,8 punti percentuali.

Il grafico mostra le percentuali di lavoratori sovraqualificati, distinguendo tra nativi, provenienti da un Paese del Sud del mondo e provenienti da un Paese del Nord del mondo

Un secondo parametro utile ad analizzare le differenze tra i vari Paesi è quello del genere del migrante. Secondo l’indagine condotta, sia gli uomini che le donne migranti hanno risultati peggiori sul mercato del lavoro rispetto agli uomini e alle donne autoctoni. Nel confronto tra i generi, in particolare, sono le donne ad avere maggiori probabilità di essere sovraqualificate rispetto agli uomini. In altre parole, il divario tra nativi e immigrati è maggiore per le donne che per gli uomini. In Italia, tuttavia, il gap di genere non è così evidente: solo 1,74 punti percentuali; a detenere il primato in questa classifica, invece, è ancora Cipro con 11,0 punti percentuali.

Il grafico mostra le percentuali di lavoratori sovraqualificati, distinguendo tra uomini e donne nel rapporto tra nativi e migranti
I costi dello spreco

Lo “spreco di cervelli” ha un costo per l’economia complessiva del Paese, che non sfrutta i talenti in arrivo. Sebbene sia complicato stimare l’esatto costo dei brain waste, è certo che l’aggiunta di lavoratori all’economia potrebbe consentire una crescita. Ciò è stato verificato con la realizzazione di due modelli teorici: il primo è basato sulla domanda “quanto potrebbero guadagnare gli immigrati in termini di salari se guadagnassero come i nativi?”; il secondo si articola in maniera analoga al primo, con l’aggiunta della variabile relativa all’istruzione del migrante.

I risultati tratti dall’analisi mostrano che le economie europee potrebbero crescere di 33,8 miliardi di euro (o dello 0,36% del PIL annuo) se gli immigrati guadagnassero quanto i nativi. Oltre a ciò, se il tasso di sovraqualificazione degli immigrati scendesse al livello dei nativi, le economie europee potrebbero guadagnare 2,4 miliardi di euro (o lo 0,03% del PIL annuo).

 

 

 

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

No Comments Yet

Leave a Reply