Quanto fanno guadagnare la cultura e l’arte a Milano? Lo scorso 3 dicembre al Museo del Novecento alcuni dipendenti dei Musei civici si sono incatenati nell’atrio della struttura. Non abbastanza, sembrerebbe.
La protesta è stata organizzata dal sindacato Usb (Unione sindacale di base). I lavoratori chiedono un contratto che gli permetta di vivere dignitosamente nel capoluogo lombardo. Uno degli striscioni titolava Museo “dei 900 euro al mese”. Anche se i numeri parlano di molto meno.
La protesta
Ne è convinto uno dei manifestanti, Dario, che lavora per i Musei civici del Comune: «Adesso prendo sei euro netti l’ora, con il contratto Federculture sarebbero nove». Un aumento di oltre il 30 percento sulla busta paga che «il Comune ci aveva promesso e per il quale manifestiamo». Dario lavora da anni nelle biglietterie e all’interno delle sale, dove gestisce gli ingressi e dà indicazioni ai turisti.
Con lui c’era anche Enrico, che lavora da soli due mesi per una delle cooperative di appalto che forniscono servizi di accoglienza, ossia Società Cooperativa Culture. «Ho un contratto in collaborazione a chiamata – racconta –. Prendo otto euro e quaranta lordi, ovvero poco più di sette euro netti». Enrico ha una Laurea Magistrale in Ingegneria del suono e lavora nelle sale del Museo, dando indicazioni ai turisti sulle aree interne e sulle opere.
Paghe troppo basse secondo gli organizzatori della protesta, i membri dell’Usb. «Lo sciopero vuole ribadire che le condizioni in cui si lavora nei musei civici di Milano non permettono di vivere dignitosamente – denuncia in una nota il sindacato –. Settecento o novecento euro al mese non sono sufficienti neanche per pagare l’affitto a Milano, figuriamoci per viverci».
«Chiediamo a gran voce un incontro al Comune di Milano – prosegue lo scritto – e alle aziende, perché si arrivi a un accordo vincolante che indichi il Federculture come unico contratto per i lavoratori del settore e che riconosca il giusto livello del contratto con cui stanno lavorando nell’attuale appalto».
Gli attori
La società Cooperativa Culture opera in raggruppamento temporaneo di impresa con Dussmann, un altro fornitore di servizi, per la custodia delle sedi museali. Ma le paghe dei dipendenti sono ben lontane a quelle consone a un lavoro come quello all’interno di un Museo, che richiede preparazione e competenza.
Secondo i sindacati, infatti, il contratto standard di Federculture «risponde in maniera più adeguata alla tipologia di lavoro svolta e offre migliori condizioni economiche e tutele normative». Ma questa storia ha avuto inizio sul finire dell’estate del 2022. A settembre dello scorso anno «era stato indetto il bando per i servizi di custodia delle sedi museali – spiega Fabrizio Chirico, dirigente del Comune di Milano –. L’amministrazione ha scelto di dare il massimo punteggio alle aziende che avrebbero applicato il contratto Federculture. Ma nessuna ha fatto questa scelta».
Le prime tre società nella graduatoria del bando prevedevano rapporti di lavoro con una retribuzione inferiore a quella di Multiservizi, che «prevede un inquadramento che risponde alle caratteristiche del lavoro svolto», conclude Chirico. Cooperativa Culture, quarta in classifica, ha ottenuto l’appalto perché proponeva il contratto Multiservizi. E andando a rileggere proprio quel capitolato d’appalto, si vede che il Comune di Milano cercava «un servizio qualificato di accoglienza con conoscenza delle lingue straniere come requisito minimo». Invece l’operaio con contratto Multiservizi fa un «lavoro di mera e passiva sorveglianza».
La risposta del Museo
Rossella Molaschi, responsabile della comunicazione del Museo del Novecento, ci ha spiegato che al momento il Museo non può rilasciare dichiarazioni alla stampa. Tutto tace, sembrerebbe. Ma i dipendenti non possono aspettare. «L’intero stipendio rientra nel prezzo dell’affitto», confessa Enrico. «Le spese le abbiamo tutti, ormai andare al supermercato ha un peso», sottolinea Dario. E il sindacato rincara la dose: «A Milano come si può vivere con seicento euro al mese, quando una singola stanza in affitto ne costa almeno settecento?»
I dati ufficiali parlano di circa 180 persone coinvolte. Ma, in realtà, la cooperativa racchiude ben 300 lavoratori. E coloro che sono interessati al passaggio dal contratto Multiservizi a quello di Federculture sono molti di più. «Non ci sono solo i dipendenti dei Musei civici, questa protesta coinvolge anche molto del personale delle biblioteche e dei teatri». Insomma, sono oltre un migliaio le persone coinvolte.
Il Comune, da noi contattato sulla questione, ha dichiarato che questo passaggio contrattuale deve avvenire attraverso le cooperative. L’amministrazione non può occuparsene in prima persona. In questo senso un recente ricorso del Tar si è pronunciato a favore del Comune di Milano.
La sentenza del Tar
Federculture ha sottolineato che «la recentissima sentenza del Tar Lombardia n. 2080 del 28 novembre 2023 ha rigettato il ricorso proposto» da una delle cooperative «esclusa dalla gara per l’affidamento dei servizi di accoglienza e reception». L’offerta non era stata giudicata adeguata a causa del costo del lavoro troppo basso.
Federculture aggiunge che «già il tribunale del lavoro di Catania nella sentenza del 21 luglio 2023 aveva giudicato non conforme all’art. 36 della Costituzione la paga oraria prevista dal contratto Vigilanza Privata e servizi fiduciari». D’altronde non si tratta di vigilanti, ma di veri e propri esperti nelle relazioni pubbliche.
In precedenza, la situazione era ancora peggiore. Per cinque anni i dipendenti del Museo del Novecento avevano in essere il contratto “Servizi fiduciari”, la cui paga era ancora più misera: tre euro e ottanta per un’ora di lavoro. Lo ricorda Grazia, una delle lavoratrici della struttura.
D’altro canto la riforma del codice dei contratti pubblici ha portato grandi novità. In particolare, l’art. 11 commi 2° e 3° del nuovo codice, sancisce che la scelta del Comune debba ricadere sul contratto che garantisca al lavoratore «le migliori tutele sotto il profilo normativo ed economico». Il problema arriva quando la tutela lavorativa migliore non è comunque coerente con l’incarico, come nel caso in questione.
Gli altri Musei milanesi
I Musei civici, però, non sono l’unico genere di struttura museale a Milano. Nel capoluogo ci sono anche Musei Nazionali, come il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci. Senza dimenticare quelli regionali, come ad esempio il Cenacolo Vinciano. In questi casi la gestione dei contratti dei dipendenti è ben diversa. L’ente che fa capo ai Musei Nazionali è il Ministero per i Beni e le Attività culturali e il turismo. Ciò fornisce ai dipendenti delle garanzie e delle tutele maggiori.
Come riportato nel contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) di Federculture, la retribuzione minima dal 2021 per un dipendente a tempo indeterminato di fascia A – il livello più basso – supera gli 11 euro l’ora. Il contratto è attivo per tutti i dipendenti ministeriali e regionali. Insomma tra un museo e un altro, a seconda dell’ente amministratore, la paga dei dipendenti cambia drasticamente.
«Non si può vivere così – conclude Enrico –. Come lavoro stabile è impossibile». E infatti sta pensando di cambiare carriera. Ma una figura capace di interfacciarsi in varie lingue e di rispondere alle domande dei visitatori resta un tipo di professionalità indispensabile per tutti i musei. Non solo per quelli milanesi. Il contratto attuale scadrà a luglio 2026. Ma nel frattempo, Usb promette battaglia.