Nella serata di giovedì 14 dicembre il Consiglio europeo, riunito a Bruxelles, ha approvato l’avvio dei processi di adesione all’Ue di Ucraina e Moldavia. Non solo: è stato conferito lo status di “Paese candidato” alla Georgia ed è stata invitata la Bosnia-Erzegovina a presentare domanda di ingresso. Una serie di provvedimenti attesi da tempo e che mettono in luce l’impegno continentale contro la Russia di Vladimir Putin. Ma che mostrano anche le difficoltà interne dell’Unione, che in questo momento hanno un nome e un cognome: Viktor Orban.
Una decisione attesa a lungo
Soddisfazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Una vittoria per l’Ucraina». Certamente, se non una vittoria, la decisione europea è un grande sospiro di sollievo per Kiev. Dopo una parziale porta in faccia da parte degli USA alla richiesta di nuovi aiuti militari pochi giorni fa, la mossa dell’Unione aiuta il Paese a non sentirsi abbandonato dall’Occidente. Inoltre, la prospettiva di ingresso fornisce garanzie di sicurezza future, tanto a livello politico quanto economico e militare.
Gioioso anche il commento della presidente moldava Maia Sandu: «Si apre un nuovo capitolo della nostra storia», scrive su X. Il piccolo Stato, stretto tra Romania e Ucraina, attendeva da tempo di accedere alla grande famiglia europea. La guerra ha accelerato i tempi, anche considerando la minacciosa presenza di truppe russe nella regione separatista della Transnistria, nell’est del Paese.
Putin circondato
A far riflettere, al di là delle adesioni avviate, dovrebbe essere la candidatura della Georgia. Situata nell’ovest del Caucaso, la piccola ex-repubblica sovietica è il più occidentalizzato dei Paesi dell’area (gli altri sono Armenia e Azerbaijan). Da lungo tempo le autorità di Tbilisi chiedono un avvicinamento a Europa e Stati Uniti, con cui sono già attive molte partnership strategiche.
È soprattutto la difesa a preoccupare la Georgia. Stretto tra due grandi vicini (Russia e Turchia), il Paese cerca maggiore sicurezza. Per questo chiede da tempo l’ingresso nella Nato, che assicurerebbe la non aggressione di Ankara a sud e fornirebbe deterrenza da Mosca a nord. Anche considerando le due autoproclamate repubbliche sul suo territorio, l’Abcasia e l’Ossezia del Sud, che ospitano truppe russe. Se la Georgia accedesse all’Unione Europea avrebbe la strada spianata per entrare anche nell’Alleanza Atlantica. Che, in questo modo, espanderebbe la propria linea di contatto con la Russia in una zona finora intoccata. L’esatto opposto di ciò che Putin voleva ottenere invadendo l’Ucraina.
Una questione ungherese
Tornando a Kiev, se l’Ucraina inizierà il processo di adesione all’Unione Europea lo farà con buona pace di Viktor Orban. Isolato dai restanti 26 membri, il leader ultraconservatore ungherese non ha posto il veto, garantendo il voto all’unanimità richiesto dai trattati europei. La scena, come racconta El Pais, è stata quasi surreale. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, di comune accordo con gli altri leader, ha invitato il Primo ministro ungherese a uscire dall’aula per permettere l’adozione della mozione. Orban non ha opposto resistenza. E la votazione è andata come previsto.
Si tratta di una tregua raggiunta dopo mesi di contrattazioni diplomatiche. La svolta il 13 dicembre, quando la Commissione europea ha sbloccato i 10 milioni di euro congelati per le violazioni ungheresi del rule of law, principio cardine dell’Ue, parzialmente risolte grazie a una serie di riforme giudiziarie. Tradotto: l’Unione fa un accetta un compromesso sulla giustizia ungherese, se Budapest chiude un occhio sull’ingresso di Kiev. Ma la concordia è durata poco. Nel pomeriggio, Orban si è discostato dalla risoluzione sui suoi social: «Altri 26 Paesi hanno insistito affinché questa decisione fosse presa». E ha poi ha dato la stoccata finale nella riunione notturna, ponendo il veto su un pacchetto da 50 miliardi di euro in supporto alla controffensiva di Kiev. Ricordando a tutti che sì, l’Ungheria è membra dell’Unione Europea, ma anche alleata preziosissima di Putin.
Tanti piccoli Orban
A questo punto, però, si profilerebbe un rischio da non sottovalutare. In Consiglio europeo, l’organo che riunisce tutti i capi di Stato e di Governo dei Paesi Ue, tutte le decisioni infatti devono essere prese all’unanimità. Ciò significa che anche un solo Stato può far saltare qualsiasi tipo di accordo. Vedi, per esempio, l’Ungheria.
Perciò, se dovessero entrare i Paesi sopra citati, l’Unione Europea potrebbe ritrovarsi in casa tanti piccoli Orban. Il cosiddetto Blocco di Visegrad, al momento composto da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, potrebbe così allargarsi ulteriormente. E non sarebbe proprio un’ottima notizia per tutti i Paesi più influenti in Ue. Su tutti: Germania, Francia e Italia.