Il Partito Socialista Catalano (PSC) ha vinto le elezioni nella regione autonoma della Catalogna di domenica 12 maggio. La chiamata alle urne si è svolta con un anno d’anticipo rispetto alla data prevista, poiché il presidente Pere Aragonès a marzo aveva dovuto sciogliere il parlamento, essendo venuta meno una maggioranza al governo. Con più del 99 per cento dei voti scrutinati, il partito guidato da Salvador Illa ha ottenuto il 27,94 per cento delle preferenze, corrispondenti a 42 seggi su 135 da assegnare. Male invece gli indipendentisti: Junts per Catalunya di Carles Puigdemont non è andato oltre il 21,64 per cento, una quota equivalente a 35 posti nella camera catalana.
Ciutadans i ciutadanes de Catalunya: em comprometo a fer realitat un nou futur i a obrir una nova etapa d’esperança, a Catalunya.
Em comprometo a millorar la vida de tots els ciutadans i ciutadanes de Catalunya, visquin on visquin, vinguin d’on vinguin, pensin el que pensin,… pic.twitter.com/qgkbeMv09A
— Salvador Illa Roca/❤️ (@salvadorilla) March 16, 2024
I temi caldi
A pesare nelle scelte dei quasi sei milioni di elettori sono stati criteri diversi dalla consueta battaglia per l’autonomia. Dopo anni in cui la politica catalana si era focalizzata sull’indipendentismo, infatti, questa volta si è parlato anche di sanità, istruzione, spesa pubblica e dei gravi problemi di siccità che hanno segnato la regione negli ultimi mesi.
Non solo: secondo diversi esperti, la vittoria registrata dal PSC potrebbe essere l’esito della controversa legge di amnistia proposta dal premier Pedro Sanchez a beneficio dei nazionalisti che conducono attività in chiave separatista. Tale provvedimento, in diritto d’arrivo nel parlamento di Madrid, da un lato aveva permesso a Sanchez di confermarsi nel suo ruolo di primo ministro lo scorso novembre, e dall’altro – se approvata – potrebbe consentire a Puigdemont e ad altri di tornare dall’esilio. A conferma di ciò, a margine della chiusura dei seggi elettorali, Illa ha dichiarato che tra i fattori che hanno contribuito al sorpasso ai danni degli indipendentisti, «ci sono le politiche attuate dal governo spagnolo e dal suo primo ministro, Pedro Sánchez, al quale va il mio riconoscimento e il mio ringraziamento».
Pronta la risposta su X del premier spagnolo, che salutato con favore la vittoria del suo partito in Catalogna: «Congratulazioni a Salvador Illa per questo storico risultato ottenuto in Catalogna. Noi socialisti siamo di nuovo la prima forza. Da oggi inizia in Catalogna una nuova tappa per migliorare la vita dei cittadini, ampliare diritti e rafforzare la convivenza».
Enhorabuena, @salvadorilla, por este histórico resultado conseguido en Catalunya.
Los socialistas volvemos a ser la primera fuerza.
Desde hoy se abre una nueva etapa en Catalunya para mejorar la vida de la ciudadanía, ampliar derechos y reforzar la convivencia.
Quiero…
— Pedro Sánchez (@sanchezcastejon) May 12, 2024
Indipendentismo in calo
Il risultato, che rispecchia le aspettative dei sondaggi, rappresenta una svolta per il governo catalano: per la prima volta dal 2006, infatti, nel gruppo di maggioranza di Barcellona non ci sarà un partito indipendentista. Complessivamente, i tre partiti a favore dell’autonomia regionale hanno accumulato voti per 59 seggi su 135 totali, fermandosi a sette distanze dalla maggioranza assoluta degli scranni parlamentari. Nel 2021 il macrogruppo pro indipendenza aveva superato la soglia dei 68 seggi, aggiudicandosi 74 poltrone nella camera.
Ad accumulare più voti tra gli indipendentisti è stato Junts, partito di centrodestra guidato dall’ex presidente della regione Carles Puidgemont, in esilio nella cittadina francese di Albera, da cui ha guidato la campagna elettorale. «Spero sia l’ultima giornata dell’esilio di molte persone che sono fuori, che hanno passato molti anni all’estero ed è già ora che tornino a casa», ha dichiarato il capogruppo indipendentista. Puigdemont è stato cacciato dalla Spagna nel 2017, a seguito del referendum da lui indetto a favore dell’indipendenza della Catalogna, ritenuto illegale dal governo di Madrid.
Un gradino sotto si è collocata la lista di centrosinistra Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), che ha ottenuto 13,68 per cento dei voti, corrispondenti a 20 seggi parlamentari, 13 in meno rispetto al 2021. Candidato di punta del partito è l’attuale governatore della Catalogna, Pere Aragonès, che, dopo aver esercitato il proprio diritto di voto, ha detto: «Vorrei invitare tutti i cittadini catalani a votare pensando alla Catalogna, ai nostri diritti e alle nostre libertà. Oggi abbiamo il futuro del Paese nelle nostre mani».
Perde rappresentanti alla camera anche Candidatura d’Unitat Popular (CUP), il terzo partito indipendentista nella regione autonomia spagnola: da 9 seggi del 2021, da quest’anno ne avrà 4, come esito del 4 per cento dei consensi ricevuti.
Rebus per i socialisti
Il Partito Socialista Catalano (PSC) è uscito trionfante dalle urne. I 35 scranni ottenuti, però, non sono sufficienti per governare. Per raggiungere la maggioranza assoluta alla camera catalana, pari a 68 seggi, la lista di Salvador Illa dovrà allearsi ad altri gruppi.
Indipendentisti a parte, nel panorama politico catalano ci sono i gruppi di destra Partito Popolare, a cui spettano 15 seggi (10,97 per cento), e Vox, con 11 deputati in parlamento (7,95 per cento), e quello di sinistra Comuns, a cui andranno 6 scranni (5 per cento). Nel caso in cui non risulti possibile trovare un compromesso tra gli attori in gioco non si escludono nuove elezioni.
Tra gli scenari dei possibili inciuci di governo, il più probabile risulta l’intesa tripartita tra PSC, ERC e Comuns. Quest’ultimo partito potrebbe abbandonare le proprie istanze autonomiste e prendere parte alla maggioranza nella camera catalana. Una soluzione che tranquillizzerebbe parecchio Sanchez, che avrebbe una gatta pelare in meno da qui alla fine della legislatura. Se così fosse, il compromesso siglato in Catalogna confermerebbe come efficace la linea della “concordia” portata avanti dal premier spagnolo dal 2018, che ha avuto il suo apice nella legge sull’amnistia.