Twitter, la libertà di parola e le intenzioni di Elon Musk

Elon Musk vuole cambiare il mondo e per farlo incomincia comprando Twitter. Il ceo di Tesla, con un’operazione da 44 miliardi di dollari per l’acquisto della piattaforma, ha come progetto ambizioso il ritorno alla libertà di parola che «è alla base del funzionamento di una democrazia e Twitter è la città digitale, la piazza in cui si dibattono le questioni vitali per il futuro dell’umanità».
Cosa significa dibattito democratico in un ecosistema virtuale? Andrea Miconi, professore di Sociologia dei media presso l’Università IULM, racconta le sfide, la complessità e il valore del “free speech” nell’agorà digitale.

ANDREA MICONI è professore di Sociologia dei media presso l’Università IULM di Milano. Si occupa di teoria dei media e di storia dell’industria culturale.
Elon Musk parla di democrazia nella piazza digitale di Twitter. Cosa significa concretamente democrazia sui social?

Io credo che più che di democrazia si debba discutere direttamente di libertà. C’è un malinteso dietro la retorica di Musk, non dice nulla che non si sappia già: quando c’è libertà di parola ognuno può dire quello che vuole, se qualcuno pone un limite non si può parlare di libertà. Nel nostro, che è un sistema democratico, ognuno paga le conseguenze di ciò che dice e diffonde.

Il ceo di Tesla preme sul free speech e sull’eliminazione di ogni censura. Questo renderà Twitter un posto migliore?

Trovo surreale che qualcuno pensi davvero che Musk spenda 44 miliardi di dollari perché ha interesse nel free speech. Qualunque cosa abbia in mente Musk non è sicuramente restituire la libertà di espressione al mondo. Il problema alla base, il nocciolo della questione, è che chiunque gestisce le piattaforme social ha sempre un orientamento di opinioni in senso politico.

Come si migliora una piattaforma social?

Non è un problema facilmente risolvibile. Indipendentemente dal livello di controllo, regolamentazione, algoritmi, bisogna prima chiedersi se le piattaforme siano neutrali o se siano editori. Facciamo l’esempio del proprietario di un bar, se qualcuno entra e inizia a diffondere fake news il proprietario non se ne assume le responsabilità. Al contrario se il padrone decide chi far entrare chi si e chi no nel bar, in base alle idee politiche, allora paga le conseguenze di quello che succede nel suo locale.

C’è chi pensa che con l’eliminazione della censura si potrà andare contro il “pensiero unico dominante” altri credono che Twitter diventerà un ambiente tossico…

In questo dibattito hanno torto tutti. Sinistra e destra. Pensiamo a quando Trump è stato bannato da Twitter, nella stessa settimana sulla piattaforma proliferavano i contenuti pubblicati dai talebani mentre raccontavano in diretta la marcia su Kabul. Su Twitter, come su ogni social, ci sarà sempre il brutto e il bello ed è molto complesso inquadrare questi aspetti in una regolamentazione.

Il dibattito social è dibattito pubblico. Quale è il ruolo deli algoritmi in questo discorso?

I social sono specchio e parte della realtà, sono uno dei tanti piani in cui la realtà prende corpo e le persone costruiscono la loro vita, formano le loro opinioni. La complessità nasce dal fatto che non si conoscono le dinamiche che sottendono gli algoritmi, però rimane il fatto che quando qualcosa ha un forte eco nella realtà fattuale, come le azioni dell’ex presidente Americano, entrano in gioco altri fattori e di certo Trump non viene bannato dagli algoritmi ma da chi decide consapevolmente.

 

Eleonora di Nonno

Classe '99, pugliese ma abito il momento. Divoratrice di libri e inguaribile ficcanaso. Per descrivermi ecco le rime di Caparezza: "L'inchiostro scorre al posto del sangue; Basta una penna e rido come fa un clown; A volte la felicità costa meno di un pound".

No Comments Yet

Leave a Reply