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Centri per migranti in Albania, ipotesi di trasformarli in Cpr

Si tratta ancora di un’ipotesi, ma i centri per migranti in Albania potrebbero diventare Cpr – Centri di permanenza per rimpatri. Ciò che cambierebbe se la proposta venisse accettata è che i centri di Gjader non sarebbero più adibiti a semplici centri di accoglienza. Diventerebbero centri di rimpatri, il destino dei migranti sarebbe quindi quello di ritornare al proprio paese di origine. La scelta, che dovrà essere siglata o meno da un decreto legge, arriva dopo le tre bocciature consecutive da parte dei giudici della Corte d’Appello di Roma. In ogni caso, devono ancora esporsi i magistrati della Corte di Giustizia Europea su quali siano o meno i paesi sicuri. Il loro parere dovrebbe arrivare entro il 25 febbraio.

L’ipotesi del Governo

La verità è che i centri di accoglienza in Albania sono vuoti. Ecco perché Fratelli d’Italia propone di utilizzarli come Cpr senza attendere il parere della Corte di Giustizia Europea. Anche se il Governo cerca di battere tutti sul tempo e di aggirare una possibile risposta negativa da parte dell’Europa, il gruppo Forza Italia tenta di frenare.

L’ipotesi è stata discussa venerdì 7 febbraio. In una riunione tra la premier Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario di Palazzo Chigi Alfredo Mantovano. Centri per migranti sui quali pende un decreto di espulsione esistono già in Italia. Ma la preoccupazione è che le strutture di Gjader e di Shengjin, quindi l’accordo con Tirana, possano saltare.

In sostanza, i migranti che devono essere rimpatriati e che ora si trovano in Italia potrebbero essere portati in Albania e attendere lì. Così si giustificherebbero i fondi investiti per la costruzione dei centri e l’accordo tra Meloni e il premier albanese Edi Rama.

L’Europa

Appena la notizia è giunta alla Commissione Europea questa ha cercato di sottolineare che i Cpr dovranno contenere garanzie per gli individui. Ma oltre a tutto dovranno anche prevedere accordi con i paesi terzi e attenersi al Diritto Internazionale. Il problema rimane il nodo dei “paesi sicuri”. Il 4 ottobre 2024 i giudici di Bruxelles hanno deciso di designare uno Stato come sicuro anche se tale valutazione non si applica all’intero territorio.

Eppure, l’ultima parola spetta al Giudice che deve effettivamente dire se un paese può essere o meno valutato come sicuro. Trasformando i centri albanesi in Cpr i magistrati non dovrebbero più esporsi sul trattenimento, perché le procedure per il rimpatrio si sarebbero concluse già prima. Non varierebbe nulla dai Cpr italiani e il controllo resterebbe alle forze dell’ordine italiane. La decisione potrebbe arrivare già alla fine di questa settimana.

Francesca Neri

Laurea triennale in Storia Contemporanea all'Università di Bologna. Laurea Magistrale in Scienze Storiche e Orientalistiche all'Università di Bologna, con Master di I Livello in African Studies all'Università Dalarna.

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