La Finlandia chiude tutti i valichi di frontiera con la Russia. Ne rimarrà operativo, per adesso, solo uno. Risultato di una guerra fredda tra il governo di Mosca e quello di Helsinki riguardo al continuo flusso di migranti verso il Paese scandinavo.
La decisione di Petteri Orpo
A partire da venerdì 24 novembre il passaggio tra i due stati sarà possibile esclusivamente nella località di Raja-Jooseppi, nel nord della Lapponia. E solo per i turisti, fanno sapere gli ufficiali finlandesi. Tutti gli altri sette punti di accesso, distribuiti sugli oltre 1300 chilometri di confine, saranno invece sbarrati. Misura già attiva da una settimana in quattro di questi, dove le forze dell’ordine stanno iniziando a innalzare vere e proprie barriere. Frontex, l’agenzia dell’Unione Europea per la gestione di coste e confini, ha annunciato che invierà 60 agenti per aiutare il controllo di quelle zone.
«Sono anni che la Russia tenta di creare malcontento, di scuotere l’unità dell’Europa e di indebolire l’alleanza l’ordine occidentale». Le parole del primo ministro Petteri Orpo rivolte al Parlamento di Helsinki non lasciano molto spazio a interpretazioni. Il dito è puntato direttamente contro il Cremlino. E la posizione è rigida: «La risposta della nostra nazione deve essere chiara e forte. Non può essere scossa». Il timore è quello di «serio pericolo per l’ordine pubblico e per la sicurezza nazionale». Insomma, una sorta di crash test per vedere fino a che punto può reggere il sistema di gestione dell’immigrazione finlandese. Cui si aggiungerebbe, secondo Orpo, il rischio di accogliere «criminali o persone radicalizzate».
Il deterioramento della situazione al confine era evidente alle forze dell’ordine ormai da tempo. E l’esecutivo non ha mai avuto dubbi riguardo alle cause di tutto ciò. Sarebbero le autorità russe a favorire l’esodo di migranti e richiedenti asilo, per lo più provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa. Le nuove restrizioni renderanno praticamente impossibile l’accesso a chi non possiede documenti validi. E, teme il governatore della regione limitrofa russa del Murmansk, creerà un ammasso di persone non gestibile in zone che non sono abituate a essere densamente popolate. Da qui la decisione del regime di alta allerta.
Il rapporto Mosca-Helsinki
I rapporti tra i due Paesi avevano già iniziato a deteriorarsi in maniera irrecuperabile dal 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione in Ucraina da parte delle forze di Vladimir Putin. Svanisce l’illusione creata dagli equilibri traballanti tra le potenze europee. Si diffonde, soprattutto nelle zone limitrofe o vicine alla Russia, la paura che Kiev sia solo il primo obiettivo di un progetto più ampio.
Forse un folle piano per la ricostituzione di una utopica Unione Sovietica. Non a caso due nazioni scandinave, Svezia e Finlandia stessa, reagiscono chiedendo nell’aprile 2022 di poter entrare a far parte della Nato. E mentre Stoccolma deve ancora attendere il sì definitivo della Turchia di Erdogan per raggiungere l’unanimità, Helsinki ha già occupato il trentunesimo posto al tavolo dell’Alleanza Atlantica.
Il botta e risposta con il Cremlino
Una volta ufficializzato l’ingresso, Petteri Orpo ha iniziato ad affrontare pubblicamente il tema del flusso migratorio con ben altri toni rispetto al passato. Solo nel mese di novembre sono oltre 700 le persone che hanno oltrepassato il confine, 75 solo da giovedì. Un aumento netto rispetto ai mesi precedenti secondo le autorità frontaliere.
Le posizioni da parte del governo di Helsinki sono state prontamente respinte da Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo: «Sono accuse infondate, è disinformazione». E, su un messaggio via Telegram, si è detta disponibile ad aprire un dialogo con la Finlandia. In tutta risposta, il 22 novembre Orpo e il suo esecutivo hanno rincarato la dose. «La Russia usa deliberatamente i civili per i suoi scopi, dirigendoli verso la frontiera». E tra questi scopi ci sarebbe anche il tentativo di polarizzare la società finlandese. Rischi che sono stati avvertiti anche da Estonia e Lettonia, che hanno definito Putin «il burattinaio di un’operazione ibrida di attacco».