“We can be heroes, just for one day” cantava David Bowie nel 1977. Tutti possiamo essere eroi, anche solo per un giorno. Un’idea che Adama Sanneh, co-fondatore e amministratore delegato di Moleskine Foundation, ha trasformato in un obiettivo, uno scopo da perseguire per innescare un cambiamento concreto attraverso la creatività.
«La domanda che bisogna porsi è: in che modo si possono costruire istituzioni creative e processi creativi?», ha affermato Sanneh sul palco dell’Università Bocconi, a Milano, in occasione del forum internazionale Pact4Future – Il futuro prende forma, organizzato in collaborazione con il Corriere della Sera.
All’incontro di mercoledì 27 marzo, dedicato al tema del purpose – lo scopo -, si sono alternate personalità del mondo della cucina, della finanza, dell’imprenditoria e dell’intelligenza artificiale. Come Davide Oldani, chef due Stelle Michelin, che nel suo ristorante D’O propone un menù “pop”, con l’obiettivo di «far assaggiare a quante più persone possibili una cucina diversa, buona. Quella dei grandi maestri, una cosa che vent’anni fa non si credeva possibile». Oppure come Roberta Ventura, fondatrice di SEP the brand, che con la sua azienda tessile ha dato lavoro a più di 500 ricamatrici nel campo di Jerash, in Giordania.
Sul palco sono intervenuti anche Alberto Cartasegna, co-fondatore di Miscusi Family, Allen Blue, co-fondatore di LinkedIn, Stefania Di Bartolomeo, CEO e fondatrice di Physis Investment, Francesca Rossi, AI ethics global leader di IBM, e Mario Corti, senior partner di KPMG Italia.
“Colui che fa dal niente”
«La creativa è un atteggiamento, un mindset, un modo di fare», ha precisato Sanneh, sottolineando come lo scopo della creatività risieda nella parola stessa. «Deriva dal sanscrito kar-tr, che significa ‘colui che fa dal niente’». Un’idea che si riflette nell’attività di Moleskine Foundation, organizzazione non-profit che promuove iniziative capaci di ispirare giovani leader creativi che vogliono cambiare il proprio futuro e quello della loro comunità.
Trasformare l’ordinario in straordinario
Secondo Sanneh, la leadership creativa si basa su quattro principi guida. Il primo è la «consapevolezza personale, che porta a essere scettici anche sulle proprie certezze». Il secondo ha a che vedere con l’ubuntu, termine della lingua bantu che può essere tradotto come “umanità verso gli altri”. «Questa parola africana si è diffusa in Europa negli anni Novanta grazie a Nelson Mandela. Secondo questo concetto, l’umanità di una persona è intrinsecamente connessa a quella degli altri. L’ubuntu spazza via la dicotomia fra me e te», ha spiegato Sanneh.
Il terzo pilastro della leadership creativa è l’amore, «non in termini romantici, ma etici». L’ultimo, invece, è il coraggio, cioè «l’abilità senza la quale tutte le altre caratteristiche positive non possono essere innescate». In poche parole, quindi, il leader creativo è un architetto sociale che «trasforma l’ordinario in straordinario», ha sintetizzato l’ad di Moleskine Foundation.
I pionieri della creatività (e del cambiamento)
La creatività, però, deve fare i conti anche con il presente. «Noi siamo nell’era della creatività, ma oggi la difficoltà maggiore è immaginare il futuro a causa della rapidità del cambiamento», ha affermato Sanneh. L’antidoto è rappresentato dai Creativity Pioneers, dei changemakers che innescano una trasformazione guardando sé stessi al di là del contesto attuale. «Si tratta di persone che, attraverso la creatività, danno vita a un cambiamento nelle loro comunità». La chiave sta nel mettere continuamente in discussione le proprie certezze: «La capacità di risolvere i problemi risiede nella qualità delle domande che ci poniamo», ha concluso Sanneh.