La Peste suina africana torna a far tremare il mercato globale

La Peste suina africana (Psa) torna a far paura in 114 comuni italiani, tra Piemonte e Liguria. In seguito al ritrovamento di carcasse di cinghiali risultati positivi al virus, il Ministero della salute e il Ministero delle politiche agricole hanno vietato la caccia, il trekking, il mountain biking, la pesca e la raccolta di tartufi e funghi nelle zone infette.

I DANNI

La malattia colpisce solo maiali e cinghiali e non comporta nessun rischio per la salute dell’uomo. Tuttavia l’epidemia ha conseguenze pesanti sulla nostra economia. Nella maggior parte dei casi i maiali che contraggono il virus muoiono e la loro carne non può essere più destinata al consumo, ma va smaltita secondo le leggi di prevenzione della diffusione epidemica.

Svizzera, Kuwait, Cina, Giappone e Taiwan hanno temporaneamente bloccato le esportazioni dall’Italia e questo mette a rischio ulteriormente i guadagni del settore, stimati da Cia-Agricoltori Italiani su 1,7 miliardi di euro annui.

LA DIFFUSIONE

La Peste suina africana è presente in Italia almeno dal 1978, ma si pensava che riguardasse solo la Sardegna. Nel 2014 è esplosa un’epidemia che si è diffusa rapidamente in Europa, Cina, India, Filippine e in diverse aree del Sud-Est asiatico, raggiungendo anche l’Oceania. Da allora l’isola sarda ha subito un vero e proprio embargo sulle esportazioni e ha dovuto sacrificare migliaia di suini. L’obiettivo dell’eradicazione della malattia sembrava dunque essere vicino, ma gli eventi degli ultimi giorni rimettono tutto in discussione.

PERCHÉ NON RIUSCIAMO A LIBERARCENE?

Spesso gli esseri umani diventano veicoli inconsapevoli del virus di Psa perché introducono nel proprio Paese carne infetta prodotta all’estero. Il virus infatti resiste anche nella carne fresca e surgelata, nelle salsicce, nei prosciutti e nel lardo. Un’altra causa di diffusione può essere lo scorretto smaltimento dei rifiuti alimentari, che spesso finiscono nell’alimentazione dei cinghiali o dei maiali allevati. Al momento non esiste un vaccino, per cui le uniche strategie per bloccare la diffusione della Psa sono l’adozione di comportamenti corretti, la limitazione alle esportazioni di carne suina dai Paesi colpiti e l’abbattimento degli animali infetti in ciascun allevamento.

Di Elisa Campisi

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