
È cominciato tutto a settembre, lontano dai riflettori della fase a eliminazione diretta, quando ogni passo pesava già tantissimo. In un girone tostissimo, l’Inter si è presentata a testa alta, da squadra vera. A Manchester, contro i campioni in carica, ha imposto un 0-0 che vale più di quanto dica il punteggio: Sommer gigante, la difesa attenta, e la sensazione che questa squadra potesse davvero fare strada.
Poi San Siro ha acceso il suo primo fuoco. Contro la Stella Rossa è festa: 4-0 e un’energia che travolge. A Berna serve pazienza, ma la risolve Thuram al 92’. Contro l’Arsenal, basta un rigore e una lezione di compattezza per stendere i Gunners. Il percorso continua, senza subire nemmeno un gol, fino alla prima caduta — a Leverkusen, al 90’ — che però non incrina nulla. Lautaro, sempre lui, prende per mano la squadra: segna a Praga, poi firma una tripletta col Monaco che vale gli ottavi e la storia. Il girone si chiude con un solo gol subito in otto partite. Roba da grandi.
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Ma è nella fase a eliminazione diretta che l’Inter diventa leggenda.
Contro il Feyenoord non c’è storia. A Rotterdam, in mezzo a un De Kuip bollente, l’Inter gioca con freddezza chirurgica. Thuram apre, Lautaro raddoppia e supera Mazzola nella classifica marcatori all-time nerazzurra in Champions. Al ritorno, San Siro esplode dopo otto minuti con una perla del numero 9. Calhanoglu chiude i conti dal dischetto. È un 4-1 che lancia un messaggio all’Europa.
Ai quarti c’è il Bayern Monaco. Niente di più grande, niente di più complicato. Ma l’Inter non ha paura. A Monaco, il vantaggio lo firma Lautaro dopo aver combinato con Thuram. I tedeschi pareggiano, ma nel finale Frattesi taglia sul primo palo e fa 2-1. Una vittoria pesantissima.
Nel ritorno, sotto il diluvio di San Siro, Kane spaventa, ma Lautaro — 150esimo gol in nerazzurro — e Pavard ribaltano tutto. Il Bayern accorcia ancora, ma l’Inter resiste con l’anima e con il cuore. Una semifinale conquistata con i denti, la seconda in tre anni.
Volo diretto per la semifinale
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E poi il Barcellona. Due partite che sembrano uscite da un film.
All’andata, 30 secondi e Thuram inventa un capolavoro di tacco. Dumfries in rovesciata fa 0-2. Ma il Barça è il Barça, e torna sotto con Yamal e Torres. Dumfries segna ancora, Raphinha pareggia. Finisce 3-3.
A San Siro è delirio: Lautaro segna subito, Calhanoglu raddoppia. Ma in sei minuti tutto cambia: Garcia e Olmo fanno 2-2. All’88’, Raphinha fa 2-3. Sembra finita. Ma al 93’, in pieno finale di recupero, Acerbi trova la zampata che porta tutto ai supplementari. E lì, l’Inter ha più cuore. Frattesi segna, Sommer salva tutto, anche l’impossibile. Alla fine è 4-3. Alla fine è finale.
Ora il conto alla rovescia è iniziato. In casa nerazzurra si sogna un’impresa che manca da troppo tempo. Il 31 maggio, per molti, non sarà solo una partita. Sarà un appuntamento con la storia. I tifosi ci credono, e nessuno vuole restare a guardare. Monaco chiama, l’Inter risponde.