Una Luna a quattro ruote. Questo è l’obiettivo dichiarato – o perlomeno uno degli obiettivi – della Nasa (National Aeronautics and Space Administration). Mercoledì 3 aprile l’agenzia spaziale americana ha annunciato di aver selezionato tre aziende private con l’obiettivo di sviluppare un veicolo a motore per gli spostamenti umani sulla superficie lunare. Si tratta dei cosiddetti LTV, lunar terrain vehicles.
Macchine spaziali a guida autonoma
Lunar Outpost, Venturi Astrolab e Intuitive Machines. Queste le società che la Nasa avrebbe messo sotto contratto. Tutte e tre con enormi esperienze nel campo aerospaziale. Basti pensare che a febbraio Intuitive Machines ha fatto atterrare proprio sulla Luna una navicella robotica. Un’intesa da 4.6 miliardi di dollari per i prossimi 15 anni, cinque per lo sviluppo e dieci per le effettive operazioni lunari.
Insomma, un accordo non di secondaria importanza che prevede una vera e propria sfida tra i tre concorrenti. Il compito, infatti, è realizzare uno o più progetti preliminari per LTV di ultima generazione che possano poi essere utilizzati nelle prossime missioni dagli astronauti statunitensi. Non solo. I veicoli devono anche essere in grado di muoversi in autonomia. Una capacità fondamentale dal momento che la presenza umana sul satellite terrestre non può essere – almeno per ora – permanente.
La guida autonoma arricchirebbe poi l’arsenale di possibilità per la Nasa. Sono molte le zone della Luna che sono rimaste inesplorate per la difficoltà, o l’impossibilità, di raggiungerle fisicamente. Un ostacolo che i nuovi veicoli scavalcherebbero, come ha spiegato Jacob Bleacher, capo scienziato presso la Nasa. «Sulla superficie della Luna non ci sono strade ed è difficile muoversi. Con la sua mobilità, il LTV cambierà radicalmente la nostra visione». Ma solo una delle tre proposte sarà poi effettivamente realizzata.
Nasa in affitto
Un progetto all’avanguardia che rientra all’interno della missione Artemis III. Lo scopo, tornando boots on the ground sul suolo lunare, è continuare a esplorare per portare avanti ricerche scientifiche e per imparare a vivere su un altro pianeta. In preparazione di future – ma quanto? – spedizioni su Marte. Il primo ritorno sulla Luna è attualmente previsto per il 2026. Difficile che il Lunar terrain vehicle prescelto dalla Nasa sia già utilizzabile. Più probabile un suo dispiegamento nel 2030, quando ci si attende il lancio di Artemis V.
La Nasa ha fatto delle specifiche richieste ai tre sviluppatori. Una velocità di crociera che possa raggiungere le 9.3 miglia orarie (circa 15 chilometri all’ora), una batteria che possa rimanere accesa per almeno otto ore e che duri almeno dodici miglia tra le ricariche. Un approccio tipico del nuovo corso Nasa: non sviluppi interni, non proprietà di macchinari ma affitto di servizi da parte di enti terzi. Da SpaceX fino appunto, a Intuitive Machines. Anche in questo caso, infatti, i LTV rimarranno di proprietà delle aziende sviluppatrici. Che potranno, quando non saranno più necessari all’agenzia americana, cederli ad altri clienti. Un vero e proprio business spaziale.
Lo sfruttamento del suolo lunare
Lo spazio attira sempre di più. Non solo ricerca, ma anche studi orientati all’utilizzo per fini economici e industriali dei corpi celesti: ricchezza mineraria e possibilità di aprire un nuovo ricchissimo (ed elitario) business turistico. Il tutto regolamentato, in maniera non chiarissima a dir la verità, da un organo Onu.
La Commissione delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico (COPUOS), creata nel 1958, è responsabile di cinque trattati. Tra questi i due principali: il Trattato sullo spazio extra-atmosferico (1967, che regola l’esplorazione e l’uso dell’Universo) e il Trattato sulla Luna (1979, che regola il comportamento dei Paesi sulla superfice di corpi celesti). Gl Stati Uniti stanno cercando di portare un aggiornamento a questi trattati tramite i cosiddetti Accordi di Artemis. Un tentativo – ormai tardivo – di regolare la corsa di agenzie statali e private. Un vero e proprio Far West stellare.