Dopo tre rinvii, sabato 18 maggio, sul ring di Riyad, in Arabia Saudita, va in scena l’attesissimo match tra Tyson Fury e Oleksandr Usyk. I due pugili, imbattuti, si affrontano per il titolo mondiale. Tuttavia, in un panorama frammentato come quello del pugilato internazionale, l’importanza di questo incontro non dipende solo dall’assegnazione di un titolo, ma si lega al ritrovamento di una linearità nel campionato che da troppi anni appare sfumata.
I protagonisti
In comune hanno solo due cose: un talento enorme e una carriera da professionisti che non ha conosciuto sconfitte. Per il resto, i due pugili non potrebbero essere più diversi. Da una parte c’è Tyson Fury (34-0-1, 24 KO), gigante inglese di 206 cm di altezza. Nato in una famiglia di pugili, il colosso, di origine gitane (da cui il soprannome Gipsy King, “Re degli zingari”), vive di contraddizioni. Dopo la vittoria sul campione ucraino Wladimir Klitschko nel 2015, Fury si è ubriacato di successo, cadendo in un turbine di cocaina e depressione che ne ha anticipato il ritiro. Privato dei titoli mondiali, ha negli anni ritrovato – non senza alti e bassi – forma e credibilità. Merito di incontri spettacolari, ma anche delle sue grandi abilità da showman, che gli rendono naturale dare spettacolo in ogni circostanza.
Dall’altra parte si erge Oleksandr Usyk (21-0, 14 KO). Ucraino, 37 anni, Usyk è salito alla ribalta nei pesi massimi solo di recente. Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra nel 2012, Usyk ha trascorso la prima parte della sua carriera nella categoria dei cosiddetti cruiser (massimi leggeri), dove ha imposto un dominio assoluto. Nel 2019 il passaggio alla categoria superiore. Approfittando di un periodo di vacche magre, Usyk in soli tre incontri è riuscito a prendersi anche il trono dei massimi, battendo per due volte l’inglese Anthony Joshua. Negli ultimi due anni, accanto all’attività pugilistica, il campione ucraino continua a schierarsi pubblicamente in favore del proprio Paese, per il quale ha spesso invocato la pace.
Titoli unificati per un campione indiscusso
Chi mastica di boxe saprà già quanto sia frammentato l’universo di questo sport. Oggi si contano almeno quattro federazioni internazionali (WBA, WBC, WBO, IBF), ognuna delle quali mette in palio il proprio titolo mondiale per ciascuna categoria di peso. Dal momento che non è vietato detenere titoli di più sigle contemporaneamente, accade spesso che un pugile vanti più titoli mondiali nella sua categoria. L’ambizione, dunque, non è più quella di diventare campioni del mondo, ma di diventarlo in tutte le sigle riconosciute, realizzando un’unificazione dei titoli. Chi ci riesce è indicato come “campione indiscusso” (undisputed).
Nei pesi massimi nessuno ha più raggiunto questo traguardo dopo il 2004, anno del ritiro di Lennox Lewis, ultimo undisputed della categoria. La serata di Riyad sarà speciale anche per questo motivo: per la prima volta da vent’anni saranno in palio tutti i titoli mondiali dei pesi massimi. Oleksandr Usyk, infatti, ha in mano i titoli WBA, WBO e IBF, mentre Fury porta in dote il titolo WBC. Un’occasione ghiotta, che incoronerà il prossimo leader della categoria, almeno fino al prossimo incontro.
In palio anche il titolo lineare
Per i tifosi più nostalgici, l’incontro mette in palio un altro titolo. Prima che il pugilato, come tanti altri sport, diventasse preda di federazioni, manager e promotori, per essere incoronati campioni bisognava “semplicemente” battere il campione in carica. Si veniva a costituire così una sorta di “linea di successione” ideale, nella quale il campione di turno era legittimato dall’essersi imposto contro chi regnava prima di lui. Scorrendo la lista di questi campioni del passato è possibile scorgere tutti i più grandi nomi della storia della boxe. Ci sono i più altisonanti nomi del passato, come Jack Dempsey, Joe Louis e Rocky Marciano. C’è lo straordinario Muhammad Alì, seguito dai suoi rivali di una vita, Joe Frazier e George Foreman. In tempi più recenti compaiono anche Mike Tyson e Evander Holyfield, e più avanti il già citato Lennox Lewis.
Dopo il ritiro di Lewis, a guadagnarsi il titolo fu Wladimir Klitschko, sconfitto proprio da Tyson Fury, tuttora campione lineare. La legittimità del titolo lineare dell’inglese è però oggetto di polemiche tra i fans. È certamente vero che Fury ha battuto il campione precedente nel lontano 2015 e da allora non ha mai perso. Ma è anche vero che per un periodo ha lasciato la boxe, venendo spogliato dei titoli “fisici” da lui detenuti, ed è salito sul ring solo dieci volte in nove anni, spesso contro avversari di poco valore. L’appuntamento di sabato sera sarà dunque un’occasione per Fury per riscattarsi anche da questo punto di vista, pena il passaggio del titolo lineare in mani più meritevoli.
Un incontro che arriva al terzo tentativo
La riunificazione di Riyad arriva dopo mesi di trattative e rinvii. Nell’ottobre 2023 fu annunciata come data per l’incontro il 23 dicembre. Fury, tuttavia, a seguito del match contro Francis Ngannou (28 ottobre), chiese e ottenne un posticipo, fissato per il 17 febbraio 2024. A due settimane dall’evento, l’incontro fu ulteriormente rimandato, a causa di un taglio rimediato da Fury in allenamento. La nuova data stabilita è, appunto, il 18 maggio, sperando che questa volta si possa davvero sentire il suono della campanella. Intanto si è già tenuto il faccia a faccia, non letterale, dal momento che Fury non si è mai rivolto a Usyk, preferendo fare ammiccamenti al pubblico.
Chi sarà il nuovo re dei pesi massimi?
Quando ad affrontarsi sono due campioni imbattuti è difficile fare pronostici. Nessuno dei due ha convinto nelle ultime uscite. Tyson Fury ha dato in ottobre una delle peggiori prove di sé stesso contro l’esordiente Francis Ngannou, campione di MMA, vincendo ai punti un match troppo in equilibrio. Dal canto suo, Usyk ha seriamente rischiato di perdere ad agosto contro Daniel Dubois. L’ucraino, andato al tappeto per un colpo sospetto, è stato salvato dall’arbitro (che lo ha giudicato sotto la cintura). Rialzatosi, ha poi vinto per KO tecnico, ma il brivido di una detronizzazione ha attraversato tutti gli spettatori.
Nelle ultime ore prima del gong, bookmakers e commentatori danno Tyson Fury leggermente favorito per la vittoria. La differenza di età tra i due è trascurabile, molto meno lo sono peso e altezza. Fury è infatti 15 cm più alto e almeno 20 chili più pesante. A onor del vero Usyk, come dimostrato nei due match contro Anthony Joshua, non patisce i pugili più grossi di lui. Questa volta, però, lo scoglio potrebbe essere insormontabile, vista e considerata l’agilità di Fury – incredibile in rapporto alla sua stazza.
Sul versante tecnico, i due pugili sono forse i migliori della categoria. Usyk ha uno stile dinamico e ricco di soluzioni, è veloce sia con le mani che con i piedi ed è molto abile ad adattarsi all’avversario. Fury, dal canto suo, se ben allenato è un pugile estremamente resiliente, dal comportamento imprevedibile. È inoltre un maestro nelle finte e nella gestione della distanza. Per questo motivo, Usyk potrebbe faticare non poco nel tentativo di aprirsi uno spiraglio per attaccare. In un match del genere, è probabile sulla carta un esito ai punti, verosimilmente in favore del gigante inglese.