Addio a Nino Benvenuti, il più grande campione della boxe italiana

Il mondo dello sport saluta Nino Benvenuti, il più grande pugile italiano. Campione del mondo dei pesi welter e medi, Benvenuti è rimasto nel cuore di tanti appassionati per i suoi epici incontri con avversari del calibro di Emile Griffith e Carlos Monzon.

Un campione indiscusso

Se oggi tutti parlano di tennis è merito di Sinner. Se da qualche anno si segue con passione l’atletica leggera è grazie a campioni come Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs. Se negli anni Sessanta il pugilato era sulla bocca di tutti è merito di Nino Benvenuti.

Si è spento a 87 anni il più grande pugile che l’Italia abbia mai avuto. Quello che chi ha i capelli bianchi ricorda di aver guardato con il papà o con il nonno, alzandosi a orari impensabili per accendere la tv o la radio. Quello che fece esultare un intero Paese con i suoi KO, la sua tempra d’acciaio e gli allori conquistati in Europa e nel mondo.

In ogni sport si dibatte spesso su chi sia stato il più grande della storia e il pugilato non fa differenza. A livello internazionale si può discutere dei vari Muhammad Alì, Rocky Marciano, Sugar Ray Robinson o Joe Louis. Ma nel pugilato italiano – che pure di campioni ne ha prodotti – un solo nome spicca sugli altri. Non è il gigante Primo Carnera, primo campione dei pesi massimi proveniente dal Belpaese, ma uno che con lui ha in comune la terra d’origine: il friulano, anzi istriano, Giovanni Benvenuti, per tutti Nino.

Una vita da combattente

La grinta di Benvenuti ha un’origine lontana, di molto precedente ai primi colpi sul ring. Nato a Isola d’Istria, nell’attuale Slovenia (allora Zona B del Territorio libero di Trieste), il giovane Nino vive negli anni della prima giovinezza la repressione antitaliana nell’ex Jugoslavia. Nel giro di pochi anni la famiglia si trasferirà a Trieste, come fecero in tanti in quel periodo passato alla storia come esodo giuliano-dalmata.

Durante l’adolescenza la passione del padre lo spinge a provare la boxe, nella quale ottiene risultati eccellenti già da giovanissimo. Dopo le prime vittorie a livello locale e regionale, a soli diciotto anni è campione italiano dei dilettanti, nella categoria dei pesi welter. Dall’Italia all’Europa il passo è breve e Nino si afferma quale campione continentale per due anni di fila. Nel 1960 la consacrazione: alle Olimpiadi di Roma la medaglia d’oro è sua. Primo italiano sul gradino più alto del podio a cinque cerchi, Benvenuti lascia il dilettantismo con uno score da capogiro: 108 vittorie e una sola sconfitta, peraltro contestatissima.

Nino Benvenuti alle Olimpiadi di Roma nel 1960.
I grandi successi

Passato professionista nel gennaio del ’61, Benvenuti impiega poco più di due anni per diventare campione italiano dei pesi medi. Nessuno gli tiene testa in quella categoria, ma l’affermazione in contemporanea di Sandro Mazzinghi come campione del mondo dei pesi superwelter lo stimola a scendere di peso per un derby italiano di importanza internazionale.

Un grave incidente occorso a Mazzinghi ritarda oltremisura l’incontro tra i due, che ha luogo finalmente solo nel 1965. La location dell’evento è una delle più incredibili che si possano trovare in Italia, lo Stadio di San Siro a Milano. Qui, il 18 giugno, di fronte a una folla di tifosi come non se vedono più da tempo nel pugilato, un montante destro di Benvenuti stende Mazzinghi alla sesta ripresa. Benvenuti è campione del mondo.

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Nino Benvenuti atterra Sandro Mazzinghi nel primo incontro fra i due, il 18 giugno 1965

Negli anni successivi, il campione si muove tra le categorie: dopo aver trionfato da superwelter nella rivincita con Mazzinghi è due volte campione europeo dei medi. In mezzo una sconfitta, questa volta nei superwelter, arrivata a Seul per mano del sudcoreano Ki-Soo Kim.

Gli avversari più forti: Griffith e Monzon

Nell’aprile del 1967 la strada di Benvenuti si incrocia per la prima volta con quella di Emile Griffith, straordinario pugile di colore originario delle Isole Vergini Americane. In meno di un anno i due si affrontano tre volte, alimentando una rivalità tra le più appassionanti della storia della boxe. Ogni volta c’è in palio il titolo mondiale dei pesi medi. Nel primo incontro Benvenuti lo strappa a Griffith, in un match nominato come “Fight of the Year”; nel settembre dello stesso anno l’americano lo riconquista nella rivincita; infine, nel marzo del ’68, è ancora Benvenuti a lasciare il ring vittorioso. Questa volta in modo duraturo.

Negli incontri successivi Nino Benvenuti difende con successo il titolo per ben quattro volte, fino al 7 novembre 1970, in cui all’altro angolo trova ad attenderlo Carlos Monzon. Argentino, semisconosciuto al di fuori del proprio Paese, Monzon è un pugile tanto forte sul ring, quanto turbolento fuori. Più alto e più giovane, al dodicesimo round mette al tappeto Benvenuti. Il triestino, si alza ma non è più in grado di proseguire: KO tecnico.

Nino Benvenuti va al tappeto contro Carlos Monzon

Dopo un’altra sconfitta contro un pugile argentino, il modesto Jose Roberto Chirino, Benvenuti si avvale di una clausola di rivincita immediata per affrontare nuovamente Monzon. La punizione, se possibile, è ancora più dura del primo incontro. Allo Stadio Louis II di Montecarlo la furia dell’argentino è incontenibile. Alla terza ripresa Bruno Amaduzzi, storico manager di Benvenuti, è costretto lanciare la spugna per interrompere l’incontro e tutelare il suo pugile. Sarà l’ultimo incontro di Benvenuti.

Dopo il pugilato
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Nino Benvenuti ed Emile Griffith rimasero grandi amici (foto: ANSA)

Come tanti atleti dell’epoca, dopo il ritiro, Benvenuti recita qualche piccola parte, per poi passare al ruolo di commentatore sportivo per la Rai. In questa veste, come analista lucido e competente, si fa conoscere dai più giovani. Nel frattempo coltiva le amicizie con i suoi vecchi rivali, su tutti Emile Griffith. Di quel legame nato tra i pugni soleva dire: «Non puoi non diventare amico di un pugile con cui hai diviso la bellezza di 45 round!». Parole di grande sportività, che trasmettono il valore dell’uomo oltre a quello, ben testimoniato, di campione della nobile arte.

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