25 febbraio 1964: Cassius Clay vince il titolo mondiale e diventa Muhammad Alì

Cassius clay

Il 25 febbraio 1964 l’allora Cassius Clay batte Sonny Liston e diventa per la prima volta campione del mondo dei pesi massimi. Il giorno successivo conferma il cambio di nome e l’adesione alla religione islamica.

L’antefatto del match è epica sportiva. Sonny Liston è un ex galeotto, ritenuto letteralmente spaventoso dai suoi avversari, che spesso rifiutavano di affrontarlo. Aveva iniziato a praticare il pugilato in carcere, nel penitenziario del Missouri, dove era detenuto per rapina a mano armata. Aveva vinto le cinture delle promotion WBA e WBC spazzando letteralmente via il campione uscente Floyd Patterson, entrambe le volte al primo round. Henry Cooper, campione britannico, disse che avrebbe voluto affrontare Clay solo se questo avesse battuto Liston.

Dietro Sonny Liston si muovono forze oscure: il suo manager è stato per lunghissimo tempo Frankie Carboserial killer al soldo della famiglia mafiosa dei Lucchese. Carbo aveva grossi interessi nella boxe e nel mondo delle scommesse. Per il suo trascorso criminale e per questi fatti, Liston è sempre stato considerato un simbolo del marcio nello sport

Sonny Liston
Sonny Liston prima di un match

L’avversario di Sonny è un baldanzoso giovane ventiduenne proveniente da Louisville: Cassius Clay. Il suo soprannome è tutto un programma, “Il labbro di Lousiville”. La derivazione di questo soprannome è basata sulla sua incrollabile abitudine di ricoprire di qualunque tipo di insulto i suoi avversari. Nel 1974, nel suo combattimento più famoso contro George Foreman nello Zaire (clicca qui per la storia dell’incontro), passò gran parte del match a provocare Foreman con la celeberrima frase “Mia madre me le dava più forte”. Cassius Clay aveva esordito tra i professionisti nel 1960, dopo aver vinto l’oro olimpico a Roma 1960. 

Muhammad Alì
Muhammad Alì in giovane età
Il match

Lo scontro, attesissimo, tra i due si svolse il 25 febbraio 1964 a Miami.
Liston, come previsto, provò ad aggredire con la sua mostruosa potenza fisica Clay, che però era molto più veloce e schivò tutti i colpi dell’avversario. Da quel momento in poi, il labbro di Louisville prese il controllo del match, mettendo in difficoltà Liston, che sostanzialmente uscì dal match. Le riprese dalla prima alla quarta furono dominate dalla velocità di Clay.

I problemi per lui sorsero alla fine del quarto round: si avvicinò all’angolo e comunicò all’allenatore Angelo Dundee che non ci vedeva più. Il motivo dell’improvvisa irritazione agli occhi non fu mai chiarito. Ci furono speculazioni secondo cui i preparatori di Liston usassero cospargere di polvere irritante i guantoni dell’ex campione. Tuttavia, niente venne mai confermato. Tornando all’incontro, la quinta ripresa fu la più critica per Clay, che disse in seguito di riuscire a vedere solo la sagoma di Liston. Ancora una volta la sua velocità lo salvò, e nella sesta ripresa gli occhi migliorarono, permettendogli di tornare a dominare la contesa.

Il finale è molto convulso e ne esistono due differenti versioni.

  • Liston all’inizio della settima ripresa si volle ritirare perché non aveva più energie.
  • Secondo il suo biografo ufficiale, a porre fine alla contesa furono gli allenatori del campione a gettare la spugna per lui, in quanto gravemente infortunato alla spalla sinistra. Secondo loro infatti si era strappato un tendine.

Comunque sia andata, Cassius Clay divenne campione del mondo per la prima volta e si presentò a centro ring gridando il suo slogan:

«I’m the greatest!»

Il cambio di nome e religione

Il giorno dopo, Clay dichiarò di essere entrato a far parte della Nation of Islam di Elijah Muhammad, come il suo amico Malcolm X. Fino al 5 marzo 1964 si fece chiamare Cassius X. La nel nome degli appartenenti stava a indicare il rifiuto del cognome dato dagli schiavisti.

Il 6 marzo 1964 il capo del gruppo Elijah Muhammad comunicò il nuovo nome di Cassius Clay: Muhammad Alì. Nel 2002 Alì, seppur ormai molto debilitato dal morbo di Parkinson, che iniziò a manifestare all’inizio degli anni 80, raccontò al giornale Reader’s Digest il significato del suo nome e la sua idea della contrapposizione bianco/nero: 

«Muhammad significa degno di lode, e Ali significa altissimo. Clay significa creta, polvere. Quando ho riflettuto su questo, ho capito tutto. Ci insegnano ad amare il bianco e odiare il nero. Il colore nero significa essere tagliato fuori, ostracizzato. Il nero era male. Pensiamo a Blackmail. Hanno fatto l’angel cake bianco e il devil’s food cake color cioccolato. Il brutto anatroccolo è nero. E poi c’è la magia nera… Quel che voglio dire è che nero è bello. Nel commercio il nero è meglio del rosso. Pensate al succo di mora: più nera è la mora, più dolce il succo. La terra grassa, fertile, è nera. Il nero non è male. I più grandi giocatori di baseball sono neri. I più grandi giocatori di football americano sono neri. I più grandi pugili sono neri».

Alì
Muhammad Alì nel 1996 fu l’ultimo tedoforo delle Olimpiadi di Atlanta

Il suo impegno per le questioni sociali e la sua opposizione all’arruolamento nell’esercito per la Guerra del Vietnam gli costarono negli anni successivi la condanna a 5 anni di carcere e il ritiro della licenza. Tornerà a combattere, riconquistando il titolo nel 1971, contro l’eterno rivale Joe Frazier.

Umberto Maria Porreca

Sono volato dalla più profonda costa Abruzzese a Milano col sogno del giornalismo sportivo nel cassetto e poche certezze nelle tasche e nella testa. Mio padre mi voleva ingegnere, ma la matematica non sarà mai il mio mestiere. Amante della musica italiana e del buon cibo da ovunque esso provenga, ho scritto per due anni per il settimanale di calcio giovanile lombardo/piemontese Sprint&Sport e ho collaborato con The Shot, testata di basket. Lo sport (parlato, non praticato) è il mio pane e la mia vita è stata profondamente influenzata da Andriy Shevchenko. Inseguo il mio sogno sulle note di Fabrizio De Andrè.

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