Flavia Severin è bloccata a Londra. Ma il sogno Olimpico è solo rimandato

Flavia Severin, pugile italiano, è bloccata a Londra, dove era andata per il torneo di qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020, e attende ora di tornare in Italia.
Le prime gare a porte chiuse, le mancate misure di sicurezza del Governo inglese e poi l’inevitabile stop al torneo. E ora? La nostra delegazione – 13 persone tra atleti maschili e femminili più allenatori e fisioterapisti, è bloccata in Inghilterra: «Non sappiamo nulla», ci racconta Flavia, «solo che si stanno organizzando per riportarci a casa. Ma la vedo dura, i voli sono bloccati». La Severin è una giocatrice di rugby con la passione per la boxe. Sport quest’ultimo a cui si è avvicinata da qualche anno, con impegno e determinazione, anche se i primi amori non si scordano mai: «Il rugby rimane il mio sport. La boxe mi ha sempre incuriosito e ho voluto provare». Ci contattiamo su Whatsapp e iniziamo a parlare. La frustrazione per una situazione incerta e un ritorno a casa complicato, si aggiunge al dispiacere per la sospensione del torneo, dove Flavia stava cercando il suo riscatto. Già, perchè nel pre-olimpico di 4 anni fu la bilancia a fermarla. La prova peso non andò a buon fine e dovette rinunciare al sogno a 5 cerchi. Quel sogno che coltiva ogni atleta. Per questo Flavia non ha mollato, e dopo tanti sacrifici, medaglie internazionali e titoli nazionali, il 17 marzo era il giorno del suo incontro, della sua rivincita. Poi l’emergenza Coronavirus, le perplessità sullo svolgimento del torneo e la sospensione.

Dopo lo stop alle qualificazioni, siete tutti bloccati a Londra. Il torneo – in programma dal 14 al 20 marzo – andava posticipato ancor prima di cominciare?

«Non so come vanno affrontate a livello organizzativo queste emergenze. Noi siamo atleti, mettiamo tanto impegno e dedizione in quello che facciamo. E ci costa anche dei sacrifici, come stare lontani da casa. Ma rimane per noi un gioco, una passione. In questo momento la cosa più importante è affrontare quest’emergenza, tirarsi su le maniche e fare di tutto per uscirne».

Il Premier britannico inizialmente aveva escluso misure drastiche. Ora sembra tornato su i suoi passi. Pensi che la situazione sia stata un po’ sottovalutata?

«Fino a qualche giorno fa erano tutti tranquilli e facevano ogni cosa in maniera regolare. Poi hanno cominciato ad allarmarsi. Sono state prese delle precauzioni e la maggior parte delle persone ora indossa la mascherina. Ma ancora non hanno chiuso nulla. Sicuramente si poteva agire prima, ma col senno di poi è sempre facile da dire».

Ora siete bloccati in Inghilterra. Quando vi faranno tornare a casa?

«Ora siamo tutti in hotel. La Federazione sta organizzando la nostra ripartenza, ma c’è tanta incertezza, anche in virtù delle difficoltà legate ai voli aerei. Avevamo anche iniziato gli incontri. Io avrei dovuto combattere oggi e la squadra intanto, stava andando bene».

Quando e come verranno recuperate le gare?

«Ancora non sappiamo nulla, ma si dovrebbe ripartire da dove si era lasciato. Stessi sorteggi e stesso calendario. Ripartiremo con gli incontri che si dovevano svolgere oggi. Speriamo di riuscire a tornare al più presto in Italia, dove affronteremo questa emergenza. E poi torneremo ad allenarci più di prima. Non sarà questo ad abbatterci».

Veniamo alle Olimpiadi, quelle in programma a Tokyo quest’estate. Che impressioni avete voi atleti? Si svolgeranno regolarmente?

«Mancano ancora 3 mesi. Bisognerà valutare la situazione. Hanno parlato anche di uno slittamento ma al momento non si sa nulla. Si vedrà prossimamente. Noi intanto possiamo solo adattarci all’emergenza e continuare a lavorare. Ci tengo a fare un ringraziamento particolare al Doc Marco Ceriani. Scendere di peso non è stato semplice per me. La mia muscolatura è stata plasmata dal rugby. Lui mi ha aiutato e mi segue ormai da più di un anno».

Flavia Severin, dopo aver vinto un incontro agli Italiani dello scorso dicembre.
Nicolo Rubeis

Giornalista praticante con una forte passione per la politica, soprattutto se estera, per lo sport e per l'innovazione. Le sfide che attendono la nostra professione sono ardue ma la grande rivoluzione digitale ci impone riflessioni più ampie. Senza mai perdere di vista la qualità della scrittura e delle fonti.

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