Alessio e Francesco sono gay. Gay come Marcello e Michele, i due ragazzi presi a bottigliate a Corvetto perché omosessuali. Hanno fatto coming out nella “grande Milano”, dove tutto dovrebbe diventare più semplice. Le loro sono storie di quella quotidianità che sono riusciti a costruirsi nel capoluogo lombardo.
Alessio Salinari ha 25 anni, è nato nel milanese ed ha scoperto di essere omosessuale a 16 anni. “Sono cresciuto in una classica famiglia italiana, la casa, la scuola, l’oratorio, mi sentivo l’unico gay al mondo mentre ero in provincia. Mi sono inventato così tante scuse con i miei che ad un certo punto la paura di svelare la mia omosessualità è diventata minore dell’ansia di dovermi fingere una persona diversa da quella che ero.” Alessio si è dichiarato a 21 anni: “ho iniziato a vivere Milano, mi sono avvicinato all’ArciGay e ho deciso che era arrivato il momento di dire a mia mamma la verità”. Una verità difficile da accettare per dei genitori “ma mio papà mi ha stupito: ‘Non devo essere io a capire il fatto che tu sia gay, ma devi essere tu ad aiutarmi a conoscere il nuovo Alessio’, mi ha risposto così quando gli ho detto di essere gay, sono rimasto spiazzato, ma lì ho capito di aver preso la decisione giusta”.
Alessio vive la sua omosessualità liberamente: “non ho mai nascosto il mio orientamento sessuale, nemmeno nei colloqui di lavoro, e fortunatamente non sono mai stato discriminato, ma anzi sono stato valutato per quanto valgo come persona.” Alessio è amico di Marcello e Michele e con voce ferma nella nostra intervista telefonica condanna l’accaduto, un aggressione vile, che però non deve creare finti allarmismi. “Le difficoltà di un omosessuale nel dichiararsi esistono anche a Milano, sono tanti gli scogli che un gay devi superare, la paura del giudizio degli altri, il tentativo di andare oltre agli stereotipi. Ognuno deve essere libero di manifestare il suo modo di vivere, di accettare e mostrare la propria sessualità, potendo così sentirsi finalmente felice”.
Dell’aggressione a Corvetto parla anche Francesco Pintus, attuale coordinatore del MilanoPride2017. “Quando avviene un fatto come questo la rabbia prende il sopravvento. Poi capisci che all’odio deve essere contrapposta la ragione. Con il gruppo scuola dell’ArciGay andiamo negli istituti e nei licei milanesi a parlare di omosessualità e bullismo, cerchiamo di far capire agli adolescenti che la tolleranza e l’accettazione dell’altro stanno alla base di una società civile.” Francesco racconta la sua “missione” nelle scuole lombarde: “il terrore di chi vuole strumentalizzare il nostro lavoro a contatto con i giovanissimi è quello della diffusione della fantomatica ideologia Gender, non si capisce che siamo chiamati, spesso dagli stessi studenti o dai dirigenti scolastici, quando ci sono delle criticità. Raccontare nelle scuole la nostra esperienza, permette ai giovanissimi di non aver paura di essere se stessi, qualunque sia il loro orientamento sessuale.”
Educare alla tolleranza è anche uno dei punti fermi di Paolo Hutter, ex consigliere comunale milanese, primo dichiaratamente omosessuale, che nel 1992 celebrò provocatoriamente in Piazza della Scala le prime unioni gay. Allora erano 10 le coppie che sigillavano simbolicamente il loro amore. Di strada ne è stata fatta e soltanto oggi, con la legge Cirinnà, si può veder realizzato il sogno di Gianni DelleFoglie e Ivan Dragoni, coppia omosex milanese che per prima a rivendicò il diritto delle unioni civili per gli omosessuali.
“Non credo che Milano sia stata mai particolarmente avanguardista anzi per molti anni le amministrazioni di centro-destra hanno evitato di toccare la causa omosessuale – racconta Hutter – ma l’articolazione metropolitana e cosmopolita della città ha permesso di indebolire certi stereotipi. Fin dagli anni ’80 l’omosessualità a Milano non è stata un tabù e l’alto livello di tolleranza che abbiamo raggiunto in città porta a non accettare più nessuna forma di aggressione. Esistono ancora molti problemi per il mondo omosessuale, il tema delle seconde generazioni, l’ottenimento di ulteriori diritti, la difficoltà ad aprirsi in famiglia, ma guardando all’effettiva situazione storica milanese è l’omofobia ad essere diventata tabù.”