Un flop annunciato. Alla chiusura delle urne, il dato sull’affluenza per i cinque referendum sulla giustizia si è fermato al 20,9%. Una percentuale ben lontana dal quorum necessario per la validità dei cinque quesiti, pari alla metà più uno degli aventi diritto al voto. Più che una vittoria del “no”, dunque, un fallimento di chi negli ultimi mesi si era speso per il “sì”. In primis, Lega e Radicali, i due partiti promotori della raccolta firme per il referendum.
Per il primo pomeriggio sono attesi anche i risultati delle elezioni amministrative, che a questo giro hanno coinvolto 978 comuni, di cui 26 capoluoghi di provincia.
I RISULTATI DELLE VOTAZIONI
Primi dati ufficiali dal Viminale:
1° quesito (scheda rossa): abolizione della legge Severino
Sì 57,19%
No 42,81%
2° quesito (scheda arancione): limitazione delle misure cautelari
Sì 57,80%
No 42,20%
3° quesito (scheda gialla): separazione delle funzioni
Sì 77,23%
No 22,77%
4° quesito (scheda grigia): valutazione professionale dei magistrati
Sì 75,85%
No 24,15%
5° quesito (scheda verde): elezione dei componenti togati del Csm
Sì 76,26%
No 23,74%
Primo quesito, scheda rossa, incandidabilità per i politici condannati
Con il primo quesito del referendum si intende cancellare la legge Severino, ovvero la legge che prevede, tra le altre cose, che chi è stato condannato in via definitiva con pena superiore a due anni non possa candidarsi alle elezioni politiche. Se il candidato è già senatore o deputato decade automaticamente dal ruolo di parlamentare. La legge Severino coinvolge anche gli amministratori locali come consiglieri, senatori, sindaci che vengono automaticamente sospesi dopo una sentenza di condanna di primo grado (quindi non in via definitiva, nel nostro ordinamento sono infatti garantiti tre gradi di giudizio).
Chi vota “si” vuole che questa decadenza scompaia: l’incadidabilità, l’incompatibilità e la sospensione dei politici condannati non saranno più automatiche ma verranno decise da un giudice caso per caso.
Chi vota “no” vuole mantenere la situazione attuale.
Secondo quesito, scheda arancione, limitazione delle misure cautelari
Le misure cautelari sono provvedimenti decisi da un giudice che limitano le libertà di una persona sotto indagine. La domanda che viene posta ai cittadini è se intendono cancellare la reiterazione del reato (il compiere di nuovo lo stesso reato) dall’insieme delle motivazioni per cui i giudici possono decidere la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari per una persona prima del processo.
Oggi una persona può finire in carcere o ai domiciliari prima della sentenza solo in caso di pericolo di fuga, inquinamento delle prove e ripetizione del reato.
Chi vota “si” vuole eliminare la ripetizione del reato dalle motivazioni per disporre misure cautelari. Chi sostiene il sì appoggia la tesi secondo cui ci sia un abuso di custodie cautelari che confligge con il principio della presunzione di innocenza.
Chi vota “no” vuole mantenere la norma così come è, sostenendo che se cambia la legge sarebbe più difficile applicare misure cautelari a persone indagate per gravi reati come stalking, estorsioni, corruzione.
Terzo quesito, scheda gialla, separazione delle carriere dei magistrati
La domanda posta ai cittadini è se si vuole abrogare la norma che consente al magistrato di passare nel corso della propria carriera dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero e viceversa. Siamo nel cuore del sistema giudiziario, la funzione dei magistrati si divide in due: pubblici ministeri (accusa) e giudici (coloro chiamati a decidere). Esistono già delle limitazioni: cambio di regione dove si esercita e un massimo di quattro passaggi nel corso della carriera. La riforma Cartabia, approvata dalla camera e ora al vaglio del Senato, ha ridotto questo passaggio a uno ma con il referendum si intende arrivare a zero.
Chi vota “si” punta all’imparzialità dei giudici, i magistrati dovranno decidere all’inizio della loro carriera se svolgere il ruolo di giudici oppure di pubblici ministeri per poi mantenerlo per tutta la vita.
Chi vota “no” consente questi passaggi.
Quarto quesito, scheda grigia, valutazione dei magistrati
Il quesito chiede se si vuole che l’operato del magistrato possa essere giudicato anche dai membri laici dei consigli giudiziari, cioè professori universitari e avvocati. In Italia, ogni quattro anni i magistrati vengono valutati solo da altri magistrati (nonostante i Consigli giudiziari, istituiti presso ogni Corte d’appello d’Italia, siano composti anche da avvocati e professori universitari di diritto).
Chi vota “si” sostiene che avvocati e professori universitari abbiano il diritto di votare sull’operato dei magistrati, orientando la valutazione come meno autoreferenziale e più oggettiva.
Chi vota “no” intende escluderli in quanto nei processi i pubblici ministeri sono la controparte degli avvocati, le valutazioni potrebbero essere quindi ostili.
Quinto quesito, scheda verde, elezione del consiglio superiore della magistratura
Oggi un magistrato che vuole candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), cioè l’organo di autogoverno della magistratura, deve raccogliere 25 firme di altri magistrati a proprio sostegno. Il CSM ha lo scopo di mantenerla indipendente rispetto agli altri poteri dello Stato e gestisce assunzioni, trasferimenti, promozioni e i provvedimenti disciplinari degli altri magistrati.
I promotori del referendum vogliono eliminare la soglia delle 25 firme, spesso fornite con il supporto delle varie correnti politiche interne alla magistratura, così da favorire la candidatura di chiunque senza necessità di appoggi.
Chi vota “si” vuole eliminare l’obbligo per il magistrato di procurarsi le firme per candidarsi, basterebbe solo la candidatura.
Chi vota “no” vuole mantenere lo status quo.
Divisione dei partiti politici
I primi sostenitori del sì sono Lega e Radicali, promotori del referendum. Il centrodestra, però, non è compatto. Forza Italia è a favore dei cinque quesiti, insieme a Coraggio Italia e Italia Viva. Fratelli d’Italia, invece, ha fatto un distinguo: sostiene i tre quesiti sull’ordinamento giudiziario, voterà no invece all’abrogazione della legge Severino e alla modifica della custodia cautelare. Il Partito Democratico ha scelto la libertà di voto, ma il suo segretario Enrico Letta ha fatto sapere che voterà no perché “riforme così complesse vanno fatte in Parlamento”. Schierato fermamente per il no è il Movimento 5 Stelle (M5S) perché teme l’abolizione della legge Severino.
Oltre alla politica, anche la magistratura e l’avvocatura si sono interrogate su un referendum che riguarda direttamente le loro carriere. Il Presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia, ha bocciato tutti i quesiti perché “non aiutano le riforme, pur necessarie, della magistratura”.