Referendum 2025: affluenza al 30,6%, quorum non raggiunto

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Il referendum dell’8 e 9 giugno 2025 con quesiti su lavoro e cittadinanza non ha raggiunto il quorum del 50% più uno degli aventi diritto. L’affluenza si è fermata al 30,58%, stimati in circa 14 milioni di cittadini. Chiusi i seggi alle 15, nel giro di poco tempo sono arrivati i commenti della scena politica, divisi tra chi festeggia il fallimento della chiamata alle urne e chi rivendica il senso civico di quella parte di elettorato che ha voluto dire la sua.

Le reazioni della politica

Promossi dalla CGIL (i quattro temi sul lavoro) e da alcuni partiti di sinistra (quello sulla cittadinanza), tra cui +Europa, Partito socialista e Radicali, i quesiti referendari avevano suscitato opposte reazioni nella politica italiana. Se la sinistra incitava a votare, la destra aveva invece consigliato ai suoi elettori di non presentarsi nemmeno ai seggi. Non mancavano posizioni più sfumate: la premier Giorgia Meloni, per esempio, aveva dichiarato che sarebbe andata ai seggi, ma non avrebbe ritirato le schede.

Quello che la destra interpretava come uno sgambetto alla maggioranza si è rivelato un nulla di fatto. «L’unico vero obiettivo di questo referendum era far cadere il Governo Meloni. Alla fine, però, sono stati gli italiani a far cadere voi», ha commentato sui social Fratelli d’Italia

 

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La sinistra dal canto suo non ha voluto sminuire il dato sugli elettori che hanno voluto esprimere la loro preferenza. «Per questi referendum hanno votato più elettori di quelli che hanno votato la destra mandando Meloni al governo nel 2022», ha commentato la segretaria del Pd Elly Schlein. Un dato rimarcato da uno dei promotori del referendum, Riccardo Magi di +Europa, mentre Giuseppe Conte (M5S) ha chiesto «rispetto» per i 15 milioni di cittadini andati a votare. 

Uno strumento in crisi

Da centrodestra e centrosinistra non sono mancate osservazioni sul fallimento del referendum in sé come strumento politico. È infatti dal 2011 che una consultazione referendaria che necessita il quorum non lo raggiunge. Secondo alcuni lo scoglio è nella soglia necessaria perché il referendum sia valido: questa posizione ha trovato sbocco in una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per abolire il quorum. Pubblicata in questi giorni sulla piattaforma di raccolta firme del ministero della Giustizia, è stata depositata alla Corte di Cassazione lo scorso 5 giugno dal comitato «Basta quorum!», formato da cittadini. 

Non tutti sono d’accordo comunque. Obietta Carlo Calenda (Azione): «Bisogna rivedere lo strumento dei referendum, ma non è una questione di abbassare il quorum, la questione è che con le firme digitali il rischio è che noi andiamo a votare decine di referendum l’anno che non raggiungono il quorum. E questo modo di fare politica svaluta il Parlamento, perché noi queste robe le dovremmo affrontare dentro».

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Un siparietto ha avuto come protagonista Carlo Calenda. Recatosi alle urne per votare, il leader di Azione ha scoperto solo al seggio che la sua tessera elettorale non aveva più caselle da timbrare. Ha dunque dovuto richiederne un’altra prima di ripresentarsi alle urne. (ANSA/ANGELO CARCONI)
Elezioni amministrative

In alcuni comuni italiani la chiamata alle urne ha unito referendum ed elezioni amministrative. A Taranto il candidato di centrosinistra Bitetti ha vinto al ballottaggio, mentre a Matera il secondo turno ha premiato il candidato di centrodestra Nicoletti. In Lombardia il centrosinistra ha vinto sia a Saronno che a Cernusco sul Naviglio. Infine, in Sardegna, il pentastellato Fenu ha trionfato al primo turno come nuovo sindaco di Nuoro.

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