Quirinale, buona l’ottava: Mattarella presidente bis

L’applauso in aula dura qualche minuto quando Sergio Mattarella, che da poco aveva traslocato dal Quirinale, raggiunge il minimo di voti necessari alla rielezione. Il presidente uscente riceve 759 preferenze, superando le 738 di Giorgio Napolitano, alla sua rielezione del 2013. Alcuni voti in dissonanza per il candidato di FdI Carlo Nordio (90), mentre al candidato del Gruppo Misto, Nino Di Matteo, vanno 37 voti.

IL PRESIDENTE

Il giurista siciliano è di nuovo la prima scelta dei grandi elettori. Come fu alla prima elezione, anche questa volta il profilo di Mattarella, con la sua lunga carriera trasversale nei partiti, dalla Democrazia cristiana al Partito democratico, è stato ritenuto ineguagliabile per la sua capacità di mettere d’accordo, dare lustro all’Italia e rappresentare l’unità nazionale. Nel 2015 fu eletto con 665 preferenze al quarto scrutinio. Si avvicina, ma non supera il record di voti ottenuti da un presidente: 832 per Sandro Pertini, eletto nel 1978 al sedicesimo scrutinio. È la prima volta che un presidente viene eletto all’ottavo scrutinio e la seconda che si sceglie di eleggere il presidente uscente. La prima volta è stata quella di Napolitano, che fu eletto per un secondo mandato al sesto scrutinio.

LE REAZIONI DELLA STAMPA ESTERA

Ancora prima dell’arrivo dei risultati ufficiali, ma quando ormai era evidente che Mattarella sarebbe stato eletto per una seconda volta al Quirinale, la stampa estera ha espresso i primi commenti.

Il New York Times ha sostenuto che questa elezione è utile a mantenere lo status quo. La stampa spagnola è più tranchant. La chiave di lettura che accomuna diversi giornali è che l’Italia ha vinto, ma la politica ha perso. Infatti, Mattarella «sembra l’unico che può garantire unità in un momento difficile» (La Vanguardia). Tuttavia, per molti lui è anche una soluzione che serve a sostenere «ancora una volta un sistema antiquato e atrofizzato, incapace di risolvere i propri problemi» (El Mundo).

IL POMERIGGIO IN VISTA DELL’OTTAVA VOTAZIONE
L’aula di Montecitorio nel 2015, quando fu rieletto Napolitano

Nel primo pomeriggio, tutti i leader hanno consultato i loro grandi elettori. Conte, prima della riunione, ha annunciato che il Movimento avrebbe votato Sergio Mattarella, definito «garante autorevole e di alto profilo». L’assemblea dei grandi elettori del Pd, invece, si è aperta con un lungo applauso per Mattarella, che molti hanno visto come uno plauso rivolto anche a loro stessi, per la gestione della votazione fatta fino a quel momento. Il segretario Enrico Letta ha voluto però sottolineare che non ci sono vittoriosi e che gli ultimi giorni hanno palesato una profonda crisi politica e istituzionale con la quale si dovrà fare i conti.

Per quanto riguarda gli esponenti del centro, una nota di +Europa e Azione dice: «Noi abbiamo con coerenza, fino allo scrutinio di questa mattina, sostenuto Marta Cartabia, una personalità che sarebbe stata, ne siamo certi, un ottimo Presidente della Repubblica». Tuttavia i due schieramenti hanno dichiarato che all’ottavo scrutinio avrebbero votato per Sergio Mattarella, al quale hanno voluto rivolgere il loro «più sincero ringraziamento», ma anche le loro «scuse».

Dalle 15:30 circa, i capigruppo dei diversi partiti e, successivamente, le delegazioni regionali sono saliti al Quirinale per chiedere a Mattarella la disponibilità ad un bis. Decisive in questo senso sono state due mosse. Innanzitutto, la convocazione per la mattina del 29 gennaio di una riunione di tutti i partiti di maggioranza, decisa nella notte precedente da Pd e Fi; in secondo luogo, la mediazione di Draghi, che ha prima visto l’attuale presidente della Repubblica e poi ha chiamato i leader dei partiti sostenendo i vantaggi della sua rielezione. Al termine degli incontri, Mattarella ha dato la sua disponibilità ad un secondo mandato: «Avevo altri piani, ma se serve ci sono». Pare che abbia anche detto che non risiederà più al Quirinale, ma lo userà solo come ufficio, seguendo l’esempio di Cossiga e Scalfaro.

UNA NUOVA FASE PER LA POLITICA

Ancor prima che il risultato della votazione fosse proclamato è iniziata una fase di riflessione all’interno dei partiti. Giorgia Meloni, in uscita dalla riunione dei grandi elettori del suo partito, ha annunciato che i grandi elettori di FdI non avrebbero votato per un bis di Mattarella al Quirinale. Considerava infatti quest’eventualità un’anomalia costituzionale ed un venire meno alla responsabilità del suo partito di rappresentare gli italiani che votano centrodestra. Per fare questo, al contrario, FdI ha votato di nuovo Carlo Nordio, scelta coerente e di continuità con l’indirizzo del partito sin dall’inizio delle votazioni. Esprimendo poi una profonda delusione per l’atteggiamento degli altri partiti della coalizione, Meloni ha indicato la necessità, per il futuro, di «ricominciare da capo e rifondare il centrodestra». Infine, ha annunciato l’inizio di una raccolta firme online per proporre una legge di iniziativa popolare per eleggere direttamente il presidente della Repubblica.

Enrico Letta, segretario del Partito democratico

A stretto giro, è arrivata la conferenza stampa di Enrico Letta, che ha innanzitutto ringraziato Mattarella per la «scelta di generosità nei confronti del Paese», per poi procedere con un’analisi della politica italiana. Le votazioni per il Quirinale, secondo il segretario del Pd, hanno mostrato tutti i problemi che la affliggono: immobilismo, personalismi, incapacità di occuparsi di questioni reali e concrete e trasformismo.

Riguardo a questo e proprio per limitarlo, nel rispetto della Costituzione, il segretario dem ha annunciato una prossima riforma  dei regolamenti parlamentari. Ha inoltre spiegato la tattica seguita durante queste votazioni, ringraziando tutti i suoi grandi elettori per il lavoro di squadra che ha permesso, nei momenti cruciali, la creazione di un “campo largo” e politicamente trasversale a sostegno di Mattarella. Il Pd, infatti, aveva la possibilità di esprimere un nome di sinistra, ma solo una persona super partes avrebbe potuto ottenere la maggioranza dei voti. Infine, Letta ha dichiarato che ora comincerà un’azione politica nuova e rinnovata: l’elezione del Presidente della Repubblica ha cambiato infatti il ruolo del Pd in Parlamento ed ha modificato anche la geografia del centrodestra. In ogni caso, non solo rimane la volontà di lavorare con questa coalizione di governo, ma anche di rafforzarla.

A uscire azzoppata da questa elezione è sicuramente la Lega. Giancarlo Giorgetti, Ministro dello Sviluppo economico e vice segretario generale della Lega prima del risultato, aveva addirittura annunciato le sue dimissioni nel caso di un Mattarella bis al Quirinale. Ha motivato la sua decisione con la mancata valorizzazione, da parte del suo partito, del lavoro che egli ha svolto all’interno dell’esecutivo; ed anche con gli attacchi che gli sono arrivati da parte degli alleati di governo. Più tardi ha smentito le sue dichiarazioni, ma rimane comunque aperta la crisi di leadership nel partito. 

DURANTE LA SETTIMA VOTAZIONE

Allo spoglio del settimo scrutinio, Sergio Mattarella ha superato i 336 voti ottenuti nella tornata precedente, arrivando a 387. Ancora lontani dal quorum necessario di 505 preferenze. A questo punto, appariva già scontato che la maggioranza si sarebbe raggiunta all’ottavo scrutinio, data la mole di astenuti (380). Mentre venivano letti i nomi, il presidente della Repubblica faceva ritorno al Quirinale, dove alle 15:00 ha incontrato i capigruppo della maggioranza. Gli altri nomi votati sono stati il candidato di bandiera di Fdi, Carlo Nordio (64 voti) e quello del Gruppo Misto, Nino Di Matteo (40 voti). Fermo a 10 preferenze Pier Ferdinando Casini.

La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, è giunta nell’Aula di Montecitorio a spoglio iniziato. Quando ha preso posto accanto a Roberto Fico, erano state scrutinate già una quindicina di schede.

Durante la votazione, Piazza del Quirinale è stata presa d’assalto da decine di cittadini, i quali hanno chiesto a gran voce una riconferma di Mattarella. In attesa di un accordo, in mattinata i partiti si sono mossi in ordine sparso per il settimo scrutinio. Forza Italia e Movimento 5 Stelle hanno dato indicazione ai propri gruppi parlamentari di astenersi. Fratelli d’Italia, invece, ha deciso di sostenere Carlo Nordio, uno dei nomi presentati giorni fa dal centrodestra. Sul fronte Lega, Salvini ha aperto per la prima volta a una ricandidatura di Mattarella, purché sia condivisa e non percepita come una posizione di “ripiego”.

Appena si è presentata l’eventualità che il presidente uscente rimanesse in campo, diversi parlamentari hanno deciso di ritirare la candidatura di Casini, il quale ha dichiarato: «Il mio nome può essere sul tavolo solo se rappresenta un momento di unità e di convergenza. L’Italia viene prima delle nostre ambizioni personali». Un chiaro passo di lato a favore di un Mattarella-bis. Contrario invece il partito di opposizione guidato da Giorgia Meloni. La leader di Fdi ha affidato a un post il suo sgomento nei confronti degli alleati di coalizione: «Salvini propone di andare tutti a pregare Mattarella di fare un altro mandato da Presidente della Repubblica. Non voglio crederci».

Sempre in mattinata, stando a voci autorevoli, Mario Draghi avrebbe sentito i vari leader politici. Dal premier sarebbe arrivata l’esortazione a riconfermare Mattarella al Quirinale “per il bene e la stabilità del Paese”. Forti anche di questo appello, dopo mezzogiorno i leader di maggioranza hanno chiuso l’intesa sul nome di Mattarella. Restava solo il dubbio su cosa avrebbe fatto il capo di Stato, che in passato si era detto contrario a una sua ricandidatura.

PRIMA DELLE DUE VOTAZIONI DEL 29 GENNAIO

Alla vigilia del sesto giorno di votazioni, la situazione appariva ancora incerta, ma già in mattinata si è capito che si sarebbe arrivati a un Mattarella bis. Nel centrodestra si è esaurita la leadership di Matteo Salvini, specie dopo la batosta presa con il nome di Casellati.

Gli strascichi maggiori sono in Fi, dove si va alla ricerca dei franchi tiratori che hanno votato contro l’indicazione di partito. Proprio il partito di Berlusconi ha deciso di muoversi in maniera autonoma dagli alleati. Stanchi delle mosse di Salvini, all’inizio sembrava che si sarebbero orientati ufficialmente sul nome di Pier Ferdinando Casini. Pare che Casellati non abbia preso benissimo la gestione della sua candidatura. Alcune fonti di palazzo riferiscono che dopo il fallimento in aula è stata irreperibile.

Nella serata, l’incontro tra Salvini e Conte ha finito per spaccare ancora di più le parti. Entrambi si sono detti al lavoro per una presidente donna. Non hanno fatto nomi, ma l’identikit più probabile era quello di Elisabetta Belloni. Una candidatura che ha trovato parecchie resistenze e si è esaurita ancor prima di arrivare in aula. Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha dichiarato che non è possibile votare un capo dei Servizi segreti alla presidenza della Repubblica. Dubbi erano emersi anche da parte di Fi e Pd.

Tra i dem c’era ottimismo già dalla sera che ha preceduto l’ultimo giorno di votazione. Il ministro del lavoro, Andrea Orlando, ha riferito ai cronisti: «Credo si siano fatti passi avanti, ci sono dei nomi autorevoli, ci sono nomi di donne sul tavolo e c’è un segnale molto forte del Parlamento nella direzione della riconferma di Mattarella. Tutti fatti che credo possano andare a far sì che si vada ad un risultato nelle prossime ore».

 

 

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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