La riforma della giustizia italiana è al centro del dibattito politico. Sono previsti diversi cambiamenti tra cui, il più contestato, è proprio quello della separazione delle carriere per i magistrati. In realtà è una riforma di cui si parla da anni, la novità è che il testo di legge sarebbe dovuto arrivare in Consiglio dei Ministri dopo Pasqua. Sabato 4 maggio si è tenuto un vertice a Palazzo Chigi a cui hanno partecipato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e altri esponenti della maggioranza governativa. Il risultato? Si deve accelerare sulla riforma, per questo la legge dovrebbe arrivare in Parlamento entro le elezioni europee.
La separazione
Il tema principale di dibattito coinvolge la separazione delle carriere per i magistrati. Se ne è parlato tantissimo negli ultimi giorni. Ma cosa significa veramente? Quali sono le differenze? I magistrati sono considerati tutti sullo stesso piano e sono tutti rappresentati dal Consiglio Superiore della Magistratura. Significa che il concorso per diventare un magistrato che compie le indagini – ovvero il pubblico ministero – o quello per diventare giudice sono identici. Quindi, non esiste una separazione tra la carriera di magistrato inquirente, coloro che conducono le indagini e gli accertamenti, e quella di magistrato giudicante, chi emette le sentenze.
Il Ministro della Giustizia Nordio ha presentato un disegno di legge contenente diverse proposte. Fra queste, c’è la separazione di cui si sta tanto parlando. Questo punto richiederà una modifica della costituzione e ha l’obiettivo di rendere la magistratura indipendente. Si tratta di due concorsi separati per i magistrati inquirenti e per i magistrati giudicanti. Inoltre, a disciplinare la condotta dei magistrati non sarebbe più il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), ma verrebbe creata un’Alta Corte apposita. In sintesi, dopo l’università chi vuole diventare magistrato deve già scegliere che carriera intraprendere, per poi non cambiarla più.
Alcuni limiti erano già stati imposti nel 2022 dalla riforma Cartabia. L’ex Ministro della Giustizia Marta Cartabia aveva istituito che il passaggio si potesse effettuare solo una volta nella vita, nei primi dieci anni di carriera.
Le polemiche
La proposta del governo Meloni ha creato non poche polemiche. Felicissimi sono stati gli esponenti di Fratelli d’Italia, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito il risultato “Molto soddisfacente”. Non sono dello stesso avviso i partiti all’opposizione e, soprattutto, il Consiglio Superiore della Magistratura. Sono intervenuti in questo senso gli esponenti principali dell’organo, sostenendo che in questo modo la magistratura sarà maggiormente pressata dalle forze politiche e governative.