Israele, servono soldati: scontro sulla leva militare per gli ultra-ortodossi

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«All’esercito servono uomini. Non è questione di politica, ma di matematica». Il ministro del Gabinetto di guerra israeliano Yoav Gallant ha ribadito la volontà di ridiscutere l’esenzione dalla leva militare degli Haredim, gli ebrei ultra-ortodossi, riaprendo una delle fratture più profonde dello Stato Ebraico e un possibile scontro con i partiti religiosi della coalizione di Benjamin Netanyahu.

Le dichiarazioni arrivano in seguito alle preoccupazioni dei vertici delle Israel Defense Forces (IDF) per la carenza di soldati. Non solo per i combattimenti in corso a Gaza, ma anche in vista di uno scontro di terra sul fronte nord con il gruppo terroristico libanese Hezbollah.

Questione di religione

La questione dell’esenzione dalla leva militare degli Haredim è uno dei temi di politica interna più dibattuti fin dalla nascita dello Stato Ebraico. Durante la Guerra d’Indipendenza del 1948, il Primo Ministro israeliano David Ben-Gurion stipulò un patto con la comunità ultraortodossa per esentare coloro che studiavano la Torah (il principale testo sacro ebraico) dal servizio militare obbligatorio.

Il patto prese il nome di “Torato Omanuto”, ovvero “La loro occupazione è la Torah”, e aveva l’obiettivo di preservare e promuovere lo studio religioso dopo l’Olocausto. Per gli Haredim, infatti, studiare i testi sacri è un contributo ancora più importante di combattere per il proprio paese. Anzi, l’impossibilità di farlo è vista come una persecuzione religiosa nei loro confronti.

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David Ben Gurion, primo Premier di Israele e padre fondatore dello Stato Ebraico.

L’accordo, ancora in vigore, permette dunque agli Haredim di evitare la leva militare studiando in istituti religiosi, Yeshiva, dai 18 anni fino ai 30, limite di età per il servizio nelle IDF.  Se però, agli albori di Israele, erano una piccola minoranza, oggi gli Haredim rappresentano il 13% della popolazione e hanno tassi di fertilità doppi rispetto agli altri concittadini, che li proiettano verso  il 29% entro il 2040.

Questo status quo, unito a sussidi statali sproporzionati e alla totale mancanza di partecipazione all’economia del paese,  ha creato un forte risentimento degli ebrei laici nei confronti degli ortodossi. Molto spesso sfociato in crisi di governo e scontri violenti.

Infatti, in Israele, la leva militare è obbligatoria per tutti i cittadini che hanno raggiunto i 18 anni d’età. Per gli uomini, il periodo minimo è di tre anni mentre per le donne di due. Stesso discorso per le comunità Druse e Circasse, due gruppi etnici minoritari israeliani, che servono regolarmente nell’IDF insieme ai loro connazionali ebrei. Dall’obbligatorietà  sono però esclusi gli arabo-israeliani, che però possono partecipare volontariamente al servizio militare.

Alcuni Haredim durante uno scontro con la polizia israeliana.
Il rischio per la coalizione

Facile capire, dunque, il risentimento della popolazione rispetto agli ultra-ortodossi. Perché il 13% della popolazione che, peraltro non contribuisce alla crescita economica del Paese, deve vivere sulle spalle dei restanti cittadini?

Se da un lato, però, la componente laica e progressista si discosta dal sistema. Dall’altro, la posizione degli Haredim è difesa dai partiti religiosi ebraici, il cui supporto è cruciale per la coalizione di governo di Netanyahu. Il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, leader di Otzma Yehudit, ha accusato Gallant di voler far cadere l’esecutivo a ogni costo.

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Il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir

È infatti dal 2017, quando una sentenza della Corte Suprema israeliana giudicò discriminatoria e illegale l’esenzione dalla leva degli Haredim, che i governi hanno più volte rischiato di cadere a causa del dossier ortodossi. E ripresentare la questione in questo momento potrebbe essere fatale.

La guerra continua

Domenica si è tenuto al Cairo l’ultimo round dei colloqui per un cessate il fuoco di sei settimane e il rilascio degli ostaggi. L’incontro però è stato disertato dalla delegazione israeliana perché Hamas ha respinto la richiesta di un elenco aggiornato degli ostaggi in vita e non ha comunicato nemmeno la lista dei prigionieri palestinesi da liberare come contropartita.

Gli Stati Uniti accusano Netanyahu di non star facendo abbastanza per raggiungere un compromesso. Ecco allora che Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra e principale avversario politico del primo ministro, è volato a Washington per incontrare la vice presidente Kamala Harris, il Segretario di Stato Antony Blinken e il consigliere Jake Sullivan. La visita sembra quasi un’investitura per un possibile futuro leader. Gantz si è infatti mosso senza informare Netanyahu, suscitando l’ira del premier.

Benjamin Netanyahu (Premier israeliano) e Benny Gantz (Ministro del Gabinetto di Guerra).

Situazione tesa anche all’interno dell’esercito, dove si sono registrate due dimissioni eccellenti. Si tratta di Daniel Hagari, numero due dell’unità di portavoce dell’IDF e il tenente colonnello Richard Hecht, portavoce per i media esteri. Insieme a loro, si sono dimessi anche un gran numero di alti funzionari del sistema informativo delle Israel Defense Forces. A riportarlo, l’emittente Channel 14 che ha definito «insolita» la fuoriuscita durante una guerra in corso.

Ettore Saladini

Laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza alla LUISS di Roma con un semestre in Israele alla Reichman University (Tel Aviv). Mi interesso di politica internazionale, terrorismo, politica interna e cultura. Nel mio Gotha ci sono gli Strokes, Calcutta, Martin Eden, Tondelli, Moshe Dayan, Jung e Wes Anderson. In futuro mi vedo come giornalista televisivo.

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