Fugit inreparabile tempus. Il tempo fugge irreparabilmente, scriveva il poeta latino Virgilio nelle sue Georgiche. Ma per Pompei quel tempo sembra essersi seduto in attesa. Giovedì 11 aprile al Parco Archeologico a pochi passi da Napoli è stata presentata una nuova scoperta, l’ennesima. Un salone nero con alcuni degli affreschi parietali più raffinati mai venuti alla luce.
Sotto la cenere del Vesuvio
Poco meno di duemila anni sotto cenere e terra, da quel lontano 79 d.C. che decretò la fine della storia della romana Pompei. Almeno fino al 1748, quando iniziarono gli scavi per riportare alla luce la città. L’eruzione del Vesuvio l’aveva distrutta ma l’aveva al contempo resa eterna, conservandola alle piogge e agli altri eventi atmosferici che l’avrebbero erosa. Pietra dopo pietra.
Sono ormai 276 anni che team di archeologi riportano in superficie artefatti, case, gioielli, vasi, decorazioni. In un flusso continuo che non avrà termine finché ci sarà qualcosa da scoprire. E proprio negli ultimi giorni dall’isolato 10 della Regio IX, zona commerciale e residenziale al centro della civitas campana, è stata rinvenuta una lussuosissima sala da banchetti. Per gli studiosi si tratta di qualcosa di «spettacolare».
La sala dei banchetti
Muri neri come la pece, leggermente sbiaditi dai millenni. A intervalli regolari spuntano delle figure umane. Colorate, quasi vive. Si vede Elena, la donna per cui secondo Omero si scatenò la sanguinosa e decennale guerra di Troia. E poi Apollo, Cassandra, Paride. Insomma, il mito greco che si srotola, affresco dopo affresco, e risalta sul buio notte delle pareti.
La stanza si apre su un cortile, con una scala che porta fino al primo piano dell’abitazione. Un’area di 15 metri di larghezza e 20 di lunghezza. Il lusso è evidente, i colori lo dimostrano. Per i ricchi della città non erano solo pitture su stucco, ma spesso e volentieri diventavano il fulcro della conversazione negli eventi con tanti ospiti. «Costituiva una cornice raffinata per l’intrattenimento durante i momenti conviviali, con il chiaro obiettivo di perseguire uno stile di vita elegante», spiega lo stesso Parco nel comunicato stampa.
Le origini troiane di Roma
I dipinti sono quasi intatti, probabilmente realizzati poco prima dell’eruzione. Sul pavimento sono stati ritrovati utensili e materiali da costruzione che fanno pensare a dei lavori in corso. Il tema dominante è l’eroismo: coppie di eroi e divinità, destini che si intrecciano. Tutti riferibili a Troia, città da cui la leggenda virgiliana vuole sia scappato Enea, progenitore del popolo romano.
Il direttore degli scavi, Gabriel Zuchtriegel, ha spiegato che i muri neri e l’uso di lampade a olio appese al soffitto in passato creavano l’illusione di un movimento nelle figure affrescate. «Soprattutto dopo qualche bicchiere di buon vino campano», ha aggiunto scherzando. Il colore scuro delle pareti fu probabilmente scelto per nascondere alla vista i depositi di fumo delle lampade. Nell’intonaco fresco di una scala adiacente, gli esperti hanno identificato anche un disegno a carboncino di due coppie di gladiatori. E tre iniziali, ARV, che potrebbero indicare il proprietario della villa: Aulus Rustius Verus, ricchissimo politico.
L’unicum mondiale di Pompei
Una scoperta dal valore inestimabile. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano non ha nascosto la sua soddisfazione. «Pompei è davvero uno scrigno di tesori che non finisce mai di sorprenderci e di destare stupore», ha commentato. «Ogni volta che scaviamo, troviamo qualcosa di bello e di significativo». Un vero e proprio «unicum mondiale» che ha ancora tantissimo da dare.
Oltre un terzo della città di Pompei è ancora inesplorata. Il progetto, come quello da un anno focalizzato sulla Regio IX, è quello di andare oltre la preservazione di ciò che è già stato tratto alla luce. Le tecniche sono avanzatissime e delicate, l’impressione è che una nuova incredibile scoperta sia dietro l’angolo.