Il rivoluzionario Schiaccianoci di Nacho Duato e Roberto Bolle

Roberto Bolle e Maria Eichwald
Roberto Bolle e Maria Eichwald

 

“Per chi non conosce il balletto, questa è l’occasione perfetta per iniziare: è una favola, ti conduce attraverso il racconto”. Roberto Bolle, etoile del Teatro alla Scala, veste nuovamente i panni del principe dello Schiaccianoci. “È un nome di richiamo del repertorio classico”, continua il ballerino, eppure di classico in questa versione dell’opera di Tchaikovsky c’è ben poco. Per la seconda volta il teatro milanese porta in scena la versione di Nacho Duato, coreografo valenciano legato alla danza contemporanea.

Il ballerino spagnolo, da poco alle prese con i grandi classici, sceglie di ambientare il sogno di Clara nella Russia del 1918. Se l’atmosfera rimane quella di una fiaba natalizia, i maggiori cambiamenti si avvertono nei costumi e nell’ambientazione, entrambi realizzati da Jérộme Kaplan. I ballerini sono liberati da parrucche ingombranti e pesanti crinoline e vestiti solamente di seta si muovono leggiadri sullo sfondo di un’architettura di inizio Novecento. Questo consente al coreografo di introdurre un ritmo più vivace e figure di danza non esclusivamente classiche.

Le scena del ballo sotto l’albero di Natale è splendidamente animata dagli abiti anni Venti degli interpreti e dalla vivacità delle battaglie tra le bambine e i monelli in monopattino.

Fa parte della riedizione moderna di Duato la scelta di tagliare in parte la storia, in particolare intervenendo sulla scena del Re dei Topi. Nell’incubo di Clara i ratti non si limitano a strisciare, ma con movenze umane mettono in scena una vera e propria guerra tra i grossi animali (con vistose pellicce e denti aguzzi) e i militari comandati dallo Schiaccianoci. Alla fine della scena il Re dei Topi viene trafitto dall’eroe e non ricompare nel secondo atto: la vittoria del Bene sul Male è definitiva, e l’atmosfera fiabesca della danza dei fiocchi di neve, su cui si chiude il sipario, prosegue senza intoppi nella seconda parte della rappresentazione.

Protagonista femminile dello spettacolo è la kazaka Maria Eichwald, prima ballerina dello Stuttgarter Ballett. La coppia Bolle-Eichwald era già stata collaudata nell’Onegin di John Cranko: lui vigoroso, lei piccola e leggiadra, entrambi mostri sacri della tecnica, sul palco mostrano una sintonia che Bolle definisce “non comune”.

Se il primo atto guadagna dalle scelte del coreografo, in termini di movimento e coinvolgimento del pubblico, il secondo atto in parte ne soffre. L’apertura del sipario è affidata alla sensuale sequenza del flamenco (interpretato da Marta Romagna e Alessandro Grillo) e della danza araba della flessibile Antonina Chapkina (in parte penalizzata dagli aiutanti di scena, tutt’altro che invisibili mentre trascinano un gigantesco serpente sul palcoscenico). Deboli invece la danza cinese e quella francese.

Il gusto per il nuovo si ritrova anche nel valzer dei fiori, dove alla tecnica e alla delicatezza si sostituisce una composizione dai colori sgargianti, densa di ritmo. A tratti si teme che sull’altare dell’innovazione siano sacrificate anche le promenades e le pirouettes finali di Clara tra le braccia del principe: questo non accade, e l’energico assolo del principe Bolle cede il passo a un romantico e classico pas de deux finale.

Lo Schiaccianoci sarà rappresentato in altre sette date tra febbraio e marzo, ma Roberto Bolle e Maria Eichwald danzeranno ancora solo il 18 e 28 febbraio, per essere poi sostituiti da Virna Toppi e Marco Agostino.

Servizio di Francesca Romana Genoviva

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